Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 45234 Anno 2024
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 45234 Anno 2024
Presidente: NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 15/11/2024
PRIMA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME
R.G.N. 27048/2024
NOME FILOCAMO
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato a CAGLIARI il 15/07/1989 avverso la sentenza del 03/04/2024 del TRIBUNALE di Cagliari visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe, il Tribunale di Cagliari in composizione monocratica ha dichiarato NOME COGNOME colpevole del reato di cui all’art. 4 legge 18 aprile 1975, n. 110 – per aver portato fuori dalla propria abitazione, senza giustificato motivo, una mazza da baseball e un coltello da cucina della lunghezza di cm. 17, strumenti atti all’offesa – e per l’effetto, riconosciute le circostanze attenuanti generiche, lo ha condannato alla pena di euro ottocento di ammenda, oltre al pagamento delle spese processuali.
Ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME a mezzo dell’avv. NOME COGNOME deducendo cumulativamente, sebbene con motivo unico, i vizi ex art. 606, comma 1, lett. b) e lett. e) cod. proc. pen., per inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche, nonchØ per mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione. Lamenta la difesa di aver domandato – senza muovere contestazioni, in ordine alla materialità del fatto ascritto – l’applicazione dell’istituto di cui all’art. 131bis cod. pen.; tale richiesta sarebbe stata disattesa dal Tribunale con illogica argomentazione. La situazione di contesto, infatti, dimostrava come l’imputato detenesse gli strumenti sopra detti senza l’intenzione di porre in essere una qualsiasi condotta penalmente rilevante; il comportamento serbato dal soggetto, quindi, era connotato da una offensività praticamente nulla. Non ricorreva inoltre, contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale, l’ulteriore requisito della natura abituale del comportamento.
Il Procuratore generale ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
Il Tribunale ha fornito una motivazione che, sebbene sintetica, deve ritenersi adeguata, evidenziando come l’imputato sia stato trovato ingiustificatamente in possesso di armi bianche e improprie, nel periodo in cui era sottoposto alla misura della detenzione domiciliare.
La difesa ha presentato conclusioni scritte, insistendo per l’annullamento della sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso – proposto sulla base di censure manifestamente infondate, ovvero generiche o non consentite – deve essere dichiarato inammissibile, con ogni conseguenza di legge.
Integrando quanto già compendiato in parte narrativa, può dirsi che COGNOME – all’epoca dei fatti – si trovava ristretto in regime di detenzione domiciliare ed era autorizzato ad allontanarsi dalla propria abitazione in determinati orari; in data 13 ottobre 2021, uscito di casa in orario consentito, venne sottoposto a perquisizione veicolare e, all’esito, trovato in possesso di una mazza da baseball e di un coltello da cucina.
2.1. Con il motivo unico sopra riassunto, la difesa lamenta esclusivamente il mancato riconoscimento della esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, ai sensi dell’art. 131bis cod. pen. La motivazione adottata dal Tribunale – sebbene sintetica – Ł però congrua e priva del pur minimo spunto di contraddittorietà. L’invocato istituto, infatti, Ł stato ritenuto non applicabile, in forza del richiamo alle circostanze stesse che hanno connotato la condotta posta in essere, attribuendosi particolare rilievo negativo all’esser stato commesso il fatto in costanza di detenzione domiciliare.
2.2. A fronte di tale struttura motivazionale, di ineccepibile saldezza, le censure difensive si sviluppano interamente sul piano del fatto e sono tese a sovrapporre una nuova interpretazione delle risultanze probatorie, diversa da quella recepita nell’impugnato provvedimento, piø che a rilevare un vizio rientrante nella rosa di quelli delineati dall’art. 606 cod. proc. pen.
Tale operazione, pacificamente, fuoriesce dal perimetro del sindacato rimesso al giudice di legittimità. Secondo la linea interpretativa da tempo tracciata da questa Corte regolatrice, infatti, l’epilogo decisorio non può essere invalidato sulla base di prospettazioni alternative, che sostanzialmente si risolvano in una “mirata rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, ovvero nell’autonoma assunzione di nuovi e differenti canoni ricostruttivi e valutativi dei fatti, da preferirsi a quelli adottati dal giudice del merito, perchØ illustrati come maggiormente plausibili, o perchØ assertivamente dotati di una migliore capacità esplicativa, nel contesto in cui la condotta delittuosa si Ł in concreto realizzata (Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, F., Rv. 280601; Sez. 6, n. 22256 del 26/04/2006, Bosco, Rv. 234148; Sez. 1, n. 42369 del 16/11/2006, De Vita, Rv. 235507).
L’inammissibilità della doglianza contenuta nell’atto di impugnazione, dunque, emerge proprio dall’esistenza – nel corpo motivazionale dell’avversata decisione – di una specifica risposta, rispetto alla richiesta della difesa, che si limita ora a riproporre profili critici già esaminati in sede di merito. Avulso dall’ambito di operatività della contestata figura tipica, infine, Ł il richiamo difensivo all’assenza di un qualsivoglia intento eteroaggressivo, connesso al possesso del materiale sequestrato.
Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; segue ex lege la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, oltre
che alla somma di una somma, che si stima equo fissare in euro tremila, in favore della Cassa delle ammende (non ricorrendo elementi per ritenere i ricorrenti esenti da colpe, nella determinazione della causa di inammissibilità, conformemente a quanto indicato da Corte cost., sentenza n. 186 del 2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così Ł deciso, 15/11/2024
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME