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Particolare tenuità del fatto: no se c’è recidiva

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per cessione di stupefacenti. La richiesta di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto è stata respinta a causa dei numerosi precedenti penali, che configurano un comportamento abituale, e della particolare scaltrezza dimostrata nell’esecuzione del reato. La Corte ha confermato la correttezza della valutazione della recidiva e l’insindacabilità nel merito della ricostruzione dei fatti operata dai giudici di appello.

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Pubblicato il 27 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Particolare tenuità del fatto: quando i precedenti penali la escludono

L’istituto della particolare tenuità del fatto, introdotto dall’articolo 131-bis del codice penale, rappresenta un importante strumento di deflazione processuale, consentendo di escludere la punibilità per reati considerati di minima offensività. Tuttavia, la sua applicazione è soggetta a precisi limiti. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce come la presenza di numerosi precedenti penali e specifiche modalità della condotta possano precludere l’accesso a questo beneficio, confermando la valutazione della recidiva e la pericolosità sociale dell’imputato.

I fatti del caso

Un individuo, condannato dalla Corte di Appello per un reato legato alla cessione di sostanze stupefacenti, ha presentato ricorso in Cassazione. La difesa ha articolato il ricorso su tre punti principali: una presunta violazione di legge nella valutazione delle prove, l’erronea mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto e, infine, un vizio di motivazione riguardo al riconoscimento della recidiva.

L’analisi della Corte sulla particolare tenuità del fatto

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, fornendo una chiara analisi su ogni punto sollevato. Il fulcro della decisione risiede nella valutazione dei presupposti per l’applicazione dell’art. 131-bis c.p. La Corte ha stabilito che la valutazione della Corte d’Appello era corretta e ben motivata, escludendo il beneficio per due ragioni fondamentali.

L’abitualità della condotta

Il primo ostacolo all’applicazione della norma era il profilo soggettivo dell’imputato. Con ben sette condanne precedenti per reati contro il patrimonio, la Corte ha ritenuto manifesta l’abitualità del comportamento illecito del ricorrente. Citando la giurisprudenza consolidata (Cass. n. 26813/2016), i giudici hanno ribadito che la commissione di più reati della stessa indole impedisce di considerare il fatto come un episodio isolato e di lieve entità, anche se i singoli segmenti della condotta, presi singolarmente, potessero apparire tenui. La valutazione deve essere complessiva e guardare alla personalità dell’autore del reato.

Il disvalore dell’azione

Oltre al profilo della abitualità, la Corte ha sottolineato anche il disvalore oggettivo della condotta. Le modalità di esecuzione del reato, caratterizzate da una “particolare scaltrezza” volta a eludere i controlli di polizia, sono state considerate un elemento indicativo di una maggiore gravità del fatto. Questa astuzia, secondo i giudici, denota una consapevolezza e una capacità criminale che superano la soglia della “particolare tenuità”, rendendo la condotta non meritevole del beneficio della non punibilità.

Le motivazioni della decisione

La Cassazione ha rigettato il primo motivo di ricorso, relativo alla valutazione delle prove, ricordando che tale attività è riservata al giudice di merito e non può essere riesaminata in sede di legittimità, a meno che la motivazione non sia palesemente illogica o contraddittoria, cosa non riscontrata nel caso di specie. Per quanto riguarda l’esclusione della particolare tenuità del fatto, la motivazione si fonda sull’interpretazione rigorosa dell’art. 131-bis c.p., che richiede non solo la tenuità dell’offesa ma anche la non abitualità del comportamento. I numerosi precedenti penali dell’imputato hanno reso impossibile qualificare la sua condotta come occasionale. Infine, anche la doglianza sulla recidiva è stata ritenuta infondata, poiché la Corte di merito aveva correttamente evidenziato l’accresciuta pericolosità sociale dell’imputato, giustificando pienamente l’applicazione dell’aggravante sulla base dei precedenti e della gravità del reato commesso.

Le conclusioni

Questa ordinanza riafferma un principio cruciale: la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto non è un automatismo applicabile a tutti i reati di modesta entità. La valutazione del giudice deve estendersi all’intera personalità dell’imputato e alle modalità concrete dell’azione. La presenza di una ‘carriera criminale’, anche se composta da reati di diversa natura, può essere sufficiente a dimostrare un’abitualità nel delinquere che osta alla concessione del beneficio. La decisione sottolinea come la scaltrezza nell’esecuzione del reato sia un indice di un disvalore che travalica la soglia della tenuità, confermando un approccio rigoroso a tutela della sicurezza e dell’ordine pubblico.

Quando può essere esclusa l’applicazione della particolare tenuità del fatto?
L’applicazione dell’art. 131-bis c.p. può essere esclusa quando il comportamento dell’imputato è abituale. Nel caso specifico, i numerosi precedenti penali (sette condanne) sono stati considerati indicativi di una condotta criminale abituale, precludendo il beneficio.

Perché le modalità di esecuzione del reato sono importanti?
Le modalità di esecuzione sono rilevanti perché possono indicare un maggior disvalore della condotta. Nell’ordinanza, la “particolare scaltrezza” usata per eludere i controlli di polizia è stata valutata come un elemento che, insieme ai precedenti, dimostra una gravità del fatto incompatibile con la particolare tenuità.

È possibile contestare la valutazione delle prove in Corte di Cassazione?
No, la Corte di Cassazione non può riesaminare nel merito la valutazione delle prove o la ricostruzione dei fatti. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata. Se la motivazione è congrua e non manifestamente illogica, come nel caso di specie, la valutazione del giudice di merito è insindacabile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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