Particolare tenuità del fatto: quando i precedenti penali chiudono la porta
L’istituto della particolare tenuità del fatto rappresenta una valvola di sfogo del sistema penale, volta a escludere la punibilità per reati di minima entità. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e dipende da una valutazione complessiva della condotta e della personalità dell’imputato. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce come la presenza di precedenti penali specifici possa essere decisiva nel negare questo beneficio, anche quando il singolo episodio criminoso potrebbe apparire di modesta gravità. Analizziamo insieme la decisione per capire i criteri applicati dai giudici.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine da un ricorso presentato alla Corte di Cassazione da un soggetto condannato in Corte d’Appello per i reati di tentato furto (artt. 56 e 624 c.p.) e resistenza a un pubblico ufficiale (art. 337 c.p.). L’imputato, attraverso il suo difensore, ha basato il suo ricorso su un unico motivo: la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’ordinamento per i reati di lieve entità.
Il Ricorso in Cassazione e la particolare tenuità del fatto
La difesa sosteneva che il fatto commesso, considerato nella sua specificità, fosse talmente lieve da meritare l’applicazione del beneficio della non punibilità. L’obiettivo era ottenere l’annullamento della sentenza di condanna, sostenendo che la Corte d’Appello avesse errato nel non riconoscere la minima offensività del comportamento tenuto.
La richiesta, tuttavia, si scontrava con un ostacolo significativo: il passato giudiziario del ricorrente. Come vedremo, la valutazione della particolare tenuità del fatto non si limita al singolo episodio, ma si estende a considerare se il comportamento dell’autore sia o meno abituale.
Le Motivazioni
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo ‘meramente reiterativo’ delle argomentazioni già esposte e respinte nel giudizio d’appello. Secondo gli Ermellini, il ricorrente non ha adeguatamente contestato le motivazioni della sentenza impugnata, la quale aveva correttamente escluso il beneficio.
Il punto centrale della decisione risiede nella valorizzazione, da parte dei giudici di merito, di due elementi decisivi:
1. I plurimi precedenti specifici: L’imputato aveva già riportato diverse condanne per reati della stessa natura. Questo dato è stato considerato un indicatore di una tendenza a delinquere, incompatibile con il carattere ‘occasionale’ della condotta che la norma sulla tenuità del fatto presuppone.
2. Le precedenti applicazioni del beneficio: In ben due occasioni passate, al ricorrente era già stata riconosciuta la non punibilità per tenuità del fatto. Questo, secondo la Corte, dimostra ulteriormente che la sua condotta non è sporadica, ma seriale, e che continuare a concedere il beneficio si tradurrebbe in un’ingiustificata tolleranza verso comportamenti antigiuridici ripetuti.
In sostanza, la Corte ha stabilito che il comportamento dell’imputato non poteva essere considerato ‘non abituale’, condizione indispensabile per l’applicazione della causa di non punibilità.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame offre un importante insegnamento pratico: la particolare tenuità del fatto non è un ‘pass’ per reati di poco conto, ma un istituto che richiede un’attenta valutazione della personalità dell’autore del reato. La presenza di precedenti penali, soprattutto se specifici e reiterati, costituisce un elemento fortemente ostativo. La decisione ribadisce che il sistema giudiziario non può ignorare la storia criminale di un individuo nel valutare la gravità complessiva della sua condotta. Per i professionisti legali e per i cittadini, emerge chiaramente che l’accesso a questo beneficio è precluso a chi dimostra, con il proprio comportamento passato, una persistente inclinazione a violare la legge penale.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché è stato ritenuto ‘meramente reiterativo’, ovvero si è limitato a ripetere le stesse argomentazioni già presentate in appello, senza confrontarsi adeguatamente con le motivazioni della sentenza impugnata.
La presenza di precedenti penali impedisce sempre l’applicazione della particolare tenuità del fatto?
Secondo questa ordinanza, la presenza di plurimi precedenti penali specifici, unita al fatto che il beneficio era già stato concesso in passato, è un elemento decisivo che impedisce di considerare il comportamento come ‘non abituale’ e, di conseguenza, osta all’applicazione della particolare tenuità del fatto.
Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 9867 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 9867 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il 23/03/1976
avverso la sentenza del 14/06/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
NOME
RG 33405/24 – YERITSYAN Artak
OSSERVA
Visti gli atti e la sentenza impugnata (condanna per il reato di cui agli artt. 56, 624 e 337 cod. pen.);
esaminato l’unico motivo di ricorso, che lamenta la mancata applicazione della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto;
ritenuto tale motivo risulta meramente reiterativo dell’atto di appello e non si confronta adeguatamente con la sentenza impugnata, la quale ha correttamente valorizzato, in senso ostativo al beneficio, i plurimi precedenti specifici del ricorrente e le due precedenti sentenze in cui era stata riconosciuta la causa di non punibilità;
ritenuto che il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 07/02/2025