Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 26242 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 26242 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a DECIMOPUTZU il 05/07/1949
avverso la sentenza del 12/12/2023 del TRIBUNALE di ORISTANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Motivi della decisione
NOME COGNOME ricorre, a mezzo del difensore, avverso la sentenza di cui in epigrafe deducendo, con un unico motivo, vizio motivazionale in relazione al mancato riconoscimento della causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto ex art. 131-bis cod. pen. Lamenta in particolare che la sentenza pronunciata in sede di rinvio abbia solo ribadito i motivi della precedente sentenza di primo grado che peraltro era stata annullata con rinvio da questa Corte di legittimità per motivazione carente relativamente alla causa di esclusione della punibilità del fatto.
Chiede, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata.
Il motivo sopra richiamato è manifestamente infondato, in quanto si deducono difetto o contraddittorietà e/o palese illogicità della motivazione, che la lettura del provvedimento impugnato dimostra, invece, essere esistente e connotata da lineare e coerente logicità, conforme all’esauriente disamina dei dati probatori;
Ne deriva che il proposto ricorso va dichiarato inammissibile.
Il ricorrente, in concreto, non si confronta adeguatamente con la motivazione del provvedimento impugnato, che appare logica e congrua, nonché corretta in punto di diritto e pertanto immune da vizi di legittimità, in quanto si è dat ampiamente conto, diversamente da quella in precedenza annullata, degli elementi su cui il giudice sardo ha fondato il diniego del riconoscimento della causa di non punibilità ex art. 131 bis cod. pen. (sent. imp. pag 3).
Il Tribunale di Oristano, infatti, dopo avere sottolineato che l’abbattimento del cinghiale arreca un danno alla fauna selvatica, che costituisce patrimonio indisponibile dello Stato ed è tutelata perciò nell’interesse della comunità nazionale ed internazionale, si è soffermato, valutandolo negativamente ai fini richiesti, sull’orario notturno in cui l’imputato ha praticato la caccia, orario vietato, in quant l’esercizio della caccia è regolato anche negli orari dalla Legge 157/1992, vista la pericolosità della medesima attività.
Il giudice ha evidenziato come la pratica della caccia in orario notturno sia estremamente pericolosa per la propria e l’altrui incolumità, motivo per cui la legge sopra detta ne consente lo svolgimento da un’ora prima del sorgere del sole fino al tramonto.
Inoltre la pratica della caccia in orario notturno, per via della scarsa visibilit pregiudica anche la fauna selvatica violando ulteriormente la legge 157/1992.
Altro elemento preso in considerazione ai fini del diniego della causa di esclusione della punibilità è stato l’elevato numero di cartucce possedute dal Suella, 59,
oltre quelle contenute nella cartuccera, elemento che è stato logicamente ritenuto denotare l’intendimento di sparare (e cacciare) più animali possibili nel corso della notte, aumentando il rischio anche per l’incolumità delle persone, e quindi la gravità della condotta dell’imputato.
In aggiunta, è stato posto l’accento sul fatto che l’imputato ha abusato del titolo di polizia di cui risultava titolare, utilizzando l’arma al di fuori dei casi sentiti dalla legge e quindi leciti e che nel cacciare il cinghiale, attività già vieta ha utilizzato una munizione spezzata (pallettoni) mentre per legge gli ungulati possono essere abbattuti solo con munizione a palla.
Tali condotte sono state logicamente ritenute indicative di una personalità incline a delinquere e una certa propensione alla violazione delle regole poste a presidio del corretto e lecito funzionamento delle armi e, dunque, tutti insieme considerati, tali elementi sono stati ritenuti ostativi alla richiesta di valutare il f come di particolare tenuità.
La sentenza impugnata, dunque, si colloca nell’alveo del dictum delle Sezioni Unite di questa Corte secondo cui il giudizio sulla tenuità richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell’art. 133, co. 1, cod. pen., delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entità del danno o del pericolo (Sez. Un. n. 13681 del 25/2/2016, Tushaj, Rv. 266590).
S.U. Tushai ricordano che «la nuova normativa non si interessa della condotta tipica, bensì ha riguardo alle forme di estrinsecazione del comportamento, al fine di valutarne complessivamente la gravità, l’entità del contrasto rispetto alla legge e conseguentemente il bisogno di pena. Insomma, si è qui entro la distinzione tra fatto legale, tipico, e fatto storico, situazione reale ed irripetibile costituita da t gli elementi di fatto concretamente realizzati dall’agente».
Va peraltro ricordato che, ai fini dell’applicabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis cod. pen., giudizio sulla tenuità dell’offesa dev’essere effettuato con riferimento ai criteri di cui all’art. 133, comma 1, cod. pen., ma non è necessaria la disamina di tutti gli elementi di valutazione previsti, essendo sufficiente l’indicazione di quelli ritenuti rilevanti (così Sez. 7, Ordinanza n. 10481 del 19/01/2022, Deplano, Rv. 283044 01 che ha ritenuto corretta la mancata applicazione della causa di esclusione della punibilità in conseguenza di lesioni stradali provocate dalla guida di un veicolo sprovvisto di assicurazione; conf. Sez. 6, n. 55107 del 08/11/2018, COGNOME, Rv. 274647 – 01 che, in motivazione, ha ritenuto corretta la mancata applicazione di tale causa di esclusione della punibilità in conseguenza della fuga dell’imputato subito dopo il fatto, senza che ciò si ponga in contrasto con la concessione delle
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attenuanti generiche, giustificata dalla successiva condotta processuale del pre- detto).
5. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissi-
bilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della san-
zione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle am-
mende.
Così deciso il 08/07/2025