Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 19232 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 19232 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato il 25/12/1990
avverso la sentenza del 25/09/2024 della CORTE APPELLO di TRIESTE
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
Assen COGNOME ricorre, a mezzo del difensore, avverso la sentenza di cui in epigrafe deducendo violazione di legge e vizio motivazionale con un primo motivo in relazione agli artt. 49 co. 2 cod. pen. e 73, comma 5, d.P.R. 309/1990, con un secondo motivo in relazione al mancato riconoscimento della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis cod. pen. e con un terzo motivo in relazione all’art. 62 4 cod.pen.
Quanto al primo motivo lamenta che non sia stata eseguita alcuna analisi delle sostanze sequestrate al COGNOME e al COGNOME mancando così la prova della capacità drogante della sostanza. Con il secondo motivo si duole che la Corte territoriale abbia richiamato le modalità del fatto per negare la qualificazione del fatto in termini di particolare tenuità senza però spiegare il motivo per cui le ritiene ostative e nonostante l’esiguità del dato quantitativo, il mancato dato sulla capacita drogante della sostanza e le cessioni a titolo meramente gratuito.
Con il terzo motivo lamenta che i giudici del gravame del merito abbiano ritenuto incompatibile l’attenuante di cui all’art.62 n.4 cod. pen. con l’ipotesi di cessioni a titolo gratuito o le volte in cui non è dato conoscere il prezzo di vendita della droga.
Chiede, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata.
Tutti i motivi non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità perché sono riproduttivi di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito e non sono scanditi da necessaria critica analisi delle argomentazioni poste a base della decisione impugnata e sono privi della puntuale enunciazione delle ragioni di diritto giustificanti il ricorso e d correlati congrui riferimenti alla motivazione dell’atto impugnato (sul contenuto essenziale dell’atto d’impugnazione, in motivazione, Sez. 6 n. 8700 del 21/1/2013, Rv. 254584; Sez. U, n. 3825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822, sui motivi d’appello, ma i cui principi possono applicarsi anche al ricorso per cassazione).
Ne deriva che il proposto ricorso va dichiarato inammissibile.
Il ricorrente, in concreto, non si confronta adeguatamente con la motivazione della corte di appello, che appare logica e congrua, nonché corretta in punto di diritto e pertanto immune da vizi di legittimità.
3.1. Quanto al primo motivo i giudici del gravame del merito, hanno dato infatti conto degli elementi di prova in ordine alla responsabilità del prevenuto e,
in particolare, hanno motivatamente confutato la tesi difensiva del consumo gruppo, evidenziando come che dagli atti del processo non emergano elementi dai quali sia possibile desumere l’esistenza di una delle due ipotesi in cui la giur denza di legittimità la ritiene. In particolare, il COGNOME ha riferito di esser nell’abitazione dell’imputato, all’interno della quale oltre all’imputato c’era giovani, uno dei quali è il COGNOME. Egli aveva notato che sul tavolo c’era uno nello.già confezionato che aveva fumato, prelevando poi anche un po’ di marijuana appoggiata sul tavolo. Ha altresi precisato il COGNOME che egli ha frequentato la dell’imputato ed ogni volta che vi si recava il COGNOME gli aveva offerto di f della marijuana. E anche il COGNOME ha reso dichiarazioni simili, 4 particolare ha riferito di essersi recato nell’abitazione del COGNOME e di avere notato ch tavolo c’era tutto l’occorrente per il confezionamento di uno spinello che, essere stato preparato da uno dei presenti, è stato fumato da tutti.
Nessuno dei predetti testi – si legge in sentenza – ha dunque riferito di av mai incaricato il COGNOME di acquistare dello stupefacente per il gruppo, contribu all’acquisto con una somma di denaro, tantomeno risulta che lo stupefacente con sumato m compagnia era stato acquistato da tutti i soggetti presenti, così da tegrare l’acquisto di gruppo. E’ invece emerso che lo stupefacente era già prese nell’abitazione dell’imputato che evidentemente lo aveva acquistato autonomamente, salvo poi offrire agli amici uno spinello da consumare in compagnia.
Logicamente, pertanto, la Corte territoriale ha ritenuto che non ricorre l’ipotesi del consumo di gruppo come delineata dalla richiamata Sez. 4 24102/2018, Verdoscia, Rv. 272961.
3.2. Quanto al secondo motivo di ricorso, la Corte triestina ha ritenuto che valutare gli elementi per integrare o meno la causa di non punibilità dell’art bis cod. pen. non ci fosse da tenere in considerazione solo l’effettiva mod quantità della sostanza ma anche il fatto che il COGNOME offrisse regolarmente spinelli agli amici che lo andavano a trovare ponendo in essere un’attività di crospaccio, non importa se a titolo gratuito o a pagamento. Il che l’ha porta escludere motivatamente la minima offensività del fatto.
Con ciò operando un buon governo della giurisprudenza di questa Corte di legittimità, secondo cui, in tema di stupefacenti, la fattispecie di lieve entit all’art. 73, comma 5, del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 e la causa di non puni per particolare tenuità del fatto ex art. 131-bis cod. pen. sono fattispecie s ralmente e teleologicamente non coincidenti, atteso che, mentre ai fini della cedibilità della prima il giudice è tenuto a valutare i mezzi, le modalità e le
stanze dell’azione nonché la quantità e la qualità delle sostanze stupefacenti oggetto della condotta criminosa, ai fini del riconoscimento della causa di non punibilità devono invece essere considerate le modalità della condotta, il grado di colpevolezza da esse desumibile, l’entità del danno o del pericolo, nonché il carattere non abituale della condotta (cfr. Sez. 3 n. 18155 del 16/04/2021, Diop, Rv. 281572-01 che, in applicazione del principio, ha escluso la contraddittorietà della sentenza impugnata che, a fronte del rinvenimento nella disponibilità dell’imputato di gr. 23,00 di marijuana, pari a 47 dosi complessive, aveva giudicato il fatto di lieve entità, negando la ricorrenza della causa di non punibilità di cui all’art. 131bis cod. pen.).
La sentenza, dunque, si colloca nell’alveo del dictum delle Sezioni Unite di questa Corte secondo cui il giudizio sulla tenuità richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell’art. 133, cc. 1, cod. pen., delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entità del danno o del pericolo (Sez. Un. n. 13681 del 25/2/2016, Tushaj, Rv. 266590).
3.3. Relativamente al terzo motivo di ricorso, che pure si palesa manifestamente infondato, la Corte territoriale ha ritenuto di non disporre degli elementi necessari per apprezzare la sussistenza dell’attenuante invocata in quanto per gli spinelli che condivideva solitamente con gli amici l’odierno ricorrente non chiedeva denaro, mentre per la cessione della droga non è conosciuto il prezzo di vendita che praticava. Ciò perché – diversamente da quanto pare opinare il ricorrenteoltre alle cessioni a titolo gratuito ai due amici di cui ai capi E) ed F) risulta cont stata All’odierno ricorrente, al capo D, anche la detenzione al fine di spaccio della marijuana rinvenuta in casa.
Non appare, come ci si duole, che la Corte territoriale neghi, in astratto, la compatibilità della circostanza attenuante invocata, ma piuttosto fa presente di non avere elementi in concreto per poter riconoscerla. Elementi, peraltro, che non vengono proposti nemmeno con il ricorso che ci occupa.
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo
R.G.
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P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna li ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle am
mende.
Così deciso il 13/05/2025