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Particolare tenuità del fatto: no con recidiva

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 45728/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato che chiedeva l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. La Corte ha stabilito che la recidiva specifica e reiterata a carico dell’imputato è un elemento ostativo, in quanto dimostra una pericolosità criminale e un carattere abituale della condotta, incompatibili con il beneficio previsto dall’art. 131-bis del codice penale.

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Pubblicato il 14 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Particolare Tenuità del Fatto: la Cassazione Nega il Beneficio in Caso di Recidiva

L’istituto della particolare tenuità del fatto, previsto dall’articolo 131-bis del codice penale, rappresenta uno strumento fondamentale per escludere la punibilità in casi di reati minori. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e richiede un’attenta valutazione da parte del giudice. Con la recente ordinanza n. 45728 del 2024, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio cruciale: la presenza di una recidiva specifica e reiterata è un ostacolo insormontabile per il riconoscimento di tale beneficio.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Salerno. La difesa lamentava la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, sostenendo che i precedenti penali del proprio assistito fossero troppo datati per giustificare una valutazione di abitualità della condotta criminosa. L’imputato, quindi, chiedeva alla Suprema Corte di annullare la decisione dei giudici di merito e di proscioglierlo.

La Decisione della Corte e la Particolare Tenuità del Fatto

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, dichiarandolo inammissibile per manifesta infondatezza. I giudici di legittimità hanno confermato la correttezza della decisione della Corte d’Appello, la quale aveva correttamente escluso il beneficio sulla base della storia criminale dell’imputato. Secondo la Suprema Corte, il ricorso era stato formulato in termini non specifici e generici, limitandosi a contestare la valutazione dei giudici senza fornire prove concrete a sostegno della propria tesi.

Le Motivazioni

Il cuore della decisione risiede nelle motivazioni addotte dalla Corte. I giudici hanno chiarito che la particolare tenuità del fatto non può essere concessa quando la condotta dell’imputato non è occasionale. Nel caso di specie, la recidiva specifica e reiterata era stata correttamente interpretata come un chiaro indice di una ‘ingravescente pericolosità criminale’ e del ‘carattere abituale’ del comportamento illecito. Questi elementi sono, per definizione, incompatibili con i presupposti della non punibilità per tenuità del fatto.

La Corte ha inoltre precisato due importanti principi procedurali:

1. Valutazione dei criteri: Per negare il beneficio, non è necessario che il giudice analizzi in dettaglio tutti i parametri previsti dall’articolo 133 del codice penale (gravità del danno, intensità del dolo, etc.). È sufficiente che indichi gli elementi ritenuti decisivi, come, in questo caso, la recidiva qualificata.
2. Motivazione implicita: La motivazione del diniego può essere desunta anche implicitamente da altre valutazioni presenti nella sentenza, come quelle relative all’accertamento della responsabilità e alla commisurazione della pena.

Di conseguenza, la difesa dell’imputato, limitandosi a sostenere genericamente la ‘risalenza dei precedenti’ senza comprovare la propria tesi, non è riuscita a scalfire la logicità della decisione impugnata. Il ricorso è stato quindi rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Le Conclusioni

Questa ordinanza della Cassazione rafforza un orientamento consolidato: la valutazione per la concessione della particolare tenuità del fatto deve essere rigorosa e complessiva, tenendo in debita considerazione la personalità e la storia criminale dell’imputato. Un passato caratterizzato da reati ripetuti e della stessa natura è un segnale che il giudice non può ignorare, poiché indica una tendenza a delinquere che va oltre l’episodio occasionale e di minima offensività che la norma intende tutelare. La decisione serve come monito: il beneficio non è un diritto, ma una valutazione discrezionale che esclude chi manifesta un’abitualità nel commettere reati.

La recidiva specifica e reiterata impedisce l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, questa condizione è espressione di una pericolosità criminale e di un carattere abituale della condotta, elementi che sono ostativi all’applicazione del beneficio previsto dall’art. 131-bis c.p., il quale richiede l’occasionalità del comportamento.

Per negare la particolare tenuità del fatto, il giudice deve analizzare tutti i criteri dell’art. 133 del codice penale?
No. La Corte ha ribadito che non è necessaria una disamina di tutti gli elementi di valutazione, essendo sufficiente l’indicazione di quelli ritenuti rilevanti per giustificare il diniego, come ad esempio la storia criminale dell’imputato.

Cosa accade se un ricorso in Cassazione contro il diniego della particolare tenuità del fatto è considerato generico?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Se la difesa si limita a contestare la decisione in modo generico, senza comprovare le proprie argomentazioni (come nel caso di specie, dove si è solo affermato che i precedenti erano datati), la Corte lo riterrà manifestamente infondato, con conseguente condanna del ricorrente alle spese e al pagamento di una sanzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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