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Particolare tenuità del fatto: limiti del ricorso

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato, condannato per un reato minore in materia di stupefacenti, che chiedeva l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto e una riduzione della pena. La Corte ha stabilito che la valutazione del giudice di merito sulla tenuità del fatto, se logicamente motivata, non è sindacabile in sede di legittimità. Anche la richiesta di riduzione della pena è stata respinta, in quanto la sanzione era già inferiore alla media edittale e la sua determinazione rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma alla Cassa delle ammende.

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Pubblicato il 8 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Particolare Tenuità del Fatto: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

L’istituto della particolare tenuità del fatto, introdotto dall’art. 131 bis del codice penale, rappresenta uno strumento fondamentale per garantire la proporzionalità della risposta sanzionatoria. Tuttavia, il suo ambito di applicazione e i limiti del sindacato giurisdizionale sono spesso oggetto di dibattito. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti, dichiarando inammissibile un ricorso che contestava proprio la mancata applicazione di tale causa di non punibilità in un caso di lieve entità relativo a sostanze stupefacenti.

Il Contesto del Ricorso

Il caso trae origine dalla condanna, in giudizio abbreviato, di un soggetto alla pena di nove mesi di reclusione e 1.400 euro di multa per il reato previsto dall’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/1990, ovvero per un fatto di lieve entità concernente sostanze stupefacenti.
L’imputato ha proposto ricorso per Cassazione affidandosi a due principali motivi:
1. La violazione di legge e il vizio di motivazione per la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131 bis c.p.).
2. La violazione di legge e il vizio di motivazione in merito alla determinazione della pena, ritenuta eccessiva.

La Valutazione sulla Particolare Tenuità del Fatto

La Suprema Corte ha dichiarato il primo motivo di ricorso inammissibile. I giudici hanno sottolineato che la Corte d’Appello aveva escluso l’applicabilità dell’art. 131 bis c.p. con una motivazione non illogica, basata su una valutazione complessiva del profilo soggettivo e oggettivo della condotta.
La Cassazione ribadisce un principio consolidato: la valutazione sulla tenuità del fatto è un giudizio di merito che, se supportato da una motivazione adeguata e coerente, non può essere riesaminato in sede di legittimità. Il ricorso, in questo caso, mirava a ottenere una nuova valutazione dei fatti, compito che esula dalle competenze della Corte di Cassazione. Inoltre, i precedenti giurisprudenziali citati dal ricorrente sono stati ritenuti non pertinenti al caso di specie.

La Determinazione della Pena e i Limiti del Giudizio di Legittimità

Anche il secondo motivo di ricorso, relativo alla quantificazione della pena, è stato giudicato inammissibile. La Corte ha osservato che la pena inflitta era già stata ridotta in appello e si collocava “ben al di sotto della media edittale”.
Il giudizio sulla congruità della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito. La Cassazione può intervenire solo in caso di manifesta illogicità della motivazione o di violazione di legge, circostanze non riscontrate nel caso in esame. La motivazione della Corte d’Appello è stata ritenuta adeguata e non censurabile.

Le Motivazioni della Decisione

La decisione della Suprema Corte si fonda sulla netta distinzione tra giudizio di merito e giudizio di legittimità. Entrambi i motivi di ricorso, pur presentati come violazioni di legge, celavano in realtà una richiesta di riesame nel merito delle decisioni prese nei gradi precedenti. La Corte ha ritenuto che la sentenza impugnata fosse immune da vizi logici o giuridici, rendendo l’impugnazione inammissibile.
La declaratoria di inammissibilità ha comportato, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende.

Conclusioni

Questa ordinanza rafforza il principio secondo cui la Corte di Cassazione non è un terzo grado di giudizio nel merito. Le valutazioni sulla particolare tenuità del fatto e sulla congruità della pena, se correttamente motivate dal giudice, non sono sindacabili in sede di legittimità. La pronuncia serve da monito: i ricorsi che mirano a ottenere una nuova e diversa valutazione dei fatti, senza evidenziare reali vizi di legittimità, sono destinati all’inammissibilità, con le relative conseguenze economiche per il ricorrente.

È possibile contestare in Cassazione la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto?
Solo se la motivazione della sentenza impugnata è manifestamente illogica o assente. Se il giudice di merito ha escluso la particolare tenuità del fatto con una motivazione coerente, basata su profili soggettivi e oggettivi, la decisione non è censurabile in Cassazione, che non può riesaminare i fatti.

La Corte di Cassazione può ridurre una pena ritenuta troppo alta?
No, la Cassazione non può riesaminare la congruità della pena. Può intervenire solo se vi è una violazione di legge nella sua determinazione o se la motivazione è del tutto mancante o palesemente illogica. Nel caso specifico, la pena era già ben al di sotto della media edittale e il giudizio di merito era stato adeguatamente argomentato, rendendo il motivo inammissibile.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Secondo l’art. 616 del codice di procedura penale, la dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata equitativamente fissata in 3.000 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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