Particolare Tenuità del Fatto: Esclusa in Caso di Recidiva Reiterata
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale del diritto penale: la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis del codice penale, non può essere concessa a chi ha una storia di recidiva reiterata e specifica. Questa decisione sottolinea come la pericolosità sociale dell’imputato, desunta dalla sua condotta passata, sia un ostacolo insormontabile per l’applicazione di questo beneficio. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante pronuncia.
I Fatti del Processo
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello. La difesa lamentava la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, sostenendo che il giudice di secondo grado avesse errato nel valutare la vicenda. Tuttavia, il ricorso proposto in Cassazione si è rivelato essere una mera ripetizione delle argomentazioni già presentate e respinte in appello, senza introdurre nuovi e validi motivi di censura.
La Decisione della Corte di Cassazione sul Particolare Tenuità del Fatto
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su due pilastri principali: uno di carattere processuale e uno di carattere sostanziale. Processualmente, i giudici hanno evidenziato come il ricorso fosse una “pedissequa reiterazione” di motivi già esaminati e motivatamente respinti. Dal punto di vista sostanziale, la Corte ha confermato la correttezza della valutazione effettuata dal giudice di merito, che aveva negato il beneficio dell’art. 131-bis c.p.
Le Motivazioni della Sentenza
Le motivazioni dell’ordinanza sono chiare e si allineano con un orientamento giurisprudenziale consolidato. La Corte ha spiegato che, per escludere la particolare tenuità del fatto, non è necessario che il giudice analizzi in modo esplicito tutti i criteri previsti dall’art. 133 del codice penale (gravità del reato, capacità a delinquere). È sufficiente che la motivazione indichi gli elementi ritenuti più rilevanti, come in questo caso l’intensità del dolo e il grado di colpevolezza.
Il punto cruciale della decisione, però, risiede nella valutazione della recidiva. I giudici hanno affermato che il carattere non episodico della condotta e, soprattutto, la presenza di una “recidiva qualificata” contestata e riconosciuta, sono elementi decisivi. Citando un precedente specifico (Cass. n. 1489/2021), la Corte ha ribadito che la recidiva reiterata specifica è un “elemento sintomatico della accentuata pericolosità sociale dell’imputato” e dell'”elevato grado di colpevolezza che essa implica”.
In sostanza, un soggetto che commette ripetutamente reati della stessa indole dimostra una propensione a delinquere che è incompatibile con la logica della non punibilità per un fatto di lieve entità. Il beneficio è pensato per episodi isolati e marginali, non per chi manifesta una persistente ostilità verso le norme penali.
Le Conclusioni
L’ordinanza della Corte di Cassazione rafforza un’interpretazione rigorosa dell’istituto della particolare tenuità del fatto. La pronuncia chiarisce che la valutazione del giudice non deve limitarsi al singolo episodio criminoso, ma deve estendersi alla personalità e alla storia criminale dell’imputato. La recidiva reiterata e specifica non è un semplice dato anagrafico, ma un indicatore concreto di pericolosità sociale che osta all’applicazione dell’art. 131-bis c.p. Questa decisione serve da monito: il beneficio della non punibilità è una misura eccezionale, preclusa a chi ha dimostrato con i fatti di non voler rispettare la legge in modo continuativo.
È possibile applicare la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto a chi è recidivo?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che l’art. 131-bis c.p. non può essere applicato in caso di riconoscimento della recidiva reiterata specifica, poiché questa è un elemento che indica un’accentuata pericolosità sociale e un elevato grado di colpevolezza.
Per negare l’applicazione dell’art. 131-bis c.p., il giudice deve analizzare tutti i criteri dell’art. 133 c.p.?
No, secondo la Corte non è necessaria la disamina di tutti gli elementi di valutazione previsti dall’art. 133 c.p. È sufficiente l’indicazione di quelli che il giudice ritiene rilevanti per la sua decisione, come l’intensità del dolo o il grado di colpevolezza.
Un ricorso in Cassazione che si limita a ripetere le stesse argomentazioni dell’appello è ammissibile?
No, un ricorso che si risolve nella “pedissequa reiterazione” di censure già dedotte in appello e puntualmente disattese dalla Corte territoriale viene dichiarato inammissibile.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 45710 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 45710 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a PALERMO il 24/10/1980
avverso la sentenza del 09/02/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
letto il ricorso di COGNOME COGNOME ritenuto che l’unico motivo di ricorso, con cui la difesa deduce inosservanza ed erronea applicazione di legge e vizio di motivazione con riguardo alla causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen., è articolato su censure che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelle già dedotte in appello e puntualmente disattese dalla Corte territoriale che, con valutazione tipicamente “di merito”, non ha omesso di considerare gli indici di cui all’art. 133 cod. pen. dando rilievo, in particolare, alla intensità del dolo ed al grado di colpevolezza desumibile dalle modalità del fatto (cfr., pag. 3 della sentenza); si deve qui ribadire che, ai fini dell’applicabilità della causa di esclusione della punibilità, il giudi sulla tenuità dell’offesa dev’essere effettuato con riferimento ai criteri di cui all’a 133, comma primo, cod. pen., ma non è necessaria la disamina dì tutti gli elementi di valutazione previsti, essendo sufficiente l’indicazione di quelli ritenuti rilevan (cfr., Sez. 7 – , n. 10481 del 19/01/2022, Deplano, Rv. 283044 – 01) e che, in ogni caso, la motivazione del diniego ben può ricavarsi anche implicitamente dalle ulteriori valutazioni operate dal giudice sia in punto di responsabilità che di pena (cfr., Sez. 4 – , n. 27595 del 11/05/2022, Omogiate, Rv. 283420 – 01; Sez. 5, n. 24780 del 08/03/2017, Tempera, Rv. 270033 – 01);
rilevato, peraltro, che il carattere non episodico della condotta in esame si desume dallo stesso tenore del capo di imputazione oltre che dalla contestata e riconosciuta recidiva qualificata (cfr., a tal proposito Sez. 5 – , n. 1489 del 19/10/2020, dep. 14/01/2021, Rv. 280250 – 01, in cui la Corte ha chiarito che la causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131-bis cod. pen. non può essere applicata in caso di riconoscimento della recidiva reiterata specifica, elemento sintomatico della accentuata pericolosità sociale dell’imputato per l’elevato grado di colpevolezza che essa implica);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al pagamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 5 novembre 2024
Il Consigliere COGNOME
Il Presidente