Particolare tenuità del fatto: quando i precedenti e la condotta la escludono
L’istituto della particolare tenuità del fatto, introdotto dall’articolo 131-bis del codice penale, rappresenta un importante strumento di deflazione processuale, consentendo di non punire condotte illecite di minima gravità. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e richiede una valutazione attenta da parte del giudice. Con l’ordinanza in esame, la Corte di Cassazione ribadisce i limiti di questo beneficio, chiarendo come i precedenti penali e la platealità della condotta possano precluderne il riconoscimento.
I Fatti: la Violazione della Sorveglianza Speciale
Il caso riguarda un individuo sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale, che includeva il divieto di partecipare a pubbliche riunioni. Nonostante il divieto, l’uomo prendeva parte a un comizio tenutosi davanti al Palazzo della Regione Lombardia. A rendere la vicenda ancora più significativa è il fatto che lo stesso imputato documentava la propria partecipazione all’evento, pubblicando un filmato sulle sue storie di Instagram, rendendo la violazione pubblica e palese.
Contro la sentenza di condanna della Corte d’Appello di Milano, la difesa proponeva ricorso in Cassazione, lamentando proprio il mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando integralmente la decisione dei giudici di merito. Secondo gli Ermellini, le censure sollevate dalla difesa erano manifestamente infondate e ripetitive di argomenti già correttamente valutati e respinti in appello. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni: perché la particolare tenuità del fatto non è applicabile?
La decisione della Cassazione si fonda su due pilastri argomentativi principali che escludono la configurabilità di un fatto di lieve entità. Entrambi concorrono a delineare un quadro incompatibile con i presupposti dell’art. 131-bis c.p.
I Precedenti Penali e la Recidiva
Il primo ostacolo all’applicazione del beneficio è rappresentato dal passato giudiziario dell’imputato. La Corte sottolinea la presenza di precedenti specifici, tra cui uno commesso pochissimo tempo prima dei fatti in giudizio. Inoltre, viene menzionata una precedente condanna per la violazione di un DASPO, in cui era già stata accertata una recidiva reiterata e specifica.
Questa storia criminale, secondo i giudici, dimostra una tendenza a delinquere e un comportamento non occasionale, elemento che per legge impedisce di considerare il fatto di particolare tenuità.
La Gravità e Platealità della Condotta
Il secondo elemento, altrettanto cruciale, riguarda le modalità concrete del reato. La violazione non è stata furtiva o marginale, ma si è concretizzata in una partecipazione attiva a un comizio pubblico. La scelta di filmare la propria presenza e di pubblicarla sui social media è stata interpretata come una “plateale e grave violazione” del provvedimento di sorveglianza.
Questo comportamento dimostra un palese disprezzo per le prescrizioni dell’autorità giudiziaria e conferisce alla condotta una gravità intrinseca che va ben oltre la soglia della tenuità.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza
L’ordinanza in commento offre un’importante lezione pratica: la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto non può essere invocata come un espediente per sfuggire alle proprie responsabilità, specialmente da parte di chi ha già un curriculum criminale e agisce con aperta sfida alle regole. La valutazione del giudice non si limita al mero danno causato, ma si estende all’intera personalità dell’autore e alle modalità della sua azione. La violazione di una misura di prevenzione, amplificata dalla sua pubblicizzazione sui social network, costituisce una condotta che non può in alcun modo essere qualificata come tenue, confermando un approccio rigoroso e attento alla sostanza dei fatti.
La causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto può essere applicata a chi ha precedenti penali?
Secondo questa ordinanza, no, specialmente se i precedenti sono specifici e recenti. La Corte di Cassazione ha confermato che la presenza di una recidiva reiterata e specifica è un ostacolo all’applicazione dell’art. 131-bis c.p., in quanto indica un comportamento non occasionale.
In che modo il comportamento dell’imputato ha influenzato la decisione di negare la particolare tenuità del fatto?
Il comportamento è stato decisivo. L’imputato non solo ha violato il divieto di partecipare a pubbliche riunioni imposto dalla sorveglianza speciale, ma ha anche documentato e pubblicato la sua violazione sui social media. La Corte ha definito questa condotta ‘plateale e grave’, ritenendola incompatibile con la lieve entità richiesta dalla norma.
Qual è il principio stabilito dalla Corte di Cassazione in questo caso?
La Corte ha ribadito che la valutazione per la concessione della ‘particolare tenuità del fatto’ non deve limitarsi all’entità del danno o del pericolo, ma deve considerare l’intera condotta e la personalità dell’autore. Un comportamento che dimostra palese disprezzo per le misure giudiziarie e la presenza di precedenti specifici impediscono di considerare il fatto come di particolare tenuità.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 20981 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 20981 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a PENNE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 25/01/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Rilevato in fatto e considerato in diritto
Ritenuto che le censure dedotte nel ricorso di NOME COGNOME – nel quale il difensore si duole della violazione di legge e del vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto ai sensi dell’art. 131-bis cod. pen. – non sono consentite in sede di legittimità, i quanto manifestamente infondate, in fatto e reiterative di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dalla sentenza impugnata.
Invero, in essa la Corte di appello di Milano evidenzia che non è configurabile il fatto in termini di lieve entità non solo per i precedenti specifici, di cui uno commesso addirittura il 23 giugno 2020, di poco anteriore al fatto per cui si procede, e l’altro 30 novembre 2005, e la violazione di un DASPO dell’Il marzo 2006, accertata con sentenza che dichiarava la recidiva reiterata e specifica, ma anche per le connotazioni della condotta, documentata dal filmato postato dallo stesso imputato sulle storie di instagram, costituente una plateale e grave violazione del provvedimento di sorveglianza speciale che vietava la partecipazione a pubbliche riunioni (l’imputato partecipava ad un comizio dinanzi al Palazzo della Regione Lombardia).
Rilevato, pertanto, che il ricorso – col quale la difesa ritorna sulle modalità della condotta, sull’esiguità del pericolo e sulle differenze tra recidiva e comportamento abituale – deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 9 maggio 2024.