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Particolare tenuità del fatto: no a reati permanenti

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per invasione di terreni pubblici. Il ricorrente chiedeva l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.), ma la Corte ha ribadito che tale beneficio non può essere concesso per i reati di natura permanente fino a quando la condotta illecita non sia definitivamente cessata.

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Pubblicato il 13 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Particolare Tenuità del Fatto: Inapplicabile ai Reati Permanenti

L’istituto della particolare tenuità del fatto, introdotto dall’art. 131-bis del codice penale, rappresenta un importante strumento di deflazione processuale, escludendo la punibilità per fatti di reato considerati di minima offensività. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e incontra precisi limiti. Con l’ordinanza n. 14575 del 2024, la Corte di Cassazione torna a pronunciarsi su uno di questi limiti, chiarendo l’incompatibilità tra questo beneficio e i reati di natura permanente, almeno fino a quando la condotta illecita perdura.

I Fatti del Caso e il Ricorso in Cassazione

Il caso analizzato dalla Suprema Corte trae origine dal ricorso presentato da un soggetto condannato dalla Corte d’Appello di Messina per il reato di invasione di terreni pubblici. L’imputato ha basato il suo unico motivo di ricorso sulla violazione di legge e sul vizio di motivazione, lamentando la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.

Secondo la difesa, la Corte territoriale avrebbe errato nel negare il beneficio, senza considerare adeguatamente la scarsa gravità della condotta. Il ricorso mirava quindi a ottenere un annullamento della condanna proprio in virtù dell’applicazione dell’art. 131-bis c.p.

Il Reato Permanente e il Limite alla Particolare Tenuità del Fatto

Il fulcro della decisione della Cassazione risiede nella natura del reato contestato. L’invasione di terreni è un ‘delitto permanente’, ovvero un reato la cui offesa al bene giuridico tutelato si protrae nel tempo per effetto della volontà dell’agente e non si esaurisce in un singolo momento.

La Corte, richiamando un suo precedente orientamento (Cass. n. 16363/2019), stabilisce un principio giuridico netto: la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto non può trovare applicazione per i reati permanenti fino a quando la permanenza non sia cessata. In altre parole, finché l’imputato continua a mantenere l’occupazione illecita del terreno pubblico, la sua condotta non può essere considerata ‘tenue’, poiché l’offesa è attuale e continua.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso ‘manifestamente infondato’ e, di conseguenza, inammissibile. I giudici hanno ritenuto che la Corte d’Appello avesse correttamente negato l’applicazione dell’art. 131-bis con argomentazioni logiche e giuridicamente corrette.

Inoltre, la Corte ha specificato che, ai fini della valutazione sulla tenuità, il giudice deve fare riferimento ai criteri dell’art. 133, primo comma, del codice penale (gravità del danno, intensità del dolo, etc.). Tuttavia, non è necessaria una disamina analitica di tutti gli elementi, essendo sufficiente l’indicazione di quelli ritenuti più rilevanti per la decisione. Nel caso di specie, la natura permanente del delitto era di per sé un elemento ostativo e sufficiente a giustificare il diniego del beneficio.

Le Conclusioni

La decisione finale è stata la dichiarazione di inammissibilità del ricorso, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende. Questa pronuncia ribadisce con forza che non si può invocare la scarsa gravità di un fatto illecito mentre lo si sta ancora commettendo. Per i reati permanenti, la condizione imprescindibile per poter anche solo valutare l’applicazione della particolare tenuità del fatto è la cessazione della condotta antigiuridica. La sentenza offre quindi un’indicazione chiara per la difesa e rafforza la logica di un istituto pensato per fatti conclusi e di modesta entità, non per situazioni illecite ancora in corso.

È possibile applicare la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto a un reato permanente come l’invasione di terreni pubblici?
No. L’ordinanza stabilisce che per i reati permanenti, la causa di non punibilità non può essere applicata fino a quando la condotta illecita, ovvero la ‘permanenza’, non sia cessata.

Per negare l’applicazione della particolare tenuità del fatto, il giudice deve analizzare tutti i criteri dell’art. 133 del codice penale?
No, non è necessario. Secondo la Corte, è sufficiente che il giudice indichi gli elementi di valutazione che ha ritenuto rilevanti per escludere la tenuità dell’offesa, senza doverli esaminare tutti in modo analitico.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione basato su questo motivo viene ritenuto ‘manifestamente infondato’?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Di conseguenza, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro (in questo caso, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver proposto un ricorso senza fondamento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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