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Particolare tenuità del fatto: l’abitualità esclude

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso sull’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. La Corte ribadisce che la non abitualità del comportamento è un requisito essenziale, la cui assenza, provata da precedenti penali, giustifica il diniego del beneficio senza necessità di valutare la lieve entità del reato.

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Pubblicato il 28 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Particolare Tenuità del Fatto: Quando l’Abitualità del Reo Blocca il Beneficio

L’istituto della particolare tenuità del fatto, introdotto dall’articolo 131-bis del codice penale, rappresenta un importante strumento di deflazione processuale, volto a escludere la punibilità per reati di minima offensività. Tuttavia, la sua applicazione è subordinata a precise condizioni. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce in modo inequivocabile come la presenza di un comportamento abituale da parte dell’imputato costituisca un ostacolo insormontabile per l’accesso a tale beneficio, anche a prescindere dalla valutazione sull’entità del fatto specifico.

Il Caso in Esame: Un Ricorso contro il Diniego del Beneficio

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un individuo avverso una sentenza della Corte d’Appello di Napoli. L’appellante lamentava una presunta carenza motivazionale nella decisione dei giudici di merito, i quali avevano negato l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. L’unico motivo del ricorso si concentrava proprio sulla mancata concessione di questo beneficio, ritenuto dall’imputato ingiustamente negato.

I Requisiti Indefettibili per la Particolare Tenuità del Fatto

La Corte di Cassazione, nel dichiarare il ricorso manifestamente infondato, coglie l’occasione per ribadire i principi cardine che regolano l’applicazione dell’art. 131-bis c.p. La norma richiede la sussistenza congiunta di due presupposti legali:

1. La particolare tenuità dell’offesa: il fatto-reato deve avere un’offensività minima, valutata in base alle modalità della condotta, all’esiguità del danno o del pericolo.
2. La non abitualità del comportamento: l’autore del reato non deve essere un delinquente abituale, professionale o per tendenza, né aver commesso reati della stessa indole.

La Corte sottolinea che questi due requisiti sono cumulativi e non alternativi. Di conseguenza, la mancanza anche di uno solo di essi è sufficiente a precludere l’applicazione del beneficio.

La Decisione della Cassazione e il Valore dei Precedenti

I giudici di legittimità hanno ritenuto il ricorso inammissibile. La motivazione dei giudici di merito era, infatti, considerata logica, corretta e adeguata. Nello specifico, la Corte d’Appello aveva ampiamente argomentato il diniego del beneficio basandosi sul presupposto ostativo dell’abitualità del comportamento dell’imputato. L’esistenza di “plurimi precedenti della stessa indole” a carico del ricorrente rendeva superflua qualsiasi ulteriore disamina sulla tenuità del fatto specifico contestato.

le motivazioni

La Suprema Corte ha chiarito un punto fondamentale: il giudice non è tenuto a esaminare tutti gli elementi previsti dalla norma se già l’assenza di uno dei requisiti principali, come la non abitualità, è palese e sufficiente a motivare il rigetto della richiesta. In questo caso, i precedenti penali specifici del ricorrente costituivano una prova inconfutabile della sua tendenza a reiterare condotte illecite dello stesso tipo, integrando pienamente la nozione di “comportamento abituale” che la legge pone come limite all’applicazione dell’art. 131-bis. La decisione si allinea a un consolidato orientamento giurisprudenziale, che vede nell’abitualità un indicatore di una maggiore pericolosità sociale del soggetto, incompatibile con la finalità dell’istituto, pensato per condotte del tutto sporadiche e occasionali.

le conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un principio interpretativo di notevole importanza pratica. Chi intende invocare la particolare tenuità del fatto deve essere consapevole che la propria storia penale assume un ruolo decisivo. La presenza di precedenti, soprattutto se specifici e recenti, può costituire una barriera invalicabile per ottenere la non punibilità. La decisione riafferma che il giudizio sulla tenuità non riguarda solo l’episodio isolato, ma si estende a una valutazione complessiva della personalità e della condotta dell’autore del reato. Pertanto, l’assenza di abitualità nel commettere reati si conferma come un pilastro essenziale e imprescindibile per poter beneficiare di questa causa di non punibilità.

Quali sono i due presupposti necessari per applicare la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto?
Secondo la Corte, è necessaria la sussistenza di entrambi i presupposti legali: la particolare tenuità dell’offesa e la non abitualità del comportamento del reo.

È sufficiente l’assenza di uno solo dei presupposti per negare il beneficio della particolare tenuità del fatto?
Sì, la Corte ha specificato che la mancata applicazione della causa di non punibilità è adeguatamente motivata quando il giudice accerta l’assenza anche di uno soltanto dei due presupposti richiesti dalla legge.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile su questo punto?
In caso di inammissibilità del ricorso, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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