Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5779 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 5779 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 22/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato il 26/12/1977
avverso la sentenza del 03/07/2024 della CORTE APPELLO di CATANZARO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Motivi della decisione
NOME ricorre, a mezzo del proprio difensore, avverso la sentenza indicata in epigrafe deducendo con un primo motivo violazione degli artt. 61 n. 2 cod. pen. e 189, commi 1 e 6, cod. strad. in relazione all’operata affermazione di responsabilità penale, per non avere ad avviso dei difensore ricorrente il giudice di merito valutato che la lieve entità del danno subito dalla persona offesa non richiedeva l’immediata assistenza dell’imputato il quale per breve tempo aveva sostato e, solo dopo aver verificato che non c’era bisogno della sua assistenza, sarebbe andato via. Con i successivi tre motivi di ricorso il ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine: all’accertamento dell’elemento soggettivo del reato, al trattamento sanzionatorio irrogato e al mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.
Tutti i motivi in questione non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità perché sono riproduttivi di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito e non sono scanditi da necessaria critica analisi delle argomentazioni poste a base della decisione impugnata e sono privi della puntuale enunciazione delle ragioni di diritto giustificanti il ricorso e dei correlati congrui riferimenti alla motivazione dell’atto impugnato (sul contenuto essenziale dell’atto d’impugnazione, in motivazione, Sez. 6 n. 8700 del 21/1/2013, Rv. 254584; Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822, sui motivi d’appello, ma i cui principi possono applicarsi anche al ricorso per cassazione).
Ne deriva che il proposto ricorso va dichiarato inammissibile.
Il ricorrente, in concreto, non si confronta adeguatamente con la motivazione della Corte di appello, che appare logica e congrua, nonché corretta in punto di diritto e pertanto immune da vizi di legittimità.
3.1. I giudici del gravame del merito hanno dato conto degli elementi di prova in ordine alla responsabilità del prevenuto, ed in particolare in ordine all’accertamento dell’elemento soggettivo. Sono stati valorizzati i seguenti elementi: a) la circostanza che persona offesa ha riferito che, dopo essere scesa dalla macchina, ebbe a notare l’imputato voltarsi verso di lei e darsi alla fuga; b) la presunta tenuità dei danni provocati, invocata dalla difesa come elemento a discarico dell’imputato, non poteva essere accertata dal COGNOME se non avvicinandosi alla persona offesa; e invece l’avvicinamento alla persona offesa non è mai avvenuto neppure per breve tempo dal momento che è stato provato il volontario e immediato allontanamento del COGNOME dal luogo dell’incidente.
Rispetto a tale motivata, logica e coerente pronuncia il ricorrente chiede una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l’adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione. Ma un siffatto modo di procedere è inammissibile perché trasformerebbe questa Corte di legittimità nell’ennesimo giudice del fatto.
3.2 In ordine al terzo motivo di ricorso, assolutamente generiche sono le doglianze poste dalla difesa, atteso che i giudici del gravame del merito hanno dato correttamente conto della valutazione dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen. ai fini della determinazione del trattamento sanzionatorio, riconoscendo che il giudice di primo grado ha determinato la pena inflitta nel minimo edittale.
Va ricordato, infatti, che la determinazione della misura della pena tra il minimo e il massimo edittale rientra nell’ampio potere discrezionale del giudice di merito, il quale assolve il suo compito anche se abbia valutato intuitivamente e globalmente gli elementi indicati nell’art. 133 cod. pen. (Sez. 4, n. 41702 del 20/09/2004, COGNOME, Rv. 230278). Il giudice del merito esercita la discrezionalità che la legge gli conferisce, attraverso l’enunciazione, anche sintetica, della eseguita valutazione di uno (o più) dei criteri indicati nell’art. 133 cod. pen. (Sez. n. 36104 del 27/04/2017, COGNOME, Rv. 271243; Sez. 3, n. 6877 del 26/10/2016, dep. 2017, S., Rv. 269196; Sez. 2, n. 12749 del 19/03/2008, COGNOME, Rv. 239754). Il sindacato di legittimità sussiste solo quando la quantificazione costituisca il frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico.
3.3. In relazione al quarto motivo di ricorso, il profilo di doglianza relativo al mancata applicazione della causa di non punibilità ex art. 131 bis cod. pen. è manifestamente infondato in quanto la Corte territoriale, rispondendo alla specifica richiesta sul punto, ha argomentatamente e logicamente motivato il diniego dell’invocata causa di non punibilità con la gravità della condotta dell’imputato (l’essersi consapevolmente allontanato nonostante i danni economici e fisici provocati alla persona offesa) e con l’entità dei danni subiti dalla Fati.
La sentenza, dunque, si colloca nell’alveo del dictum delle Sezioni Unite di questa Corte secondo cui il giudizio sulla tenuità richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell’art. 133, co. 1, cod. pen., delle modalità della condotta, de grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entità del danno o del pericolo (Sez. Un. n. 13681 del 25/2/2016, Tushaj, Rv. 266590).
S.U. Tushai ricordano che «la nuova normativa non si interessa della condotta tipica, bensì ha riguardo alle forme di estrinsecazione del comportamento, al fine di valutarne complessivamente la gravità, l’entità del contrasto rispetto alla legge e conseguentemente il bisogno di pena. Insomma, si è qui entro la distinzione tra
fatto legale, tipico, e fatto storico, situazione reale ed irripetibile costituita da gli elementi di fatto concretamente realizzati dall’agente».
Va peraltro ricordato che, ai fini dell’applicabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis cod. pen., giudizio sulla tenuità dell’offesa dev’essere effettuato con riferimento ai criteri d cui all’art. 133, comma primo, cod. pen., ma non è necessaria la disamina di tutti gli elementi di valutazione previsti, essendo sufficiente l’indicazione di quelli rite nuti rilevanti (così Sez. 7, Ordinanza n. 10481 del 19/01/2022, Deplano, Rv. 283044 – 01 che ha ritenuto corretta la mancata applicazione della causa di esclusione della punibilità in conseguenza di lesioni stradali provocate dalla guida di un veicolo sprovvisto di assicurazione; conf. Sez. 6, n. 55107 del 08/11/2018, COGNOME Rv. 274647 – 01 che, in motivazione, ha ritenuto corretta la mancata applicazione di tale causa di esclusione della punibilità in conseguenza della fuga dell’imputato subito dopo il fatto, senza che ciò si ponga in contrasto con la concessione delle attenuanti generiche, giustificata dalla successiva condotta processuale del predetto).
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 22/01/2025