Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 35504 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7   Num. 35504  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 28/02/2025 della CORTE APPELLO di BAR
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
 Con la pronuncia di cui in epigrafe, la Corte d’appello di Bari ha confermato la responsabilità di NOME COGNOME per aver falsamente attestato le condizioni reddituali familiari con riferimento a tre istanze di ammissione al patrocinio a spese dello Stato depositate in tre distinti procedimenti penali (il 4 aprile 2017, il 20 febbraio 2018 e il 12 luglio dello stesso anno).
Nell’interesse dell’imputato è stato proposto ricorso fondato su tre motivi (di seguito enunciato ex art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.).
Con i primi due motivi di deducono violazione di legge e vizio motivazionale in merito alla commisurazione giudiziale della pena e alla ritenuta insussistenza della «particolare tenuità del fatto». Per il ricorrente la detta causa di esclusion della punibilità invece sussisterebbe in ragione della valutazione dell’entità dello scostamento tra reddito dichiarato e reddito accertato e del discostamento minimo del reddito dichiarato dalla soglia minima di ammissibilità. Tali circostanze deporrebbero altresì per la eccessività della pena comminata per il reato continuato in oggetto, pari a un anno e due mesi di reclusione ed euro 700,00 di multa, così determinata previa esclusione dell’aumento per la recidiva e riduzione massima per le attenuanti generiche.
Con il terzo motivo si deduce il vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza dell’elemento soggettivo, con riferimento al quale la sentenza sarebbe «carente», non avendo in merito la Corte territoriale «adeguatamente motivato» essendosi limitata a richiamare la differenza tra reddito dichiarato e reddito accertato senza considerare le specifiche circostanza del caso concreto.
Il ricorso è inammissibile.
È logicamente prioritaria la trattazione della prima doglianza, che si appunta sull’apparato motivazionale efferente alla ritenuta sussistenza dell’elemento soggettivo. Essa si palesa inammissibile per la mancata considerazione della ratio decidendi invece esplicitata in termini coerenti e non manifestamente illogici da pag. 5 a pag. 7 della sentenza impugnata. I giudici di merito sono lungi dal motivare in forza del mero riferimento al dato oggettivo della differenza tra redditi dichiarati e redditi accertati in quanto valutano pluri elementi. Il riferimento è in particolare il dato di fatto accertato processualmente della convivenza con altri percettori di reddito almeno fino al febbraio del 2017 nonché l’aver dichiarato due redditi differenti per lo stesso anno d’imposta in diverse istanze. A ciò si aggiunge la natura di «non motivo» dei profili di censura deducenti la mera «carenza» e la semplice inadeguatezza della motivazione perché. Essi, difatti, al di là della formulazione della rubrica, non deducono l’assenza di motivazione o vizi motivazionali in termini di contraddittorietà o manifesta illogicità ovvero violazioni di legge o altre censure contemplate nell’art. ex art. 606, comma 3, cod. proc. pen. (sul contenuto essenziale dell’atto d’impugnazione si vedano, per l’inammissibilità del motivo di ricorso che non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata, venendo meno in radice l’unica funzione per la quale è previsto e ammesso, ex plurimis: Sez. 4, n. 26319 del 17/06/2025, COGNOME, tra le più recenti; Sez. 4, n. 19364 del 14/03/2024, COGNOME, Rv. 286468 – 01; Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, COGNOME, Rv. 254584 – 01; si vedano altresì: Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822 – 01, in ordine ai motivi d’appello ma sulla base di principi rilevanti anche con riferimento al ricorso per cassazione; nonché, per lo specifico riferimento alla qualificazione in termini di «non motivo» della censura non rispettosa del detto contenuto essenziale dell’atto d’impugnazione, la citata sentenza «COGNOME» e Sez. 4, n. 30620 del 13/06/2024, T.).
 Parimenti inammissibile è la doglianza che si appunta sulla ritenuta insussumibilità della fattispecie accertata nell’astratta previsione di cui all’a 131-bis cod. pen.
Il ricorrente non confronta il suo dire con la sentenza impugnata nella parte in cui, in termini sostanzialmente assorbenti, valorizza l’accertamento all’esito del medesimo processo di ben tre reati della stessa indole, implicanti quindi l’abitualità quale causa ostativa nonostante la compatibilità dell’istituto con i reato continuato (quanto alla compatibilità dell’istituto con il reato continuato, ferme restando le condizioni ostative previste dall’art 131-bis cod. pe ., si veda, ex plurimis: Sez. U, n. 18891 del 27/01/2022, COGNOME, Rv. 283064 – 01; quanto alla necessità per la configurabilità della causa ostativa costituita dall’abitualit della commissione di almeno altri due reati della stessa indole, antecedenti o successivi, ex plurimis, Sez. U, 13681 del 25/02/2016, COGNOME, Rv. 266591 – 01, e Sez. 4, n. 14073 del 05/03/2024, COGNOME, Rv. 286175 – 02; quanto alla rilevabilità della causa ostativa dell’abitualità anche in ragione di reati emergenti all’esito dello stesso processo si veda, ex plurimis, Sez. 3, n. 32857 del 12/07/2022, Musone, Rv. 283486 – 01).
Il motivo secondo è inammissibile ai sensi dell’art. 606, comma 3, cod. proc. pen., in quanto deducente censure diverse da quelle prospettabili in sede di legittimità (sul contenuto essenziale dell’atto d’impugnazione si vedano, ex plurimis, le pronunce innanzi già richiamate).
Ci si riferisce alle doglianze in fatto con le quali il ricorrente vorreb sostituirsi alla valutazione del giudice di merito nella determinazione del trattamento sanzionatorio. In tesi difensiva, difatti la pena sarebbe «eccessiva» una pena determinata partendo, per il reato ritenuto più grave tra quelli in continuazione, da un anno di reclusione ed euro 600,00 . di multa, quindi dal minimo edittale previsto per la pena detentiva e sostanzialmente dal minimo quanto a quella pecuniaria, per poi, escluso l’aumento per la recidiva, ridurla nel massimo per attenuanti generiche e determinare gli specifici aumenti per la continuazione.
 All’inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, ex art. 616 cod. proc. pen. (equa in ragione dell’evidenziata causa d’inammissibilità).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deci o il 30 settembre 2025