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Particolare tenuità del fatto: no se la condotta dura

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di tre imputati, confermando la decisione di merito che negava l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. La Corte ha stabilito che il carattere stabile e perdurante nel tempo della condotta illecita è un elemento decisivo che osta al riconoscimento della particolare tenuità, rientrando tale valutazione nella discrezionalità del giudice di merito, se adeguatamente motivata.

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Pubblicato il 2 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Particolare Tenuità del Fatto: Quando la Durata del Reato Conta

L’istituto della particolare tenuità del fatto, introdotto dall’articolo 131-bis del codice penale, rappresenta uno strumento fondamentale per il principio di proporzionalità della pena. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e dipende da una valutazione attenta del giudice. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce come la durata e la stabilità di una condotta illecita possano essere decisive per escludere questo beneficio, anche a fronte di un danno patrimoniale potenzialmente modesto.

Il Caso in Esame

Tre individui ricorrevano in Cassazione contro una sentenza della Corte d’Appello che li aveva condannati per un reato, negando loro l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. L’unico motivo di ricorso si basava su un presunto vizio di motivazione da parte dei giudici di merito, i quali non avrebbero correttamente valutato la lieve entità dell’offesa.

La Corte d’Appello aveva fondato la sua decisione su un elemento specifico: il carattere stabile e perdurante nel tempo della condotta illecita contestata agli imputati. Secondo i giudici, questa persistenza nel comportamento illegale era incompatibile con il concetto di “particolare tenuità”.

La Decisione della Cassazione sulla Particolare Tenuità del Fatto

La Corte di Cassazione ha dichiarato i ricorsi inammissibili, ritenendo la motivazione della Corte territoriale congrua e priva di vizi logici. Gli Ermellini hanno confermato che la valutazione sulla sussistenza della particolare tenuità del fatto rientra nei poteri discrezionali del giudice di merito.

Per giungere a questa conclusione, la Suprema Corte ha ribadito alcuni principi chiave:

1. Stabilità della Condotta: La natura stabile e duratura di un reato è un fattore che, di per sé, può giustificare l’esclusione dell’art. 131-bis c.p. Una condotta che si protrae nel tempo non può essere considerata di lieve entità.
2. Discrezionalità del Giudice: Il giudice non è tenuto a esaminare meticolosamente tutti gli elementi previsti dall’art. 133 c.p. (gravità del reato, capacità a delinquere), ma può basare la sua decisione sugli aspetti che ritiene più rilevanti per il caso specifico.
3. Esclusione dello Stato di Necessità: La Corte ha inoltre osservato che la stessa natura non transitoria della condotta escludeva anche l’applicazione della causa di giustificazione dello stato di necessità (art. 54 c.p.), in quanto mancava il requisito di un pericolo attuale e imminente di un danno grave alla persona.

Di conseguenza, i ricorrenti sono stati condannati al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano sulla corretta interpretazione dei limiti dell’istituto della particolare tenuità del fatto. La non punibilità non è un ‘condono’ generalizzato per i reati minori, ma uno strumento per evitare sanzioni penali sproporzionate per fatti oggettivamente e soggettivamente marginali. La persistenza nel tempo di una condotta illegale, tuttavia, dimostra una volontà criminosa non occasionale e un’offesa all’ordinamento giuridico che non può essere definita ‘tenue’. La Corte sottolinea che il giudice di merito ha esercitato correttamente il suo potere discrezionale, motivando in modo logico e coerente il diniego del beneficio, rendendo la sua decisione non sindacabile in sede di legittimità.

Le Conclusioni

Questa ordinanza rafforza un principio fondamentale: la durata e la continuità di un’azione illegale sono indicatori cruciali della sua gravità. Anche un reato che, considerato in un singolo momento, potrebbe apparire di lieve entità, assume una connotazione diversa se protratto nel tempo. La decisione della Cassazione serve da monito, chiarendo che per beneficiare della non punibilità per particolare tenuità del fatto, la condotta deve essere non solo di minima offensività, ma anche episodica e non indicativa di una persistente ribellione alle norme.

Quando può essere esclusa la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto?
Può essere esclusa quando la condotta illecita ha un carattere stabile e perdurante nel tempo. La continuità del reato è considerata un indicatore di maggiore gravità che osta al riconoscimento della tenuità.

Il giudice deve analizzare tutti gli elementi dell’art. 133 c.p. per decidere sulla particolare tenuità del fatto?
No, non è necessaria la disamina di tutti gli elementi. È sufficiente che il giudice indichi quelli ritenuti rilevanti per motivare la sua decisione, valutando la gravità del comportamento e l’entità del contrasto con la legge.

La durata di un reato può influire anche sull’applicazione dello stato di necessità (art. 54 c.p.)?
Sì. Secondo la Corte, il carattere non transitorio della condotta esclude anche l’applicazione dello stato di necessità, poiché fa venire meno il requisito di un pericolo attuale di un danno grave alla persona, che deve essere valutato in relazione all’intera durata del comportamento illecito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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