Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 32745 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 32745 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a PIAZZA ARMERINA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 11/12/2024 della CORTE APPELLO di CALTANISSETTA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
1. NOME COGNOME ricorre, a mezzo del proprio difensore di fiducia, avverso la sentenza in epigrafe lamentando vizio motivazionale e violazione di legge in punto di mancata applicazione dell’art. 131bis cod. pen. e al diniego delle circostanze attenuanti generiche, chiedendo, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata.
2. Il ricorso è inammissibile.
I motivi proposti, infatti, non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità, in quanto afferiscono al trattamento punitivo benché sorretto da sufficiente e non illogica motivazione e da adeguato esame delle deduzioni difensive
2.1 Ed invero il profilo di doglianza relativo alla mancata applicazione della causa di non punibilità ex art. 131bis cod. pen. è manifestamente infondato in quanto la Corte territoriale, pronunciando quale giudice del rinvio dopo l’annullamento limitatamente a tale punto disposto da questa Corte di legittimità con la sentenza 33100/24, rispondendo alla specifica richiesta sul punto ha argomentatamente e logicamente motivato il diniego dell’invocata causa di non punibilità rilevando come la condotta addebitata al COGNOME, rilevante ai sensi dell’art. 55 quinquies D.Igs. 165/2001. per aver attestato falsamente, quale dipendente del comune di Valguarnera Caropepe, con modalità fraudolenta, consistita nell’effettuare la timbratura del cartellino marcatempo (badge), la sua presenza in servizio presso il luogo di lavoro, mentre si trovava presso la sua abitazione, non potesse dirsi connotata da minima offensività come vorrebbe la lettera dell’art. 131 bis cod. pen.
Ciò sul rilievo della spregiudicatezza mostrata dall’imputato nella commissione dell’illecito il quale, nonostante l’attivazione del sistema di timbratura elettronica, in dotazione all’ufficio presso il quale era alle dipendenze ed attestante la sua presenza nel luogo di lavoro, era rimasto fuori dalla sede lavorativa non solo per un arco di tempo assolutamente rilevante, ovvero quanto meno tra le ore 8,27 e le 09:30 del 12 luglio 2017, ma addirittura, pur consapevole del fatto che la sua presenza era stata percepita dai militari che avevano eseguito una perquisizione all’interno della sua abitazione, alle successive 12:30 attestava l’uscita dal lavoro come se questo si fosse svolto senza soluzione di continuità.
Si tratta di una condotta che, indipendentemente dal quantum di tempo lavorativo attestato falsamente, è stata motivatamente ritenuta connotata da una rilevantissima offensività, perché realizzata non solo in spregio alle norme dell’amministrazione datrice di lavoro e delle norme penali, ma addirittura nella più totale
incuranza che la condotta illecita perpetrata fosse stata percepita dagli operanti di p.g. intervenuti quella mattina presso la sua abitazione.
La sentenza, impugnata, peraltro, si è confrontata, confutandola, con la deduzione difensiva secondo la quale l’imputato si sarebbe allontanato momentaneamente dal posto di lavoro in ragione della perquisizione effettuata presso la propria abitazione perquisizione che aveva condotto all’arresto del figlio -, considerato che il COGNOME era stato visto nella INDIRIZZO e quindi fuori dal luogo di lavoro già prima che la stessa perquisizione avesse inizio (e precisamente alle ore 8,27) e pertanto in un orario in cui era certamente inconsapevole di quanto di li a poco stava per accadere.
La Corte nissena dà anche atto che neppure può ritenersi che il danno cagionato dal COGNOME sia di minima entità, considerato che al di là della retribuzione illegittimamente percepita per non aver lavorato, la platealità dell’assenza dell’imputato dal posto di lavoro, pure percepita dagli operanti di p.g., ha certamente cagionato un danno all’immagine del Comune di Valguarnera non indifferente e che restituisce l’effigie di un ente territoriale non in grado di garantire la presenza al lavoro dei propri dipendenti.
Tali circostanze -è la conclusione che si legge in sentenza – depongono inequivocabilmente per una maggiore offensività della condotta che, in uno al comportamento del COGNOME successivo al reato, impongono l’esclusione nel caso di specie dell’art. 131 bis cod. pen.
Viene anche rilevato che l’imputato non ha ritenuto di sottoporsi ad esame nel contraddittorio delle parti, anche per giustificare la propria condotta, non ha mostrato alcun sintomo di resipiscenza in relazione all’illecito realizzato ed è gravato da un precedente penale definitivo per il quale ha riportato una condanna alla pena di giorni 16 di reclusione ed euro 206,58 di multa (v. certificato del casellario giudiziale in atti). E che deve considerarsi, ad aggravare l’offensività della condotta, che nel presente procedimento il COGNOME ha riportato condanna anche per il connesso reato di truffa di cui al capo B), avendo realizzato con la condotta incriminata ben due fattispecie delittuose.
La sentenza, dunque, si colloca nell’alveo del dictum delle Sezioni Unite di questa Corte secondo cui il giudizio sulla tenuità richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell’art. 133, co. 1, cod. pen., delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entità del danno o del pericolo (Sez. Un. n. 13681 del 25/2/2016, Tushaj, Rv. 266590).
S.COGNOME ricordano che «la nuova normativa non si interessa della condotta tipica, bensì ha riguardo alle forme di estrinsecazione del comportamento, al fine di valutarne complessivamente la gravità, l’entità del contrasto rispetto alla legge
e conseguentemente il bisogno di pena. Insomma, si è qui entro la distinzione tra fatto legale, tipico, e fatto storico, situazione reale ed irripetibile costituita da tu gli elementi di fatto concretamente realizzati dall’agente».
Va peraltro ricordato che, ai fini dell’applicabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis cod. pen., i giudizio sulla tenuità dell’offesa dev’essere effettuato con riferimento ai criteri di cui all’art. 133, comma primo, cod. pen., ma non è necessaria la disamina di tutti gli elementi di valutazione previsti, essendo sufficiente l’indicazione di quelli ritenuti rilevanti (così Sez. 7, Ordinanza n. 10481 del 19/01/2022, Deplano, Rv. 283044 – 01 che ha ritenuto corretta la mancata applicazione della causa di esclusione della punibilità in conseguenza di lesioni stradali provocate dalla guida di un veicolo sprovvisto di assicurazione; conf. Sez. 6, n. 55107 del 08/11/2018, COGNOME, Rv. 274647 – 01 che, in motivazione, ha ritenuto corretta la mancata applicazione di tale causa di esclusione della punibilità in conseguenza della fuga dell’imputato subito dopo il fatto, senza che ciò si ponga in contrasto con la concessione delle attenuanti generiche, giustificata dalla successiva condotta processuale del predetto).
2.2. Manifestamente infondato è anche il morivo relativo al diniego delle circostanze attenuanti generiche, che la Corte nissena ha fondato sul rilievo che nella fattispecie in esame, oltre alle già riferite gravi modalità della condotta addebitata, non sono emersi elementi positivi che giustifichino un’attenuazione della pena irrogata anche in considerazione del fatto che il COGNOME non è un soggetto incensurato e non ha dimostrato, né con la propria condotta processuale, né tantomeno successivamente, attraverso condotte riparatorie, alcun sintomo di resipiscenza per i delitti perpetrati.
Il provvedimento impugnato appare collocarsi nell’alveo del costante dictum di questa Corte di legittimità, che ha più volte chiarito che, ai fini dell’assolvimento dell’obbligo della motivazione in ordine al diniego della concessione delle attenuanti generiche, non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (così Sez. U., n. 27727 del 14/12/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 286581 – 01, 02 e 03 a pag. 48 della motivazione, Sez. 3, n. 2233 del 17/06/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282693 – 01; Sez. 3, n. 23055 del 23/4/2013, RAGIONE_SOCIALE e altro, Rv. 256172-01, fattispecie in cui la Corte ha ritenuto giustificato il diniego delle attenuanti generiche motivato con esclusivo riferimento agli specifici e reiterati precedenti dell’imputato, nonché al suo negativo comportamento processuale; Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, NOME, Rv. 259899-01; Sez. 6, n. 34364 del 16/06/2010, COGNOME, Rv.
248244-01; Sez. 3 – n. 2233 del 17/06/2021, dep. 2022, Rv. 282693 – 01). Pacifico, infine, è che il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente motivato dal giudice con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo, a maggior ragione dopo la riforma dell’art. 62-bis, disposta con il d.l. 23 maggio 2008, n. 92, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 125, per effetto della quale, ai fini della concessione della diminuente, non è più sufficiente il solo stato di incensuratezza dell’imputato (Sez. 4, n. 32872 del 08/06/2022, COGNOME, Rv. 283489 – 01) e che il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente motivato dal giudice con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo” (cfr. Sez. 1, n. 39566 del 16/02/2017, Rv. 270986 – 01; Sez. 3, n. 54179 del 17/07/2018 D. Rv. 275440 – 01).
Ancora di recente si è ribadito che, al fine di ritenere o escludere le circostanze attenuanti generiche il giudice può limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall’art. 133 cod. pen., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicché anche un solo elemento attinente alla personalità del colpevole o all’entità del reato ed alle modalità di esecuzione di esso può risultare all’uopo sufficiente (Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, COGNOME, Rv. 279549 – 02).
In tema di attenuanti generiche, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purché sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell’art. 133 cod. pen., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell’esclusione. (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Pettinelli, Rv. 271269 – 01Nella specie, la Corte ha ritenuto sufficiente, ai fini dell’esclusione delle attenuanti generiche, il richiamo in sentenza ai numerosi precedenti penali dell’imputato).
Va ricordato che questa Corte di legittimità ha anche chiarito che, con un indirizzo assolutamente prevalente, che è legittima in tali casi la doppia valutazione dello stesso elemento (ad esempio la gravità della condotta) purché operata a fini diversi, come possono essere il riconoscimento del fatto di lieve entità, la determinazione della pena base, o la concessione ed il diniego delle circostanze attenuanti generiche (cfr. ex multis Sez. 2, n. 24995 del 14/5/2015, Rv. 264378; Sez. 2, n. 933 dell’11/10/2013 dep 2014, Rv. 258011; Sez. 4, n. 35930 del 27/6/2002, Rv. 222351).
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna di parte ricorrente
al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 17/09/2025