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Particolare tenuità del fatto: la motivazione del Giudice

Un soggetto in sorveglianza speciale veniva condannato per essere rientrato a casa con 20 minuti di ritardo. La Cassazione ha annullato la sentenza di condanna, non per la sussistenza del reato, ma perché i giudici di merito avevano negato l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto basandosi solo sui precedenti dell’imputato e non sulla specifica condotta. La Suprema Corte ha ribadito che il giudice ha l’obbligo di motivare in modo puntuale sulla gravità del singolo episodio.

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Pubblicato il 28 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Particolare Tenuità del Fatto: Non Bastano i Precedenti Penali per Negarla

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 21501 del 2025, riafferma un principio fondamentale in materia di particolare tenuità del fatto: per escludere questa causa di non punibilità, il giudice non può limitarsi a considerare i precedenti penali dell’imputato, ma deve analizzare e motivare specificamente sulla gravità del singolo episodio contestato. Il caso riguardava la violazione della sorveglianza speciale per un ritardo di soli 20 minuti nel rientro a casa.

I Fatti del Processo

Un individuo, sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno, veniva accusato del reato previsto dall’art. 75 del D.Lgs. 159/2011 per essere rincasato alle 20:20 anziché alle 20:00, come prescritto.

Sia il Tribunale che la Corte di Appello lo avevano dichiarato colpevole, condannandolo a una pena di cinque mesi e dieci giorni di reclusione. La difesa aveva sostenuto che il ritardo fosse dovuto a una semplice negligenza, legata a un cambio di orario entrato in vigore proprio quel giorno, e aveva richiesto l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, data l’esiguità della violazione. I giudici di merito, tuttavia, avevano respinto tale richiesta, confermando la condanna.

Il Ricorso in Cassazione e la Questione sulla Motivazione

L’imputato ha proposto ricorso per cassazione basandosi su due motivi principali:
1. Errata valutazione dell’elemento psicologico: si sosteneva la mancanza di dolo, attribuendo il ritardo a una mera confusione. Questo motivo è stato rigettato dalla Suprema Corte, la quale ha ribadito che per questo reato è sufficiente il dolo generico, ovvero la consapevolezza di violare la prescrizione.
2. Errata applicazione dell’art. 131-bis c.p.: si lamentava che la Corte d’Appello avesse negato la particolare tenuità del fatto basandosi unicamente sui precedenti penali dell’imputato e sulle ragioni che avevano portato all’applicazione della misura di prevenzione, senza valutare la concreta e minima gravità del fatto specifico (il ritardo di 20 minuti).

Questo secondo motivo è stato accolto dalla Corte di Cassazione.

La Decisione della Suprema Corte: l’Obbligo di Valutare il Fatto Specifico

La Suprema Corte ha annullato la sentenza impugnata, ma solo limitatamente al punto riguardante l’applicazione dell’art. 131-bis c.p., rinviando il caso a un’altra sezione della Corte d’Appello per una nuova valutazione.

Le motivazioni

La Corte ha chiarito che, sebbene la valutazione sulla sussistenza della particolare tenuità del fatto possa basarsi anche su una motivazione implicita, essa deve comunque essere ancorata agli indici previsti dall’art. 133 del codice penale: modalità della condotta, grado di colpevolezza, entità del danno o del pericolo. Nel caso di specie, la Corte d’Appello si era limitata a richiamare i precedenti penali e la pericolosità sociale dell’imputato, omettendo completamente di spiegare perché la condotta specifica – un ritardo di 20 minuti nel rientro a casa – non potesse essere considerata di particolare tenuità. In altre parole, il giudice non ha motivato sulla gravità del reato commesso, ma sulla storia criminale del reo, commettendo un errore di diritto.

Le conclusioni

Questa sentenza è di fondamentale importanza perché ribadisce che la valutazione per l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto deve essere concreta e specifica. I precedenti penali e la personalità dell’imputato sono certamente elementi rilevanti, soprattutto per valutare se il comportamento sia abituale, ma non possono essere l’unica ragione per negare il beneficio. Il giudice ha l’obbligo di analizzare il fatto nella sua materialità e di spiegare perché, nonostante la potenziale minima offensività, esso non possa essere considerato ‘tenue’. In caso contrario, la motivazione è carente e la sentenza può essere annullata.

È sufficiente il passato criminale di un imputato per negare la particolare tenuità del fatto?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che non è sufficiente. Il giudice deve motivare specificamente sulla gravità del singolo fatto contestato, analizzando le modalità della condotta e la sua offensività, e non può basare il diniego esclusivamente sui precedenti penali dell’imputato.

Cosa si intende per dolo generico nella violazione della sorveglianza speciale?
Si intende la semplice consapevolezza di essere sottoposti a obblighi specifici (come un orario di rientro) e la volontà cosciente di non adempierli, a prescindere dalle finalità o dai motivi che hanno spinto la persona a violare la prescrizione.

Un errore sulla data del reato nel capo d’imputazione rende nulla la sentenza?
No. Secondo la giurisprudenza citata nella sentenza, l’erronea indicazione della data di commissione del reato non determina la nullità della sentenza se l’imputazione è stata comunque descritta in modo completo e non vi è stata alcuna lesione concreta del diritto di difesa dell’imputato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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