Particolare tenuità del fatto: quando il danno è troppo grave?
La recente ordinanza della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sui limiti di applicazione della particolare tenuità del fatto, una causa di non punibilità che spesso suscita dibattito. Il caso in esame riguarda un reato di danneggiamento, ma la decisione della Suprema Corte stabilisce un principio di portata più ampia: l’entità e la pervasività del danno sono criteri decisivi per escludere il beneficio.
I Fatti di Causa
Un individuo, detenuto presso la casa circondariale di Reggio Emilia, veniva condannato per il reato di danneggiamento. La sua condotta aveva causato danni così estesi da rendere la cella che occupava completamente inagibile. La Corte di Appello di Bologna, pur riducendo la pena, confermava la sua responsabilità penale, negando l’applicazione dell’art. 131-bis del codice penale, ovvero la non punibilità per particolare tenuità del fatto.
Contro questa decisione, l’imputato proponeva ricorso in Cassazione, basando la sua difesa sull’unico motivo del mancato riconoscimento della lieve entità del reato. L’obiettivo era ottenere l’archiviazione del caso proprio in virtù di tale beneficio.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno ritenuto il motivo di ricorso ‘generico e reiterativo’, in quanto si limitava a riproporre argomentazioni già puntualmente esaminate e respinte dalla Corte di Appello. La Cassazione ha sottolineato che un ricorso, per essere valido, deve contenere una critica argomentata e specifica alla sentenza impugnata, e non una semplice ripetizione di difese precedenti.
Le Motivazioni: Perché è stata esclusa la particolare tenuità del fatto?
Il cuore della decisione risiede nelle motivazioni con cui la Corte ha confermato l’esclusione del beneficio previsto dall’art. 131-bis c.p. La Corte di Appello aveva correttamente evidenziato come la condotta dell’imputato avesse prodotto un danno di ‘notevole entità e diffusività’. Non si trattava di un semplice graffio o di un danno minore, ma di un’azione che aveva compromesso totalmente la funzionalità di un bene, la cella carceraria.
Secondo la Suprema Corte, la valutazione sulla particolare tenuità del fatto non può prescindere da un’analisi concreta dell’impatto dell’azione illecita. Se il danno è così pervasivo da rendere la cosa completamente inservibile, viene meno il presupposto stesso della ‘tenuità’ dell’offesa. In questo caso, l’inagibilità della cella rappresentava un’offesa significativa al bene giuridico protetto dalla norma sul danneggiamento, rendendo impossibile qualificare il fatto come di lieve entità.
Conclusioni: Le Implicazioni della Sentenza
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: l’applicazione dell’art. 131-bis c.p. non è automatica ma richiede una valutazione attenta e complessiva delle circostanze del caso. La decisione insegna che non basta che il reato contestato sia punito con una pena edittale contenuta; è necessario che l’offesa concreta sia minima. Un danno esteso e pervasivo, che compromette l’integrità e la funzionalità di un bene, è un ostacolo insormontabile per il riconoscimento della particolare tenuità del fatto. Inoltre, la pronuncia conferma la necessità di presentare in Cassazione motivi di ricorso specifici e critici, evitando la mera riproposizione di argomenti già vagliati nei gradi di merito, pena l’inammissibilità dell’impugnazione.
Quando un danno può essere considerato troppo grave per applicare la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto?
Secondo questa ordinanza, un danno è considerato troppo grave quando la sua ‘notevole entità e diffusività’ rende un bene, come una cella, del tutto inagibile, superando così la soglia della lieve entità richiesta dalla norma.
È possibile riproporre in Cassazione gli stessi motivi di ricorso già respinti in Appello?
No. Se il motivo di ricorso si limita a ripetere argomentazioni già esaminate e respinte dalla Corte di Appello, senza una critica specifica e argomentata della decisione impugnata, viene considerato ‘generico e reiterativo’ e porta alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità comporta non solo la conferma della decisione impugnata, ma anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 35086 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 35086 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 04/12/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME avverso la sentenza della Corte di Appello di Bologna che confermava la responsabilità dell’imputato per il delitto di danneggiamento, riducendo la pena inflittagli;
ritenuto che l’unico motivo di ricorso, che deduce il vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento della causa di non punibilità ex art. 131-bis cod. pen., è generico e reiterativo perché fondato su rilievi già introdotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata nei confronti della sentenza oggetto di ricorso ( tra molte, Sez. 6, n. 23014 del 29/04/2021, B., Rv. 281521 – 01);
che in particolare la Corte di appello, a pagina 1 dell’impugnata sentenza ha sottolineato, in assenza di qualsiasi illogicità, tanto più manifesta, come dovesse escludersi il riconoscimento della menzionata causa di non punibilità in ragione della notevole entità e diffusività del danno arrecato dall’imputato, che con la sua condotta aveva reso del tutto inagibile la cella da lui occupata all’interno della casa circondariale di Reggio Emilia;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma il giorno 23 settembre 2025
GLYPH
Il Consigliere estensore
Il Presi nte