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Particolare tenuità del fatto: la motivazione del Giudice

La Corte di Cassazione ha analizzato un caso di coltivazione di stupefacenti, confermando la condanna ma annullando la decisione sulla non applicabilità della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. La Corte ha stabilito che la motivazione del giudice d’appello era apparente, poiché non specificava adeguatamente i precedenti penali necessari a configurare il “comportamento abituale” che osta al beneficio, né utilizzava parametri corretti per valutare la gravità del reato. Di conseguenza, ha rinviato il caso per una nuova valutazione su questo specifico punto.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Particolare tenuità del fatto: la Cassazione annulla per motivazione apparente

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, è tornata a pronunciarsi su un tema cruciale del diritto penale: l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.). Il caso riguardava un individuo condannato per la coltivazione di due piante di marijuana e la detenzione di una modica quantità della stessa sostanza. Sebbene la condanna sia stata confermata, la Suprema Corte ha annullato la decisione nella parte in cui negava tale beneficio, evidenziando l’importanza di una motivazione rigorosa e non apparente da parte del giudice.

I Fatti del Processo

L’imputato era stato condannato nei primi due gradi di giudizio per aver coltivato due piante di marijuana sul balcone di casa e per la detenzione di 33 grammi di sostanza destinata allo spaccio. L’accusa era stata qualificata come violazione dell’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/90, che punisce i fatti di lieve entità in materia di stupefacenti.

Nel suo ricorso per cassazione, la difesa aveva sollevato due questioni principali:
1. La coltivazione era destinata esclusivamente all’uso personale, data la natura rudimentale e il numero esiguo di piante.
2. In ogni caso, il reato avrebbe dovuto essere considerato non punibile per particolare tenuità del fatto, contestando la motivazione della Corte d’Appello che aveva negato il beneficio basandosi sulla “biografia penale” dell’imputato e su un presunto “esibizionismo”.

La Decisione della Corte di Cassazione e il principio della particolare tenuità del fatto

La Suprema Corte ha adottato una decisione divisa in due. Da un lato, ha dichiarato inammissibile il motivo relativo alla destinazione della sostanza all’uso personale. I giudici di merito avevano infatti basato la loro convinzione su un messaggio trovato sul cellulare dell’imputato, che indicava la disponibilità a cedere una dose per dieci euro. Questa valutazione, non essendo manifestamente illogica, rientra nell’apprezzamento dei fatti e non è sindacabile in sede di legittimità.

Dall’altro lato, la Corte ha accolto il secondo motivo, annullando la sentenza limitatamente alla mancata applicazione dell’art. 131-bis c.p. Questo punto rappresenta il cuore della pronuncia e offre importanti chiarimenti sui requisiti per negare la non punibilità per particolare tenuità del fatto.

Le Motivazioni

La Cassazione ha ritenuto la motivazione della Corte d’Appello “apparente”. Per escludere il beneficio della particolare tenuità del fatto a causa del “comportamento abituale”, il giudice non può limitarsi a un generico riferimento alla “biografia penale del prevenuto”. Al contrario, deve indicare specificamente l’esistenza di almeno due illeciti della stessa indole, oltre a quello in esame, come stabilito dalle Sezioni Unite (sent. Tushaj, 2016).

Nel caso specifico, i giudici di merito non avevano specificato quali e quanti fossero i precedenti penali, impedendo di verificare se integrassero il requisito dell’abitualità. Inoltre, la Corte ha censurato l’uso del termine “esibizionismo” per descrivere la condotta, poiché tale criterio non rientra tra i parametri legali (indicati dall’art. 133 c.p.) attraverso cui valutare la gravità del reato e l’offensività della condotta.

Le Conclusioni

Con questa sentenza, la Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale: la responsabilità penale dell’imputato è stata confermata, ma la questione della sua punibilità dovrà essere rivalutata. Il caso è stato rinviato a un’altra sezione della Corte d’Appello, che dovrà riesaminare la sussistenza dei presupposti per la particolare tenuità del fatto fornendo una motivazione completa, logicamente argomentata e fondata sui precisi parametri stabiliti dalla legge. La decisione sottolinea come ogni provvedimento che nega un beneficio all’imputato debba essere sorretto da un’argomentazione rigorosa, evitando formule generiche o valutazioni non pertinenti.

La coltivazione domestica di stupefacenti è sempre reato?
No, non integra reato una coltivazione svolta in forma domestica, con tecniche rudimentali e uno scarso numero di piante, quando è oggettivamente destinata in via esclusiva all’uso personale del coltivatore, in assenza di indici di un inserimento nel mercato illegale.

Quando un comportamento è definito “abituale” da impedire l’applicazione della non punibilità per particolare tenuità del fatto?
Secondo la giurisprudenza, il comportamento è abituale quando l’autore ha commesso almeno due illeciti della stessa indole, oltre a quello per cui si procede. Un generico riferimento alla “biografia penale” non è sufficiente per dimostrarlo.

Cosa succede se la motivazione di una sentenza è considerata “apparente”?
Se la motivazione è apparente, cioè esiste solo formalmente ma non spiega le ragioni logico-giuridiche della decisione, la sentenza può essere annullata su quel punto. Nel caso specifico, l’annullamento ha riguardato solo la mancata applicazione dell’art. 131-bis c.p., con rinvio a un nuovo giudice per una valutazione corretta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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