Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 23121 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 23121 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 29/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proCOGNOME da:
COGNOME NOME nato a CALTANISSETTA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 22/03/2023 della CORTE APPELLO di CALTANISSETTA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
NOME COGNOME ricorre, a mezzo del difensore di fiducia, avverso la sent di cui in epigrafe deducendo violazione di legge e/o vizio motivazionale in relazi al mancato riconoscimento della causa di non punibilità ex art. 131 bis cod. p e in relazione al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generich del minimo della pena. Chiede, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata.
I motivi sopra richiamati sono manifestamente infondati, in quanto assolu tamente privi di specificità in tutte le loro articolazioni e del tutto asserti
Gli stessi, in particolare, non sono consentiti dalla legge in sede di legi perché sono riproduttivi di profili di censura già adeguatamente vagliati e dis con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito, non sono scanditi da n saria critica analisi delle argomentazioni poste a base della decisione impugn sono privi della puntuale enunciazione delle ragioni di diritto giustificanti il e dei correlati congrui riferimenti alla motivazione dell’atto impugnato (sul c nuto essenziale dell’atto d’impugnazione, in motivazione, Sez. 6 n. 8700 21/1/2013, Rv. 254584; Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, R 268822, sui motivi d’appello, ma i cui principi possono applicarsi anche al ric per cassazione).
2.1. Il profilo di doglianza relativo alla mancata applicazione della cau non punibilità ex art. 131 bis cod. pen. è manifestamente infondato in quant Corte territoriale rispondendo alla specifica richiesta sul punto ha argomen mente e logicamente motivato il diniego dell’invocata causa di non punibilità la condotta dell’imputato, avuto riguardo all’elevato livello di tasso alcolem scontrato, pari ad 1,48 g/I ed alla rilevata positività dell’imputato per coca naria pari a 930 ng/ml, dovendosi tenere conto della gravità del pericolo pe pubblica incolumità rappresentato dall’essersi il COGNOME COGNOME alla guida di u colo nel grave stato di ebbrezza alcolica e di alterazione psico- fisica dovuta sunzione di sostanze stupefacenti in cui versava. Il fatto -segnalato dalla di che dalla condotta dell’imputato non siano derivati in concreto danni a person cose non è stata altrettanto logicamente ritenuta circostanza che possa indu qualificare la condotta in termini di particolare tenuità, dovendosi la situaz pericolo apprezzare in astratto e non potendosi fondatamente dubitare che lo st di grave alterazione in cui l’imputato versava, non gli consentisse di avere il controllo dei comandi dell’autovettura con conseguente esposizione a grave per colo della propria e dell’altrui incolumità personale.
N. NUMERO_DOCUMENTO GLYPH R.G.
La sentenza, dunque, si colloca nell’alveo del dictum delle Sezioni Unite di questa Corte secondo cui il giudizio sulla tenuità richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell’art. 133, co. 1, cod. pen., delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entità del danno o del pericolo (Sez. U n. 13681 del 25/2/2016, Tushaj, Rv. 266590).
2.2. Manifestamente infondato è anche il motivo in punto di diniego delle circostanze attenuanti generiche, in relazione al quale i giudici di appello hanno valutato, negativamente per l’odierno ricorrente, la mancanza di elementi positivi valutabili ai fini del riconoscimento delle stesse.
Il provvedimento impugnato appare collocarsi nell’alveo del costante dictum di questa Corte di legittimità, che ha più volte chiarito che, ai fini dell’assolvimento dell’obbligo della motivazione in ordine al diniego della concessione delle attenuanti generiche, non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (così Sez. 3, n 23055 del 23/4/2013, Banic e altro, Rv. 256172, fattispecie in cui la Corte ha ritenuto giustificato il diniego delle attenuanti generiche motivato con esclusivo riferimento agli specifici e reiterati precedenti dell’imputato, nonché al suo negativo comportamento processuale).
In caso di diniego, soprattutto dopo la specifica modifica dell’articolo 62bis c.p. operata con il d.l. 23.5.2008 n. 2002 convertito con modif. dalla I. 24.7.2008 n. 125 che ha sancito essere l’incensuratezza dell’imputato non più idonea da sola a giustificarne la concessione va ribadito che è assolutamente sufficiente, come avvenuto nel caso che ci occupa, che il giudice si limiti a dare conto in motivazione di avere ritenuto l’assenza di elementi o circostanze positive a tale fine (cfr. ex multis Sez. 4, n. 32872 del 08/06/2022, COGNOME, Rv. 283489 – 01; Sez. 3, n. 44071 del 25/09/2014, COGNOME ed altri, Rv. 260610 – 01; conf. Sez. 1, n. 39566 del 16/02/2017, COGNOME, Rv. 270986 – 01).
2.3. Anche la motivazione in punto di dosimetria della pena – che, peraltro, è stata ridotta – nel provvedimento impugnato è logica, coerente e corretta in punto di diritto (sull’onere motivazionale del giudice in ordine alla determinazione della pena cfr. Sez. 3, n. 29968 del 22/2/2019, COGNOME, Rv. 276288-01; Sez. 2, n. 36104 del 27/4/2017, COGNOME, Rv. 271243).
Va peraltro ricordato che questa Corte di legittimità ha più volte precisato che la determinazione della pena tra il minimo ed il massimo edittale rientra, tra i poteri discrezionali del giudice di merito ed è insindacabile nei casi in cui la pena sia applicata in misura media e, ancor più, se prossima al minimo, anche nel caso
in cui il giudicante si sia limitato a richiamare criteri di adeguatezza, di equità e simili, nei quali sono impliciti gli elementi di cui all’art. 133 cod. pen. (così quest Sez. 4, n. 46412 del 5/11/2015, COGNOME, Rv. 265283; Sez. 4, n. 21294 del 20/3/2013, COGNOME, Rv. 256197; conf. Sez. 2, n. 28852 dell’8/5/2013, COGNOME e altro, Rv. 256464; Sez. 3, n. 10095 del 10/1/2013, COGNOME, Rv. 255153; Sez. 2, n. 36245 del 26/6/2009, COGNOME, Rv. 245596). E ancora di recente, è stato ribadito che la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, il quale, per assolvere al relativo obbligo di motivazione, è sufficiente che dia conto dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen. con espressioni del tipo: “pena congrua”, “pena equa” o “congruo aumento”, come pure con il richiamo alla gravità del reato o alla capacità a delinquere, essendo, invece, necessaria una specifica e dettagliata spiegazione del ragionamento seguito soltanto quando la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale (Sez. 2, n. 36104 del 27/4/2017, COGNOME ed altro, Rv. 271243).
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 29/05/2024