Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 30021 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 30021 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 12/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto dal
Procuratore Generale della Corte di appello di Campobasso nel procedimento a carico di
COGNOME NOME, nata a Macchia Valfortore, il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 15/06/2023 della Corte di appello di Campobasso visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria scritta del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale, NOME COGNOME, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
lette le conclusioni scritte dell’AVV_NOTAIO, difensore di NOME COGNOME, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento in epigrafe indicato la Corte d’appello di Campobasso ha riformato la sentenza del Tribunale di Larino, emessa in data 23 marzo 2022
con la quale NOME COGNOME era stata assolta per insussistenza del fatto per il reato di cui all’art. 348 cod. pen., dichiarando il fatto non punibile ai se dell’art. 131-bis cod. pen., confermando l’assoluzione dell’imputata con modifica della formula e delle ragioni del proscioglimento.
In particolare, la sentenza del primo Giudice aveva assolto l’imputata dall’accusa di avere esercitato abusivamente la professione di infermiera dal 6 marzo 2017, giorno della sua cancellazione dell’albo professionale, sino al gennaio del 2018, evidenziando che la mancata iscrizione all’albo era dipesa dal mancato pagamento delle quote di iscrizione di competenza del datore di lavoro, secondo accordi interni intercorsi tra le parti.
La Corte di appello, in adesione alla prospettazione del Procuratore generale che aveva impugnato detta sentenza, ha ritenuto che il fatto integrasse il reato contestato ma che, per le ragioni e la durata contenuta delle violazione (dieci mesi), l’imputata andasse comunque assolta per la particolare tenuità del fatto.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso il Procuratore Generale presso la Corte di appello per denunciare la violazione di legge, evidenziando che il reato ascritto ha natura di reato eventualmente abituale, a condotte reiterate, già di per sé incompatibile con la disciplina della causa di non punibilità dell’art. 131-bis cod. pen., e che, in ogni caso, non può ritenersi tenue l’offesa in rapporto alla sua durata, essendosi protratta per circa dieci mesi.
3. Si deve dare atto che il ricorso è stato trattato senza l’intervento delle parti, ai sensi dell’art. 23, commi 8 e 9, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, come prorogato dall’art. 94 del digs. n. 150 del 2022, modificato dall’art. 17 del d.l. 2 giugno 2023, n. 75.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
Il chiaro ed inequivocabile tenore della norma dettata dall’art. 131-bis cod. pen, non consente di applicare la causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, a prescindere dalla valutazione in concreto della gravità del reato, oltre che per le ipotesi di reato tassativamente previste, anche nei casi di comportamento qualificabile come abituale.
Il primo comma dell’art. 131-bis cit. stabilisce, infatti, che «nei reati per quali è prevista la pena detentiva non superiore nel minimo a due anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena, la punibilità è esclusa
quando, per le modalità della condotta e per l’esiguità del danno o del peric valutate ai sensi dell’articolo 133, primo comma, l’offesa è di particolare ten il comportamento risulta non abituale».
Il quarto comma della richiamata disposizione, infatti, individua tre ipotesi di comportamento abituale che sono state ritenute tassative dalle Sezioni Unite n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266591 «anche in considerazione del fatto che il legislatore non fornisce una definizione positiva di comportamento non abituale a cui ricondurre ulteriori casi di comportamento abituale».
Come affermato anche dalle Sezioni Unite Ubaldi, nella sentenza n. 18891 del 27/01/2022, Rv. 283064 – che ha affrontato il tema dell’applicabilità della predetta causa di non punibilità al reato continuato affinché la condotta possa essere qualificata come abituale e, quindi, ostativa all’applicazione della causa di esclusione della punibilità, occorre: a) che l’autore sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza; b) ovvero che siano stati commessi più reati della stessa indole, anche se ciascun fatto, isolatamente considerato, sia di particolare tenuità; c) o, infine, che si tratti reati che abbiano ad oggetto condotte plurime, abituali o reiterate.
Pertanto, mentre per il reato continuato, in considerazione delle diverse forme in cui la continuazione può concretizzarsi, è stato affermato il principio che «La pluralità di reati unificati nel vincolo della continuazione non è di per sé ostativa alla configurabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto prevista dall’art. 131-bis cod. pen., salve le ipotesi in cui il giud la ritenga idonea, in concreto, ad integrare una o più delle condizioni tassativamente previste dalla suddetta disposizione per escludere la particolare tenuità dell’offesa o per qualificare il comportamento come abituale», nel caso di reato che abbia ad oggetto condotte reiterate, non vi è alcuno spazio per l’interprete, essendo detta ipotesi esclusa categoricamente dall’ambito di applicazione dell’art. 131-bis cod. pen., perché integrante un comportamento abituale.
Il dato normativo, come affermato dalla Corte nella sentenza Tushaj, esclude dall’ambito della particolare tenuità del fatto i «comportamenti seriali» perché il legislatore non li ha ritenuti meritevoli di considerazione sotto il profilo del valutazione in concreto della tenuità dell’offesa ai fini dell’esenzione dall’obbligatorietà della pena.
Pertanto, se in linea di principio va ribadito che non esistono tipi astratti di reati esclusi dal 131-bis cod. pen. – salvo i casi ora espressamente previsti dal terzo comma del citato articolo, aggiunto dall’art. 1 del d.lgs. 10 ottobre 2022, n.150 – e che la valutazione deve essere fatta sempre in concreto, nel senso di lasciare all’interprete verificare se per effetto della condotta l’offesa possa dirsi i
concreto tenue oppure no, nondimeno, tale valutazione non è consentita con riguardo ai reati “che abbiano ad oggetto condotte plurime, reiterate e abituali”, perché rispetto ad essi il legislatore ha già in astratto ritenuto tali condotte non meritevoli di alcuna esenzione dall’obbligatorietà della pena sotto il profilo della tenuità dell’offesa.
Ciò significa che anche se l’offesa dovesse nel suo complesso essere ritenuta in concreto di particolare tenuità, la causa di non punibilità 131-bis cit. non potrebbe mai trovare applicazione per i reati che si caratterizzino per la reiterazione delle condotte incriminate.
Logico corollario è che nessuna rilevanza può avere neppure la durata nel tempo della reiterazione delle condotte, diversamente dal reato permanente in cui il tempo gioca in concreto un ruolo importante ai fini dell’applicazione dell’istituto in esame, perché dalla durata della condotta dipende la maggiore o minore intensità dell’offesa.
Il reato permanente è, infatti, caratterizzato non dalla reiterazione della condotta, ma da una condotta persistente, cui consegue la protrazione nel tempo dei suoi effetti e, pertanto, dell’offesa del bene giuridico protetto (Sez. 3, n. 47039 del 08/10/2015, Derossi, Rv. 265448).
Il riferimento normativo all’esclusione delle condotte reiterate non consente – diversamente dal reato permanente – di operare ulteriori valutazioni sulla gravità delle singole condotte reiterate.
Si tratta di una scelta non irragionevole o arbitraria del legislatore che, come già rilevato nella sentenza Tushaj, nel delimitare l’ambito di applicazione dell’istituto ha «compiuto una graduazione qualitativa astratta, basata sulla natura e sull’entità della pena, e vi ha aggiunto un elemento di impronta personale, pure esso tipizzato, tassativo, relativo all’abitualità o meno del comportamento ».
In tal modo, è stata limitata la discrezionalità del giudizio escludendo alcune contingenze ritenute incompatibili con l’idea di speciale tenuità: motivi abietti o futili, crudeltà, minorata difesa della vittima e comportamento abituale.
In conclusione, diversamente dal reato continuato e dal reato permanente, nel caso di reato a condotte plurime, reiterate o abituali, sia che la reiterazione costituisca un elemento necessario per la configurabilità del reato (come nel reato di maltrattamenti in famiglia), sia che si tratti di reati a reiterazione solo eventual – come nella fattispecie in esame dell’esercizio abusivo di una professione sussiste una incompatibilità strutturale del reato che comporta l’incondizionata inapplicabilità della disciplina dell’art. 131-bis cit. a tale tipologia di condotte.
Per quanto sopra osservato, nel caso in esame la Corte d’Appello ha operato una verifica in concreto della tenuità dell’offesa, compiendo delle valutazioni in
punto di intensità del dolo e di durata nel tempo delle violazioni, e du apprezzamenti che sebbene utili ad altri fini (ad es. in tema di determinazi della pena), non assumono, invece, alcuna rilevanza ai fini dell’applicazi dell’art. 131-bis cod. pen., non avendo correttamente valutato i profili inere requisiti della non abitualità del comportamento, trattandosi pacificamente di re che ha ad oggetto condotte plurime e reiterate.
Sulla scorta delle considerazioni che precedono la sentenza deve esser annullata con rinvio per nuovo giudizio alla competente Corte di appello di Salern che si atterrà al principio di diritto sopra affermato.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appell di Salerno.
Così deciso il 12 giugno 2024
Il Consigliere estensore
GLYPH
Il P GLYPH
te