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Particolare tenuità del fatto: no se c’è abitualità

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per una violazione del Codice della Strada. La richiesta di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto è stata respinta a causa dell’abitualità della condotta del reo, dei suoi plurimi precedenti penali e della sua generale insofferenza alle prescrizioni dell’autorità, elementi che ostacolano il riconoscimento del beneficio.

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Pubblicato il 8 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Particolare tenuità del fatto: quando i precedenti penali la escludono

L’istituto della particolare tenuità del fatto, introdotto dall’articolo 131 bis del codice penale, rappresenta un importante strumento di deflazione processuale. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e dipende da una valutazione complessiva che il giudice deve compiere. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce come l’abitualità della condotta e i precedenti penali possano essere decisivi per negare questo beneficio, anche a fronte di un reato di per sé non grave.

I fatti del caso: dalla condanna al ricorso in Cassazione

Il caso analizzato dalla Suprema Corte riguarda un soggetto condannato in primo e secondo grado alla pena di due mesi di arresto e 1.600 euro di ammenda per una violazione del Codice della Strada, aggravata dalla recidiva nel biennio. La difesa dell’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, basandolo su un unico motivo: la violazione di legge per il mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.

Secondo il ricorrente, i giudici di merito avrebbero errato nel non applicare l’art. 131 bis c.p., che avrebbe estinto il reato. La questione posta all’attenzione della Corte era dunque se, nel caso specifico, sussistessero i presupposti per considerare l’offesa di minima entità e il comportamento dell’imputato non abituale.

La decisione sul diniego della particolare tenuità del fatto

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione della Corte d’Appello. I giudici hanno ritenuto che la valutazione operata nel merito fosse corretta e immune da vizi logici. La motivazione della Corte si concentra sui criteri che guidano il giudizio sulla tenuità, richiamando l’art. 133 del codice penale.

L’importanza dell’art. 133 c.p. nella valutazione

Per stabilire se un fatto sia di particolare tenuità, il giudice deve considerare una serie di elementi, come le modalità della condotta, il grado di colpevolezza e l’entità del danno o del pericolo. La Cassazione ribadisce un principio consolidato: non è necessario che il giudice analizzi pedissequamente tutti gli indicatori previsti dall’art. 133 c.p., ma è sufficiente che ponga a fondamento della sua decisione quelli ritenuti più rilevanti nel caso concreto. La valutazione rientra nel potere discrezionale del giudice di merito e può essere contestata in sede di legittimità solo se la motivazione è mancante o manifestamente illogica.

Abitualità della condotta e precedenti come ostacoli insormontabili

Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva negato il beneficio della particolare tenuità del fatto valorizzando elementi decisivi:

1. L’abitualità della condotta: L’imputato non era un trasgressore occasionale.
2. I plurimi precedenti penali: Il suo certificato penale dimostrava una tendenza a delinquere.
3. L’insofferenza alle prescrizioni dell’autorità: Un precedente specifico per il reato di sottrazione di cose pignorate era stato interpretato come un chiaro segnale di disprezzo per le norme e le decisioni giudiziarie.

Queste circostanze sono state considerate significative e rientranti nei parametri di valutazione dell’art. 133 c.p., delineando un profilo di pericolosità sociale incompatibile con la concessione del beneficio.

le motivazioni

Le motivazioni della Corte Suprema si fondano sulla corretta applicazione dei principi giurisprudenziali in materia di particolare tenuità del fatto. La Corte chiarisce che il giudizio sulla tenuità non è un mero calcolo matematico basato sulla pena edittale, ma una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie. Il giudice di merito ha il compito di esaminare le forme di estrinsecazione del comportamento, la gravità del reato e il bisogno di pena che ne consegue. In questo contesto, l’abitualità del comportamento e i precedenti penali non sono semplici dettagli biografici, ma indicatori concreti del grado di offensività della condotta e della personalità dell’imputato. La decisione impugnata, secondo la Cassazione, ha fatto buon governo di questi principi, fornendo una motivazione logica e coerente che non può essere messa in discussione in sede di legittimità.

le conclusioni

Questa ordinanza conferma che l’accesso alla causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto è precluso a chi manifesta una serialità nel commettere reati o un’indole non rispettosa delle regole. La valutazione non si limita al singolo episodio criminoso, ma si estende alla condotta complessiva dell’autore, come desumibile dai suoi precedenti. Per i professionisti del diritto e per i cittadini, emerge una chiara indicazione: la tenuità del fatto è un beneficio riservato a trasgressioni realmente occasionali e di minima lesività, non a chi, pur commettendo reati di per sé non gravi, dimostra una persistente inclinazione a violare la legge.

Quando può essere esclusa la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto?
Può essere esclusa quando il comportamento dell’imputato è considerato abituale. Nel caso di specie, i plurimi precedenti penali e una specifica condanna per sottrazione di cose pignorate sono stati ritenuti indicatori decisivi di abitualità e di insofferenza alle prescrizioni dell’autorità, ostacolando così l’applicazione del beneficio.

I precedenti penali di un imputato sono sufficienti a negare la particolare tenuità del fatto?
Sì, secondo questa ordinanza, i plurimi precedenti penali, valutati insieme all’abitualità della condotta, sono elementi decisivi che giustificano il diniego della causa di non punibilità, in quanto rientrano nei parametri di valutazione della gravità del reato previsti dall’art. 133 del codice penale.

Il giudice deve analizzare tutti gli elementi dell’art. 133 c.p. per decidere sulla tenuità del fatto?
No, la Corte di Cassazione ha specificato che non è necessaria una disamina di tutti gli elementi previsti dalla norma. È sufficiente che il giudice motivi la sua decisione indicando gli elementi ritenuti più rilevanti per valutare la gravità del fatto e la personalità dell’imputato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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