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Particolare tenuità del fatto: no se il reato è abituale

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato contro una sentenza della Corte d’Appello di Palermo. La Corte ha stabilito che la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis c.p., non può essere applicata a causa dei numerosi precedenti penali specifici dell’imputato, che dimostrano l’abitualità della condotta.

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Pubblicato il 15 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Particolare Tenuità del Fatto: Quando i Precedenti Escludono il Beneficio

La recente ordinanza della Corte di Cassazione, Sezione Penale, offre un’importante chiarificazione sui limiti di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. La decisione sottolinea come la presenza di precedenti penali specifici possa integrare il requisito dell’abitualità, ostacolando l’accesso a questo beneficio. Approfondiamo insieme i dettagli di questa pronuncia.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Palermo. La difesa lamentava una motivazione carente e illogica in relazione al diniego dell’applicazione dell’articolo 131-bis del codice penale, ovvero la non punibilità per la particolare tenuità del fatto. La questione centrale era se, nonostante la potenziale lieve entità del singolo episodio contestato, la storia criminale del soggetto potesse giustificare l’esclusione di tale beneficio.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno confermato la validità della decisione della Corte d’Appello, ritenendo che la causa di non punibilità fosse stata correttamente esclusa. L’imputato è stato quindi condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.

Le Motivazioni: l’Abitualità e la Particolare Tenuità del Fatto

La Corte ha basato la sua decisione su un punto cruciale: l’abitualità della condotta del ricorrente. La motivazione della sentenza impugnata aveva puntualmente richiamato ben sette condanne precedenti per fatti analoghi. Secondo gli Ermellini, questi precedenti rendono manifesta la ricorrenza del carattere abituale del comportamento, una condizione che per legge preclude l’applicazione dell’art. 131-bis c.p.

I giudici hanno richiamato un consolidato orientamento giurisprudenziale (in particolare, la sentenza n. 26813 del 2016), secondo cui la causa di esclusione della punibilità non può essere applicata quando l’imputato ha commesso più reati della stessa indole. La norma stessa, infatti, impone di considerare il ‘fatto’ nella sua dimensione ‘plurima’. In questa valutazione complessiva, la potenziale tenuità dei singoli episodi perde di rilevanza. La legge mira a evitare che chi delinque abitualmente possa beneficiare di un trattamento di favore, anche se i singoli reati, presi isolatamente, potrebbero apparire di lieve entità. La ratio punendi, ovvero la ragione della punizione, si estende alla valutazione complessiva della condotta del reo.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: l’istituto della particolare tenuità del fatto non è un meccanismo automatico applicabile a tutti i reati di modesta gravità. La valutazione del giudice deve necessariamente estendersi alla personalità e alla storia dell’imputato. La presenza di precedenti penali specifici e ripetuti, indicativi di una ‘carriera criminale’ o di una tendenza a commettere reati della stessa indole, costituisce un ostacolo insormontabile all’applicazione del beneficio. Per gli operatori del diritto e per i cittadini, ciò significa che la condotta complessiva e la storia personale sono elementi determinanti nel giudizio penale, capaci di influenzare in modo decisivo l’esito del processo, anche in presenza di un singolo fatto di reato oggettivamente lieve.

La non punibilità per particolare tenuità del fatto può essere concessa a chi ha precedenti penali?
No, secondo questa ordinanza, la presenza di numerosi precedenti penali specifici per reati della stessa indole dimostra un’abitualità nella condotta che è ostativa all’applicazione dell’art. 131-bis del codice penale.

Cosa si intende per ‘valutazione complessiva’ del fatto ai fini dell’art. 131-bis c.p.?
Significa che il giudice non deve limitarsi a valutare l’entità del singolo episodio di reato, ma deve considerare il comportamento dell’imputato nel suo insieme. Se emergono più violazioni della stessa indole, il fatto viene considerato nella sua ‘dimensione plurima’, e la tenuità dei singoli segmenti diventa irrilevante.

Qual è stata la conseguenza per il ricorrente in questo caso?
Il suo ricorso è stato dichiarato inammissibile. Di conseguenza, è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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