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Particolare tenuità del fatto: no al beneficio per reati

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato, confermando la non applicabilità della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (Art. 131-bis c.p.). La decisione si fonda sui numerosi precedenti penali specifici dell’imputato per reati contro il patrimonio, che dimostrano un comportamento abituale, condizione ostativa al riconoscimento del beneficio.

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Pubblicato il 18 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Particolare tenuità del fatto: no al beneficio per chi delinque abitualmente

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale in materia di non punibilità: il beneficio della particolare tenuità del fatto, previsto dall’articolo 131-bis del codice penale, non può essere concesso a chi dimostra una tendenza a delinquere. La presenza di numerosi precedenti penali specifici, infatti, configura un comportamento abituale che è di per sé ostativo all’applicazione della norma. Analizziamo insieme la decisione e le sue implicazioni.

I fatti del caso e il ricorso in Cassazione

Il caso nasce dal ricorso presentato da un imputato contro una sentenza della Corte d’Appello che aveva negato l’applicazione dell’art. 131-bis c.p. La difesa sosteneva che i giudici di merito avessero errato nel non riconoscere la particolare tenuità del fatto commesso, lamentando una violazione di legge e un vizio di motivazione. L’imputato sperava di ottenere così l’esclusione della punibilità per il reato contestatogli.

La questione della particolare tenuità del fatto e l’abitualità

Il cuore della questione giuridica ruota attorno ai presupposti per l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. Questa norma è stata introdotta per ragioni di proporzionalità ed economia processuale, al fine di escludere la sanzione penale per reati che, pur essendo formalmente illeciti, risultano concretamente di minima offensività. Tuttavia, il legislatore ha previsto delle condizioni ostative, tra cui il “comportamento abituale” del reo. La Corte di Cassazione era quindi chiamata a valutare se la Corte d’Appello avesse correttamente interpretato questo concetto alla luce della storia criminale dell’imputato.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo la decisione dei giudici di merito pienamente legittima e correttamente motivata. I giudici hanno sottolineato come l’imputato annoverasse “numerosi precedenti penali specifici”, tra cui tre condanne per furto e altre per reati contro il patrimonio.

Questi precedenti, puntualmente richiamati nella sentenza impugnata, sono stati considerati sufficienti a rendere manifesta la “ricorrenza del carattere abituale della condotta”. Tale abitualità, secondo la Corte, è un ostacolo insormontabile al riconoscimento del beneficio. Viene richiamata una precedente sentenza (n. 26813/2016) che chiarisce come l’art. 131-bis non possa applicarsi quando l’imputato abbia commesso più reati della stessa indole. In questi casi, la stessa norma impone di considerare il “fatto” nella sua “dimensione plurima”, effettuando una valutazione complessiva che fa perdere di rilevanza la potenziale tenuità dei singoli episodi. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della Cassa delle ammende.

Le conclusioni e le implicazioni pratiche

Questa ordinanza consolida l’orientamento giurisprudenziale secondo cui la valutazione per la concessione della particolare tenuità del fatto non può limitarsi al singolo episodio criminoso, ma deve estendersi alla personalità e alla condotta complessiva dell’autore del reato. La presenza di precedenti penali specifici e ripetuti nel tempo è un indicatore forte di un’inclinazione a delinquere che il sistema giuridico non intende premiare con un’esclusione della punibilità. Per gli operatori del diritto, ciò significa che l’invocazione dell’art. 131-bis richiede un’attenta analisi del certificato penale del proprio assistito, poiché la sussistenza di un “comportamento abituale” rende di fatto impraticabile questa via difensiva.

Quando non si applica il beneficio della particolare tenuità del fatto?
Secondo la decisione, il beneficio non si applica quando la condotta dell’imputato ha carattere abituale, come dimostrato dalla presenza di numerosi precedenti penali per reati della stessa indole.

Perché i precedenti penali dell’imputato sono stati considerati rilevanti in questo caso?
Perché le sue numerose condanne specifiche per furto e altri reati contro il patrimonio hanno reso manifesta la ricorrenza e l’abitualità della sua condotta, una condizione che per legge osta al riconoscimento del beneficio della particolare tenuità del fatto.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma pecuniaria (in questo caso, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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