Particolare Tenuità del Fatto: Quando il Comportamento Abituale Esclude il Beneficio
L’istituto della particolare tenuità del fatto rappresenta una valvola di sfogo del sistema penale, volta a escludere la punibilità per reati di minima offensività. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e incontra precisi limiti. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce uno dei principali ostacoli a questo beneficio: il comportamento abituale del reo. Analizziamo come la reiterazione di condotte illecite possa precludere l’accesso a questa causa di non punibilità.
I Fatti del Caso
Un soggetto, a seguito di una condanna emessa dalla Corte d’Appello, presentava ricorso per cassazione. L’unico motivo di doglianza era incentrato sul presunto errore dei giudici di merito nel non aver riconosciuto la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. Secondo la difesa, le circostanze del reato contestato avrebbero dovuto condurre a un proscioglimento per la minima offensività della condotta.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha respinto le argomentazioni della difesa, dichiarando il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. I giudici di legittimità hanno ritenuto che la decisione della Corte d’Appello fosse pienamente corretta, logica e in linea con i principi consolidati della giurisprudenza. La condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria è stata la diretta conseguenza di questa pronuncia.
Le Motivazioni: il Comportamento Abituale come Ostacolo al Particolare Tenuità del Fatto
Il cuore della motivazione risiede nella valutazione del cosiddetto “presupposto ostativo” del comportamento abituale. La Cassazione ha spiegato che le argomentazioni con cui la Corte d’Appello aveva escluso la sussistenza dei presupposti per la tenuità del fatto erano esenti da vizi logici.
Il principio di diritto, richiamato anche attraverso una precedente sentenza (Cass. Pen. Sez. 6, n. 6551/2020), è chiaro: il comportamento è da considerarsi abituale, e quindi ostativo al beneficio, quando l’autore del reato ha commesso almeno altri due illeciti penali della stessa indole. Questo vale anche se gli altri reati sono stati commessi in un momento successivo a quello per cui si sta procedendo.
Nel caso specifico, i giudici di merito avevano accertato la presenza di due precedenti specifici a carico dell’imputato. Questa valutazione di fatto, che ha portato a qualificare la sua condotta come “abituale”, è stata ritenuta insindacabile in sede di legittimità. Di conseguenza, la presenza di questa “abitualità” ha reso impossibile l’applicazione della causa di non punibilità.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
L’ordinanza in esame ribadisce un principio fondamentale: la valutazione per il riconoscimento della particolare tenuità del fatto non si limita al singolo episodio, ma si estende alla personalità e alla condotta complessiva dell’autore. Le implicazioni pratiche sono significative:
1. Centralità dei Precedenti: La presenza di precedenti penali, specialmente se per reati della stessa indole, assume un peso determinante e può costituire un blocco insormontabile all’applicazione del beneficio.
2. Concetto di Abitualità: Viene confermata un’interpretazione rigorosa del concetto di abitualità, per la cui configurazione sono sufficienti due reati pregressi della stessa natura.
3. Limiti del Ricorso in Cassazione: La Corte Suprema non riesamina nel merito la valutazione sull’abitualità compiuta dai giudici dei gradi inferiori, a meno che questa non sia palesemente illogica o contraddittoria, cosa che non è avvenuta nel caso di specie.
In sintesi, chi aspira a ottenere il riconoscimento della tenuità del fatto deve non solo dimostrare la minima offensività della propria condotta, ma anche l’assenza di un profilo di “delinquente abituale” secondo i criteri stabiliti dalla giurisprudenza.
È possibile ottenere la non punibilità per particolare tenuità del fatto se si hanno precedenti penali?
No, se i precedenti penali configurano un “comportamento abituale”. Secondo la Corte, questo si verifica quando l’autore ha commesso almeno altri due reati della stessa indole, anche se successivi a quello per cui si procede.
Cosa si intende per “comportamento abituale” ai fini dell’esclusione della tenuità del fatto?
La Corte di Cassazione, richiamando un suo precedente orientamento, stabilisce che il comportamento abituale ricorre quando l’autore del reato ne ha commessi almeno altri due della stessa natura.
Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Come stabilito in questa ordinanza, la dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6864 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6864 Anno 2025
Presidente: IMPERIALI NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 14/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME COGNOME nato il 29/10/1991
avverso la sentenza del 07/06/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
.Ì
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME;
considerato che l’unico motivo di ricorso, con il quale si deduce il vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, è manifestamente infondato poiché le argomentazioni con cui la Corte di merito ha escluso la sussistenza dei presupposti applicativi della causa di non punibilità sono esenti da vizi logici e conformi al consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità a mente del quale il presupposto ostativo del comportamento abituale ricorre quando l’autore, anche successivamente al reato per cui si procede, abbia commesso almeno altri due reati della stessa indole (Sez. 6, n. 6551 del 09/01/2020, COGNOME, Rv. 278347), come avvenuto nella specie (si veda, in particolare, pag. 3 sulla presenza di due precedenti specifici, con giudizio, insindacabile in questa sede, di abitualità);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in data 14 gennaio 2025
Il Consi liere estensore
Il Presidente