Particolare tenuità del fatto: quando i precedenti penali la escludono
L’istituto della particolare tenuità del fatto, introdotto dall’articolo 131-bis del codice penale, rappresenta un importante strumento di deflazione processuale, consentendo di escludere la punibilità per reati considerati di minima offensività. Tuttavia, la sua applicazione è soggetta a precisi limiti. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce come la presenza di numerosi precedenti penali e specifiche modalità della condotta possano precludere l’accesso a questo beneficio, confermando la valutazione della recidiva e la pericolosità sociale dell’imputato.
I fatti del caso
Un individuo, condannato dalla Corte di Appello per un reato legato alla cessione di sostanze stupefacenti, ha presentato ricorso in Cassazione. La difesa ha articolato il ricorso su tre punti principali: una presunta violazione di legge nella valutazione delle prove, l’erronea mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto e, infine, un vizio di motivazione riguardo al riconoscimento della recidiva.
L’analisi della Corte sulla particolare tenuità del fatto
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, fornendo una chiara analisi su ogni punto sollevato. Il fulcro della decisione risiede nella valutazione dei presupposti per l’applicazione dell’art. 131-bis c.p. La Corte ha stabilito che la valutazione della Corte d’Appello era corretta e ben motivata, escludendo il beneficio per due ragioni fondamentali.
L’abitualità della condotta
Il primo ostacolo all’applicazione della norma era il profilo soggettivo dell’imputato. Con ben sette condanne precedenti per reati contro il patrimonio, la Corte ha ritenuto manifesta l’abitualità del comportamento illecito del ricorrente. Citando la giurisprudenza consolidata (Cass. n. 26813/2016), i giudici hanno ribadito che la commissione di più reati della stessa indole impedisce di considerare il fatto come un episodio isolato e di lieve entità, anche se i singoli segmenti della condotta, presi singolarmente, potessero apparire tenui. La valutazione deve essere complessiva e guardare alla personalità dell’autore del reato.
Il disvalore dell’azione
Oltre al profilo della abitualità, la Corte ha sottolineato anche il disvalore oggettivo della condotta. Le modalità di esecuzione del reato, caratterizzate da una “particolare scaltrezza” volta a eludere i controlli di polizia, sono state considerate un elemento indicativo di una maggiore gravità del fatto. Questa astuzia, secondo i giudici, denota una consapevolezza e una capacità criminale che superano la soglia della “particolare tenuità”, rendendo la condotta non meritevole del beneficio della non punibilità.
Le motivazioni della decisione
La Cassazione ha rigettato il primo motivo di ricorso, relativo alla valutazione delle prove, ricordando che tale attività è riservata al giudice di merito e non può essere riesaminata in sede di legittimità, a meno che la motivazione non sia palesemente illogica o contraddittoria, cosa non riscontrata nel caso di specie. Per quanto riguarda l’esclusione della particolare tenuità del fatto, la motivazione si fonda sull’interpretazione rigorosa dell’art. 131-bis c.p., che richiede non solo la tenuità dell’offesa ma anche la non abitualità del comportamento. I numerosi precedenti penali dell’imputato hanno reso impossibile qualificare la sua condotta come occasionale. Infine, anche la doglianza sulla recidiva è stata ritenuta infondata, poiché la Corte di merito aveva correttamente evidenziato l’accresciuta pericolosità sociale dell’imputato, giustificando pienamente l’applicazione dell’aggravante sulla base dei precedenti e della gravità del reato commesso.
Le conclusioni
Questa ordinanza riafferma un principio cruciale: la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto non è un automatismo applicabile a tutti i reati di modesta entità. La valutazione del giudice deve estendersi all’intera personalità dell’imputato e alle modalità concrete dell’azione. La presenza di una ‘carriera criminale’, anche se composta da reati di diversa natura, può essere sufficiente a dimostrare un’abitualità nel delinquere che osta alla concessione del beneficio. La decisione sottolinea come la scaltrezza nell’esecuzione del reato sia un indice di un disvalore che travalica la soglia della tenuità, confermando un approccio rigoroso a tutela della sicurezza e dell’ordine pubblico.
Quando può essere esclusa l’applicazione della particolare tenuità del fatto?
L’applicazione dell’art. 131-bis c.p. può essere esclusa quando il comportamento dell’imputato è abituale. Nel caso specifico, i numerosi precedenti penali (sette condanne) sono stati considerati indicativi di una condotta criminale abituale, precludendo il beneficio.
Perché le modalità di esecuzione del reato sono importanti?
Le modalità di esecuzione sono rilevanti perché possono indicare un maggior disvalore della condotta. Nell’ordinanza, la “particolare scaltrezza” usata per eludere i controlli di polizia è stata valutata come un elemento che, insieme ai precedenti, dimostra una gravità del fatto incompatibile con la particolare tenuità.
È possibile contestare la valutazione delle prove in Corte di Cassazione?
No, la Corte di Cassazione non può riesaminare nel merito la valutazione delle prove o la ricostruzione dei fatti. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata. Se la motivazione è congrua e non manifestamente illogica, come nel caso di specie, la valutazione del giudice di merito è insindacabile.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 28814 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 28814 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 24/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il 08/08/1995
avverso la sentenza del 24/01/2025 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
Visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminato il ricorso proposto da NOME COGNOME a mezzo del difensore.
Rilevato che, a motivi di ricorso, l’imputato deduce: 1. Violazione di legge vizio di motivazione con riferimento agli artt. 192 cod. proc. pen. e 73 d.P 309/90; 2. Erronea applicazione della legge penale in relazione all’art. 131cod. pen.; 3. Violazione di legge e vizio di motivazione con riguardo alla riten susistenza della recidiva.
Considerato che la sentenza impugnata è sostenuta da conferente apparato argomentativo sotto ogni profilo dedotto dalla difesa.
Considerato che la prima doglianza non rientra nel numerus clausus delle censure deducibili in sede di legittimità, investendo profili di valutazione prova e di ricostruzione del fatto riservati alla cognizione del giudice di meri cui determinazioni, al riguardo, sono insindacabili in cassazione ove sia sorrette, come nel presente caso, da motivazione congrua, idonea a dar conto dell’iter logico-giuridico seguito dal giudicante e delle ragioni del decisum. Nel caso di specie, dalle cadenze motivazionali della sentenza d’appello è enucleabi una ricostruzione dei fatti precisa e circostanziata, avendo i giudici di sec grado preso in esame tutte le deduzioni difensive ed essendo pervenuti alle lor conclusioni, in punto di responsabilità, attraverso una disamina completa e approfondita delle risultanze processuali, in nessun modo censurabile sotto profilo della razionalità e sulla base di apprezzamenti di fatto non qualificabi termini di contraddittorietà o di manifesta illogicità, come si desume da considerazioni formulate alla pagina 3 della sentenza, laddove sono poste i rilievo le circostanze dalle quali è stato desunto il coinvolgimento del ricorr nella cessione dello stupefacente.
Considerato, quanto al secondo motivo di ricorso, che la causa di non punibilità di cui all’ad 131-bis cod. pen. è stata correttamente esclu sentenza: i numerosi precedenti penali annoverati dal ricorrente – riguardan sette condanne per reati contro il patrimonio – puntualmente richiamati motivazione – rendono manifesta la sussistenza del carattere abituale del condotta del ricorrente (cfr. ex multis Sez. 5, n. 26813 del 10/02/2016, Groso Rv. 267262 – 01:«La causa di esclusione della punibilità per particolare tenui del fatto di cui all’art. 131 bis cod. pen. non può essere applicata, ai se terzo comma del predetto articolo, qualora l’imputato abbia commesso più reati della stessa indole (ovvero plurime violazioni della stessa o di dive disposizioni penali sorrette dalla medesima “ratio punendi”), poiché è la ste previsione normativa a considerare il “fatto” nella sua dimensione “plurima” secondo una valutazione complessiva in cui perde rilevanza l’eventuale particolare tenuità dei singoli segmenti in cui esso si articola»); oltre a ci motivazione non censurabile in sede di legittimità, è stata posta in rilie modalità di esecuzione dell’azione, suscettibile di denotare particolare scaltr nell’eludere i controlli di polizia, elemento apprezzato con argomentare immune da incongruenze logiche e coerente con le risultanze istruttorie, tale da portar decisione adottata al riparo da censure prospettabili in sede di legittimità qu al disvalore della condotta serbata dal ricorrente.
Del pari inammissibile è l’ultima doglianza: la sentenza impugnata è sorrett da conferente apparato argomentativo in ordine al riconoscimento della contestata recidiva qualificata, avendo la Corte di merito evidenzia l’accresciuta pericolosità sociale dell’imputato, in ragione dei moltep precedenti penali annoverati dallo stesso ed in considerazione della gravità fatto per cui è intervenuta condanna.
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile co condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa dell
ammende.
Così deciso in Roma il 24 giugno 2025.