Particolare tenuità del fatto: quali elementi deve valutare il giudice?
La causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, introdotta dall’art. 131-bis del codice penale, rappresenta uno strumento fondamentale per garantire la proporzionalità della sanzione penale, escludendo la punibilità per reati di minima offensività. Tuttavia, la sua applicazione concreta dipende da una valutazione discrezionale del giudice. Con l’ordinanza n. 32021/2024, la Corte di Cassazione torna a chiarire i confini di questo giudizio, stabilendo che non è necessaria una disamina analitica di tutti i parametri legali.
I Fatti del Processo
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello. L’unico motivo di doglianza era la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. Secondo la difesa, i giudici di merito non avevano adeguatamente considerato la lieve entità del reato contestato, omettendo di applicare il beneficio previsto dall’art. 131-bis c.p.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. La Corte ha ritenuto che la decisione impugnata fosse in linea con i principi consolidati della giurisprudenza di legittimità in materia. Oltre a dichiarare l’inammissibilità, la Corte ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni: Il perimetro valutativo per la particolare tenuità del fatto
Il cuore della decisione risiede nelle motivazioni. La Cassazione ha richiamato un suo precedente orientamento (in particolare, l’ordinanza n. 10481/2022) per ribadire un principio chiave: per valutare la particolare tenuità del fatto, il giudice deve fare riferimento ai criteri indicati nell’articolo 133, primo comma, del codice penale (gravità del danno, intensità del dolo, ecc.).
Tuttavia, e questo è il punto cruciale, non è richiesta una disamina di tutti gli elementi elencati in tale articolo. È invece sufficiente che il giudice indichi quali elementi ha ritenuto rilevanti per fondare la sua decisione, escludendo l’applicazione del beneficio. Nel caso di specie, la Corte ha rilevato che i giudici di merito avevano correttamente operato in tal senso, motivando la loro scelta sulla base di specifici elementi ritenuti decisivi.
Le Conclusioni
L’ordinanza in commento consolida un principio di efficienza e ragionevolezza nell’amministrazione della giustizia. Si conferma che la valutazione sulla tenuità del fatto è un giudizio sintetico, che non richiede al giudice di redigere un trattato su ogni singolo parametro dell’art. 133 c.p. Per chi intende contestare una tale decisione, non basta lamentare genericamente una valutazione incompleta. È necessario, invece, dimostrare in modo specifico perché gli elementi trascurati dal giudice sarebbero stati decisivi per un esito diverso, o perché quelli considerati sono stati valutati in modo illogico. La pronuncia, quindi, traccia una linea netta sulla discrezionalità del giudice di merito e sulla specificità richiesta ai motivi di ricorso in Cassazione.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto manifestamente infondato perché contestava la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto basandosi su un presupposto errato, ovvero che il giudice dovesse analizzare tutti i criteri dell’art. 133 c.p., mentre la giurisprudenza consolidata ritiene sufficiente l’indicazione degli elementi più rilevanti.
Cosa stabilisce la Corte sulla valutazione della particolare tenuità del fatto?
La Corte stabilisce che, per decidere sull’applicabilità dell’art. 131-bis c.p., il giudice deve fare riferimento ai criteri dell’art. 133, comma 1, c.p., ma non è obbligato a esaminarli tutti. È sufficiente che motivi la sua decisione indicando gli elementi che ha considerato decisivi per escludere o ammettere il beneficio.
Quali sono le conseguenze per il ricorrente dopo una dichiarazione di inammissibilità?
In seguito alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 32021 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 32021 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME NOME nato a CATANIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 17/10/2023 della CORTE APPELLO di CATANIA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME NOME;
considerato che l’unico motivo cui il ricorso è affidato, con il quale contesta la mancata applicazione della causa di non punibilità di cui all’art bis cod. pen., è manifestamente infondato, tenuto conto della consolida giurisprudenza di legittimità (Sez. 7, Ord. n. 10481 del 19/01/2022, Depla Rv. 283044), secondo cui, ai fini dell’applicabilità della causa di esclusione punibilità per particolare tenuità del fatto, il giudizio sulla tenuità d dev’essere effettuato con riferimento ai criteri di cui all’art. 133, comma cod. pen., ma non è necessaria la disamina di tutti gli elementi di valuta previsti, essendo sufficiente l’indicazione di quelli ritenuti rilevant avvenuto nella specie (si veda, in particolare, pag. 3);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, c condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma d euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento de spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa de ammende.
Così deciso, il 9 luglio 2024.