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Particolare tenuità del fatto: no a 47 animali protetti

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza di assoluzione per particolare tenuità del fatto nei confronti di un imputato trovato in possesso di 47 ghiri congelati, una specie protetta. La Suprema Corte ha ritenuto che il Tribunale di primo grado avesse fornito una motivazione solo apparente, senza valutare concretamente la gravità del fatto, resa evidente dall’elevato numero di animali illegalmente detenuti.

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Pubblicato il 29 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Particolare Tenuità del Fatto: Non si Applica per la Detenzione di 47 Animali Protetti

L’istituto della particolare tenuità del fatto, introdotto dall’articolo 131-bis del codice penale, rappresenta un importante strumento di deflazione processuale, consentendo di non punire condotte illecite che risultino di minima offensività. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e richiede una valutazione attenta da parte del giudice. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 4781/2024) ha chiarito che il numero elevato di esemplari di una specie protetta illegalmente detenuti o ricevuti osta a tale beneficio, annullando un’assoluzione proprio per questo motivo.

I Fatti: 47 Ghiri Congelati e un’Assoluzione Contestata

Il caso trae origine da un procedimento a carico di un individuo imputato per i reati di ricettazione (art. 648 c.p.) e detenzione di animali di specie protetta (art. 727-bis c.p. e legge sulla caccia n. 157/1992). A seguito di una perquisizione domiciliare, l’imputato era stato trovato in possesso di 47 ghiri congelati. I ghiri sono una specie selvatica protetta la cui caccia non è consentita.

Nonostante la gravità dei fatti contestati, il Tribunale di primo grado aveva assolto l’imputato applicando la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, ritenendo il danno “esiguo”.

Il Ricorso del Pubblico Ministero e la questione della particolare tenuità del fatto

Il Pubblico Ministero, ritenendo errata la decisione del Tribunale, ha proposto ricorso diretto in Cassazione (cosiddetto ricorso per saltum). La Procura ha lamentato la violazione di legge e la totale mancanza di motivazione in merito all’applicabilità dell’art. 131-bis c.p. A suo avviso, l’elevato numero di animali, appartenenti a una specie la cui caccia è penalmente sanzionata, escludeva in radice la possibilità di considerare il fatto di lieve entità.

Perché un fatto possa essere considerato di “particolare tenuità”, il giudice deve valutare positivamente tutti i criteri indicati dalla norma: le modalità della condotta, la natura dell’offesa e l’esiguità del danno. La valutazione negativa anche di uno solo di questi elementi impedisce l’applicazione dell’istituto.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso del Pubblico Ministero, annullando la sentenza di assoluzione e rinviando il caso alla Corte di Appello competente per un nuovo giudizio.

Le Motivazioni: la “Motivazione Apparente” del Giudice di Primo Grado

Il cuore della decisione della Cassazione risiede nella censura mossa alla motivazione della sentenza di primo grado. I giudici di legittimità hanno stabilito che la motivazione del Tribunale era meramente “apparente”. Affermare che il danno fosse “esiguo” in modo apodittico, ovvero senza alcuna argomentazione specifica e senza confrontarsi con l’elemento centrale del caso – la ricezione e detenzione di un numero così elevato di animali protetti – equivale a un’assenza totale di motivazione. Questo vizio si traduce in una violazione di legge (art. 125 c.p.p.), rendendo ammissibile il ricorso della Procura.

La Corte ha sottolineato che il giudizio sulla particolare tenuità del fatto richiede un’analisi concreta e completa di tutte le componenti della fattispecie. Nel caso specifico, il Tribunale ha omesso qualsiasi riferimento al dato numerico, che è invece un indice inequivocabile della gravità della condotta e dell’offesa al bene giuridico tutelato, ovvero la fauna selvatica.

Le Conclusioni: Quando un Danno Non è “Esiguo”

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale: l’applicazione dell’art. 131-bis c.p. non può trasformarsi in un automatismo assolutorio. Il giudice ha il dovere di spiegare in modo chiaro e logico perché ritiene che un determinato comportamento, pur costituendo reato, sia così lieve da non meritare una sanzione penale. La detenzione di quasi cinquanta esemplari di una specie protetta non può essere liquidata come un fatto insignificante con una formula generica. La decisione della Cassazione serve da monito sulla necessità di una valutazione rigorosa e circostanziata, specialmente in materia di reati ambientali e contro la fauna, dove il danno non è solo patrimoniale ma colpisce un bene collettivo.

Cosa si intende per ‘particolare tenuità del fatto’?
È una causa di non punibilità prevista dall’articolo 131-bis del codice penale che si applica a reati minori quando l’offesa è molto lieve, il danno è esiguo e il comportamento dell’autore non è abituale.

La detenzione di un numero elevato di animali protetti può essere considerata un reato di lieve entità?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la ricezione e detenzione di un numero elevato (nel caso specifico, 47) di animali di specie protetta, per cui la caccia è assolutamente vietata, è un elemento che di per sé indica una certa gravità del fatto e impedisce di qualificarlo come di particolare tenuità.

Cosa significa che una sentenza ha una ‘motivazione apparente’?
Significa che la sentenza, pur contenendo formalmente una parte dedicata alla motivazione, usa formule generiche, apodittiche o frasi di stile che non spiegano concretamente le ragioni della decisione. Tale vizio equivale a una motivazione mancante e costituisce una violazione di legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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