Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 7501 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 7501 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 06/12/2022 della CORTE APPELLO di CATANIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
IN FATTO E IN DIRITTO
I motivi di ricorso proposti nell’interesse di NOME COGNOME COGNOME inammissibili, ai s dell’art. 606, comma 3, cod. proc. pen., per assoluta genericità e difetto di specifico confr con le motivazioni diffuse e puntuali della Corte territoriale in punto di qualificazione penal del fatto illecito e negazione della causa di non punibilità per la minima offensività del fatt
1.1. L’art. 131 bis cod. pen stabilisce espressamente che la causa di non punibilità per la particolare tenuità dell’offesa è applicabile, in astratto, a tutti i reati ” ” che si come effetto di un comportamento non abituale. La particolare tenuità dell’offesa v scrutinata, secondo i parametri normativi indicati al primo comma dell’art. 133 cod. pen. attraverso l’esame delle “modalità della condotta e l’esiguità del danno o del pericol Dall’analisi della predetta disposizione risulta che, al fine di divisare la particolare dell’offesa, è ineludibile attingere al “serbatoio” di criteri indicati al solo primo comma d 133 del codice sostanziale, che già indirizza il giudice nella misura sanzionatoria del ca concreto. Non è tuttavia necessaria la disamina di tutti gli elementi di valutazione ivi elen essendo sufficiente l’indicazione di quelli ritenuti rilevanti (sez. 6, n. 55107, del 8/11/201 274647).
1.2. Orbene, nella fattispecie la Corte dà atto che attraverso un prolungato costume frodatori l’imputato ha conseguito una retribuzione, per quanto minimale e restituita, comunque non dovuta. La Corte ha fatto leva, diffusamente, sulla non occasionalità della condotta che h “formato” il reato nel contratto a prestazioni corrispettive di durata prolungata nel temp che non consente di ritenere che la motivazione spesa sia mancante o manifestamente illogica, né può giudicarsi altrimenti contraddittoria rispetto alla misura della sanzione inflitta, dov questa parametrarsi rispetto ad una fattispecie già ritenuta pienamente offensiva. Tantomeno la decisione della Corte di merito risulta affetta da violazione di legge, in quanto non app nella fattispecie compromesso alcun criterio legale di valutazione della gravità (intesa com massa) dell’offesa; che anzi è stata apprezzata nella sua dimensione ontologica per la “durata” della illecita locupletazione e articolata morfologia dell’inganno.
1.3. Dalla lettura del testo della sentenza impugnata si evince che la Corte territoriale fondato la decisione, per i reati accertati di cui all’art. 640 cod. pen., tenendo in debito co doglianze di merito sviluppate con i motivi di gravame. Ha inoltre espressamente motivato circa la consistenza e l’univocità delle evidenze che hanno condotto ad affermare la responsabilità rispetto alle ipotesi descritte in imputazione sulla base di un mosaico di indizianti coagulati intorno al ricorrente per il dato univoco della discordanza tra registra della presenza e assenza di fatto, non previamente giustificata, che va qualificata penalmente nei sensi delle fattispecie contestate al ricorrente (Sez. 2, n. 34773, del 17/6/2016, 267855, che richiama un orientamento storicizzato sin da Sez. 2, n. 6512, del 12/2/1985, Rv. 169953). I motivi di ricorso relativi si risolvono, pertanto, nella mera riproposizione argomentazioni già prospettate al giudice della revisione nel merito e da questi motivatamente respinte, senza svolgere alcun ragionato confronto con le specifiche argomentazioni spese in
motivazione;, senza cioè indicare Je ragioni delle pretese illogicità o della ridotta val dimostrativa degli elementi a carico, e ciò a fronte di puntuali argomentazioni contenute nel decisione impugnata, con cui il ricorrente rifiuta di confrontarsi. Questa Corte ha già in occasioni avuto modo di evidenziare che i motivi di ricorso per cassazione COGNOME inammissibili «non solo quando risultano intrinsecamente indeterminati, ma altresì quando difettino della necessaria correlazione con le ragioni poste a fondamento del prcvvedimento impugnato» (Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013, COGNOME, Rv. 255568), e che le ragioni di tale necessaria correlazione tra la decisione censurata e l’atto di impugnazione risiedono nel fatto c quest’ultimo «non può ignorare le ragioni del provvedimento censurato» (Sez. 2, n. 11951 del 29/01/2014, Lavorato, Rv. 259425).
Segue alla inammissibilità del ricorso la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, la condanna al versamento di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende che stimasi equo determinare in euro tremila.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processual e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 9 gennaio 2024.