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Particolare tenuità del fatto: no se c’è abitualità

Un giovane condannato per spaccio di lieve entità (2 grammi di hashish) ha presentato ricorso in Cassazione chiedendo l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, stabilendo che le condanne per reati successivi a quello in esame possono essere validamente utilizzate per dimostrare l’abitualità della condotta, un elemento che osta all’applicazione dell’art. 131-bis c.p. Inoltre, ha chiarito che la qualificazione di un reato come ‘di lieve entità’ non comporta automaticamente il riconoscimento di attenuanti.

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Pubblicato il 23 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Particolare tenuità del fatto: La Cassazione chiarisce i limiti per lo spaccio lieve

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre importanti spunti di riflessione sulla particolare tenuità del fatto, specialmente in relazione ai reati di spaccio di lieve entità. La Suprema Corte ha stabilito che, per escludere la non punibilità, è legittimo valutare la personalità dell’imputato anche sulla base di condotte criminali successive a quella per cui si procede. Questa decisione sottolinea come l’abitualità del comportamento sia un criterio decisivo, prevalendo sulla sola esiguità della quantità di sostanza stupefacente.

I Fatti del Caso

Un giovane veniva condannato in primo e secondo grado per detenzione e cessione di due grammi di hashish, reato riqualificato come di lieve entità ai sensi dell’art. 73, comma 5, del Testo Unico Stupefacenti. La condanna, a sei mesi di reclusione e 4.000 euro di multa, veniva sospesa.
L’imputato veniva sorpreso dalle forze dell’ordine mentre cedeva una dose a un terzo in cambio di una banconota da dieci euro. Alla vista degli agenti, entrambi si davano alla fuga. Durante la corsa, il giovane tentava di disfarsi di un giubbino, all’interno del quale venivano poi rinvenuti altri due grammi di hashish e una somma di denaro ritenuta sproporzionata per un uso personale.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La difesa ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione basandosi su tre motivi principali:
1. Vizio di motivazione: Si contestava la logicità della ricostruzione dei fatti, sostenendo che gli elementi raccolti (tentativo di fuga, piccola somma di denaro) non provavano con certezza il ruolo di spacciatore piuttosto che di acquirente.
2. Violazione dell’art. 131-bis c.p.: Si richiedeva l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, evidenziando la minima quantità di droga, la giovane età e l’incensuratezza dell’imputato al momento dei fatti. La difesa criticava la Corte d’Appello per aver negato tale beneficio basandosi su condanne successive.
3. Mancato riconoscimento delle attenuanti: Si lamentava la mancata concessione sia dell’attenuante del danno di speciale tenuità (art. 62 n. 4 c.p.) sia delle attenuanti generiche (art. 62-bis c.p.).

Le Motivazioni della Corte di Cassazione sulla particolare tenuità del fatto

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso infondato, rigettando tutte le doglianze della difesa.

Inammissibilità della Rivalutazione dei Fatti

Sul primo motivo, la Corte ha ribadito un principio fondamentale: il giudizio di cassazione è un giudizio di legittimità, non di merito. Non è compito della Suprema Corte riesaminare le prove e sostituire la propria valutazione a quella dei giudici dei gradi precedenti. La motivazione della Corte d’Appello è stata ritenuta logica e coerente, basata sulla percezione diretta degli agenti, la fuga e il tentativo di occultamento delle prove.

L’Abitualità della Condotta Esclude la Tenuità del Fatto

Il punto centrale della decisione riguarda il secondo motivo. La Cassazione ha confermato la correttezza della decisione della Corte d’Appello di negare la particolare tenuità del fatto. L’art. 131-bis c.p. richiede due condizioni congiunte: la particolare tenuità dell’offesa e la non abitualità del comportamento.
I giudici hanno chiarito che, per valutare la non abitualità, è legittimo considerare anche le condotte successive al reato in esame. Nel caso di specie, le plurime sentenze di condanna riportate dall’imputato per fatti simili (detenzione di armi, ricettazione, spaccio), sebbene commessi dopo, hanno dimostrato una personalità incline al delitto e una condotta abituale, priva di qualsiasi effetto deterrente dalle precedenti vicende giudiziarie. Questo quadro complessivo ha reso impossibile applicare il beneficio della non punibilità.

Nessun Automatismo per le Attenuanti

Anche il terzo motivo è stato respinto. La Corte ha spiegato che la qualificazione di un fatto di spaccio come ‘lieve entità’ (art. 73, comma 5) non comporta automaticamente il riconoscimento dell’attenuante del danno di speciale tenuità (art. 62 n. 4 c.p.). Quest’ultima richiede una valutazione specifica sulla modestia del lucro e sulla gravità dell’evento. Nel caso specifico, la capacità dell’imputato di ‘reggere una piazza di spaccio’, pur con piccole quantità, è stata ritenuta incompatibile con la ‘speciale tenuità’ richiesta. Ugualmente, le attenuanti generiche sono state negate a causa della spregiudicatezza della condotta (spaccio in pieno giorno e in luogo pubblico) e dell’assenza di elementi positivi a favore dell’imputato.

Conclusioni

L’ordinanza in esame ribadisce con forza che l’istituto della particolare tenuità del fatto non è un salvacondotto automatico per i reati minori. La valutazione del giudice deve essere completa, abbracciando non solo l’episodio specifico ma anche la personalità complessiva dell’autore, desumibile anche da comportamenti successivi. Questa sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale che mira a bilanciare l’esigenza di non punire offese irrisorie con la necessità di contrastare condotte criminali seriali, anche se di modesta entità.

Quando si può escludere la particolare tenuità del fatto per un reato?
La particolare tenuità del fatto può essere esclusa quando, nonostante la minima gravità dell’offesa, il comportamento dell’autore risulta abituale. L’abitualità può essere desunta anche da condotte illecite e condanne successive a quella per cui si procede, in quanto indicatori della personalità e della propensione a delinquere del soggetto.

Un reato di spaccio qualificato come ‘lieve entità’ dà automaticamente diritto a delle attenuanti?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la qualificazione di un reato di spaccio come di ‘lieve entità’ ai sensi dell’art. 73, comma 5, d.P.R. 309/90 non comporta automaticamente il riconoscimento dell’attenuante del danno di speciale tenuità (art. 62 n. 4 c.p.). È necessaria una verifica puntuale da parte del giudice sulla modestia del lucro e sulla gravità dell’evento dannoso.

La Corte di Cassazione può riesaminare le prove e i fatti di un processo?
No, la Corte di Cassazione svolge un giudizio di legittimità, non di merito. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata, ma non può procedere a una nuova e diversa valutazione delle prove o a una ricostruzione dei fatti alternativa a quella stabilita dai giudici dei gradi precedenti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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