Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 18876 Anno 2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Data Udienza: 06/05/2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 18876 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Composta da
– Presidente –
NOME
CC – 06/05/2025
R.G.N. 4438/2025
NOME COGNOME
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato in Senegal il 20/04/1975
avverso la sentenza del 15/10/2024 della Corte d’appello di Catanzaro
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME
Rilevato che con la sentenza sopra indicata la Corte di appello di Catanzaro, in parziale riforma della sentenza in data 6 luglio 2022 del Tribunale della medesima città, per la parte che in questa sede interessa, ha confermato l’affermazione della penale responsabilità di NOME COGNOME in relazione al contestato reato di ricettazione (art. 648 cod. pen.) di scarpe con marchi contraffatti che l’imputato deteneva per la vendita e ritenuti provento del reato di cui all’art. 474 cod. pen. (per il quale ultimo Ł stata dichiarata l’estinzione per prescrizione), reato commesso in data 5 agosto 2015.
Rilevato che la difesa dell’imputato ha presentato ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte territoriale deducendo violazione di legge e vizi di motivazione con riguardo al mancato accoglimento della richiesta di applicazione dell’istituto di cui all’art. 131-bis cod. pen. non essendo state tenute in debito conto le complessive modalità del fatto, lo stato di incensuratezza dell’imputato e la non provata abitualità della condotta dello stesso.
Considerato che il motivo di ricorso Ł manifestamente infondato avendo la Corte territoriale, con motivazione congrua e logica, comportante una valutazione di merito insindacabile in sede di legittimità, testualmente affermato che «il fatto non può dirsi particolarmente tenue da un punto di vista oggettivo e soggettivo in quanto si tratta di ricettazione di 34 paia di scarpe recanti marche
contraffatti, un numero certamente non esiguo dal quale sarebbe derivato quindi un guadagno che non può considerarsi scarso. Tali circostanze, unitamente al fatto che si trattava di beni con diversi marchi contraffatti, consente di ritenere non esigua neanche la lesione del bene protetto dalla norma incriminatrice»;
che , pertanto, nell’escludere l’operatività della suddetta causa di non punibilità, la Corte di merito – con motivazione congrua e scevra da vizi logici – ha fatto corretta applicazione della disposizione di cui all’art. 131-bis cod. pen., posto che il giudizio sulla particolare tenuità del fatto richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell’art. 133, comma primo, cod. pen., delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entità del danno o del pericolo (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, COGNOME, Rv. 266590), risultando, tuttavia, a tal fine non necessaria la disamina di tutti gli elementi di valutazione previsti, ma sufficiente l’indicazione di quelli ritenuti rilevanti (Sez. 6, n. 55107 del 08/11/2018, COGNOME, Rv. 274647), dovendo comunque il giudice motivare sulle forme di estrinsecazione del comportamento incriminato, per valutarne la gravità, l’entità del contrasto rispetto alla legge e, conseguentemente, il bisogno di pena, non potendo far ricorso a mere clausole di stile (Sez. 6, n. 18180 del 20/12/2018, Venezia, Rv. 275940);
che , in conclusione, dato che la suddetta valutazione circa la sussistenza dei presupposti necessari ai fini dell’applicabilità dell’art. 131bis cod. pen. va compiuta sulla base dei criteri di cui all’art. 133, cod. pen., essa rientra nei poteri discrezionali del giudice di merito e, di conseguenza, non può essere sindacata dalla Corte di legittimità, se non nei limiti della mancanza o della manifesta illogicità della motivazione postavi a sostegno, vizi nel caso in esame non sussistenti.
Rilevato , pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 06/05/2025.
Il Presidente NOME COGNOME