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Particolare tenuità del fatto: no al furto in casa

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per furto in abitazione. La Corte ha stabilito che la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto non si applica in questo caso, poiché la violazione della sfera intima della vittima e la lesione della fiducia prevalgono sul modesto valore economico del furto. È stata inoltre respinta l’eccezione di prescrizione, confermando il corretto calcolo dei termini da parte dei giudici di merito.

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Pubblicato il 12 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Particolare tenuità del fatto: Non si Applica al Furto in Abitazione con Violazione della Fiducia

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, ha ribadito un principio fondamentale in materia di reati contro il patrimonio: la non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131 bis del codice penale, non può essere concessa quando il furto in abitazione comporta una grave lesione della sfera intima e della fiducia della vittima. Questa pronuncia chiarisce come la valutazione della gravità del reato non possa limitarsi al solo danno economico.

I Fatti del Caso: un Furto tra Conoscenti

Il caso trae origine da una condanna per furto in abitazione (art. 624 bis c.p.). L’imputato si era introdotto nell’abitazione di un conoscente, impossessandosi di una somma di denaro pari a 570 euro. Condannato sia in primo grado che in appello, l’imputato ha presentato ricorso per cassazione, basandolo su due motivi principali: l’avvenuta prescrizione del reato e l’erronea mancata applicazione della causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La difesa ha articolato il ricorso su due fronti distinti, uno di natura procedurale e l’altro di merito.

La Questione della Prescrizione del Reato

L’imputato sosteneva che il termine massimo di prescrizione fosse decorso prima della sentenza d’appello. La sua tesi si fondava su un presunto errore nel calcolo dei periodi di sospensione, in particolare quelli legati all’emergenza pandemica, che a suo dire erano stati conteggiati in eccesso.

La Richiesta di Applicazione della Particolare Tenuità del Fatto

Il secondo motivo, di maggiore interesse sostanziale, contestava la decisione della Corte d’Appello di non riconoscere la particolare tenuità del fatto. La difesa evidenziava una presunta contraddizione: il giudice di primo grado aveva concesso le attenuanti generiche e la sospensione condizionale della pena proprio in virtù della modesta gravità del fatto e del basso valore economico del bottino. Secondo il ricorrente, questi stessi elementi avrebbero dovuto condurre al riconoscimento della non punibilità ai sensi dell’art. 131 bis c.p.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo entrambe le censure con argomentazioni chiare e precise.

Il Calcolo della Prescrizione: Nessun Errore

Sul primo punto, i giudici hanno ricalcolato meticolosamente i termini. Hanno confermato che, anche escludendo i periodi di sospensione controversi legati alla pandemia, il termine massimo di prescrizione (pari a sette anni e sei mesi) non era ancora maturato al momento della pronuncia d’appello. Il motivo è stato quindi ritenuto manifestamente infondato.

Furto in Abitazione e Particolare Tenuità del Fatto: un Binomio Difficile

La Corte ha dedicato la parte centrale della sua motivazione alla questione della particolare tenuità del fatto. Ha sottolineato che la valutazione richiesta dall’art. 131 bis c.p. è diversa e più complessa rispetto a quella per la concessione delle attenuanti (art. 133 c.p.). Sebbene il danno patrimoniale fosse modesto, la condotta presentava peculiarità tali da escluderne la tenuità.

Il fattore decisivo è stato individuato nella violazione della sfera più intima della persona offesa, l’abitazione, aggravata dal fatto che l’autore del reato era una persona che godeva della fiducia della vittima. Questa lesione del rapporto fiduciario e l’intrusione in uno spazio privato e protetto costituiscono un’offesa che, per sua natura, non può essere considerata ‘tenue’, indipendentemente dall’entità del profitto illecito.

Conclusioni

La sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale rigoroso: nel valutare la particolare tenuità del fatto, il giudice deve considerare tutte le sfaccettature della condotta, non solo l’aspetto economico. Per il reato di furto in abitazione, la violazione del domicilio e del legame di fiducia rappresentano elementi di disvalore che superano la modesta entità del danno patrimoniale, rendendo inapplicabile la causa di non punibilità. La decisione finale è stata quindi la dichiarazione di inammissibilità del ricorso, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al risarcimento in favore della parte civile.

Quando si può escludere la non punibilità per particolare tenuità del fatto in un furto in abitazione?
La non punibilità può essere esclusa quando, nonostante il modesto danno economico, la condotta lede in modo significativo la sfera intima della vittima. In questo caso, l’intrusione nell’abitazione da parte di una persona che godeva della fiducia della parte offesa è stata considerata una peculiarità della condotta tale da giustificare l’esclusione del beneficio.

La concessione delle attenuanti generiche implica automaticamente il riconoscimento della particolare tenuità del fatto?
No. La Corte ha chiarito che la valutazione per la concessione delle attenuanti (basata sull’art. 133 c.p.) è distinta da quella per la particolare tenuità del fatto (art. 131 bis c.p.). Elementi che giustificano le attenuanti, come il modesto disvalore economico, possono non essere sufficienti a rendere il fatto ‘tenue’, specialmente in presenza di altre circostanze aggravanti come la violazione del domicilio.

Come ha risolto la Corte la questione della prescrizione?
La Corte ha riesaminato il calcolo del termine di prescrizione. Ha stabilito che, anche senza considerare i periodi di sospensione legati all’emergenza pandemica contestati dalla difesa, il termine massimo di sette anni e sei mesi non era ancora decorso alla data della sentenza d’appello. Pertanto, ha concluso che il reato non era prescritto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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