Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 5829 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 5829 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOMECOGNOME nato a Pentone il 04/04/1957
avverso la sentenza del 05/06/2024 della Corte di appello di Catanzaro visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria redatta ai sensi dell’art. 23 d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Catanzaro ha confermato la decisione emessa dal Tribunale di Catanzaro all’esito del giudizio abbreviato e appellata dall’imputato, la quale aveva condannato NOME COGNOME alla pena ritenuta di giustizia, perché ritenuto responsabile della coltivazione di due piante in pieno stato vegetativo dalla quale estrarre sostanza stupefacente del tipo marijuana, nonché della detenzione, a fine di spaccio, di analoga sostanza per un peso complessivo di gr. 33, condotte ritenute integrare un’unica violazione dell’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990.
Avverso la sentenza, l’imputato, tramite i difensori di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, che deducono:
2.1. la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen. i relazione all’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990, nella parte in cui la Corte di merit ha escluso che la sostanza di sequestro fosse destinata all’uso esclusivamente personale, considerando che si trattava di due sole piante, dell’altezza di un metro circa ciascuna, coltivate in maniera rudimentale sul balcone della camera da letto, e non essendo stato accertato che le medesime avrebbero prodotto inflorescenza con un elevato principio drogante, e non essendo stati rinvenuti strumenti atti alla pesatura e al confezionamento delle dosi; aggiunge il difensore che la telefonata indicata dalla Corte di merito risale al 7 maggio 2019, mentre il sequestro è stato effettuato il 3 agosto 2019 e che il COGNOME è assiduo consumatore di marijuana da decenni, come dichiarato in sede di convalida dell’arresto;
2.2. la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen. in relazione sia alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, non avendo la Corte di merito valutato il corretto contegno processuale dell’imputato, sia al mancato riconoscimento della causa di non punibilità ex art 131-bis cod. pen., posto che la motivazione fa leva sulla biografia penale dell’imputato, il quale è gravato da un unico precedente penale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato in relazione al secondo motivo.
Il primo motivo è inammissibile perché articola censure di contenuto fattuale.
3. Va rammentato che, come affermato dalle Sezioni Unite, non integra il reato di coltivazione di stupefacenti, per mancanza di tipicità, una condotta di coltivazione la quale, in assenza di significativi indici di un inserimento ne mercato illegale, denoti un nesso di immediatezza oggettiva con la destinazione esclusiva all’uso personale, in quanto svolta in forma domestica, utilizzando tecniche rudimentali e uno scarso numero di piante, da cui ricavare un modestissimo quantitativo di prodotto (SU n. 12348 del 19/12/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278624-01), e che il reato di coltivazione di stupefacenti è configurabile indipendentemente dalla quantità di principio attivo estraibile nell’immediatezza, essendo sufficienti la conformità della pianta al tipo botanico previsto e la sua attitudine, anche per le modalità di coltivazione, a giungere a maturazione e a produrre sostanza ad effetto stupefacente (SU n. 12348 del 19/12/2019, cit., Rv. 278624-02).
In motivazione le Sezioni Unite hanno sviluppato un duplice ordine di argomentazioni.
In primo luogo hanno escluso dal perimetro della tipicità la coltivazione svolta in forma “domestica” che, in relazione agli indici del caso concreto (quali, ad esempio, la rudimentalità delle tecniche, l’esiguità del numero di piantine, il modestissimo quantitativo di prodotto ricavabile, l’assenza di ulteriori indici indicativi di uno stabile inserimento del marcato degli stupefacenti), appare destinata a produrre sostanza stupefacente destinata all’uso esclusivamente personale del coltivatore.
Sotto il profilo dell’offensività dell’attività di coltivazione, le Sezioni U hanno precisato che “il reato di coltivazione di stupefacenti è configurabile indipendentemente dalla quantità di principio attivo ricavabile nell’immediatezza, essendo sufficiente la conformità della pianta al tipo botanico previsto e la sua attitudine, anche per le modalità di coltivazione, a giungere a maturazione e produrre sostanza stupefacente. E per coltivazione dovrà intendersi l’attività svolta dall’agente in ogni fase dello sviluppo della pianta, dalla semina fino al raccolto”.
Ad avviso delle Sezioni Unite, “la verifica dell’offensività in concreto deve essere diversificata a seconda del grado di sviluppo della coltivazione al momento dell’accertamento”; e quindi, nel caso in cui il ciclo delle piante sia completato, l’accertamento deve avere per oggetto l’esistenza di una quantità di principio attivo necessario a produrre effetto drogante; in relazione alle fasi precedenti, rileva penalmente la coltivazione a qualsiasi stadio della pianta che corrisponda al tipo botanico, purché si svolga in condizioni tali da potersene
prefigurare il positivo sviluppo a giungere a maturazione e a produrre un effetto drogante.
Orbene, pur a fronte di una coltivazione certamente di tipo rudimentale, i giudici di merito, con doppia valutazione pienamente convergente, hanno escluso che essa fosse finalizzata esclusivamente al consumo personale sulla base del contenuto di un messaggio, rivenuto sul cellulare dell’imputato, in cui un ignoto cliente chiedeva se vi fosse la disponibilità di una dose da dieci euro, messaggio chiaramente indicativo che anche solo una parte di quella sostanza era destinata alla cessione.
Si tratta di una valutazione di fatto non manifestamente illogica, a fronte della quale il ricorrente oppone una diversa e più favorevole valutazione delle prove e, conseguentemente, una diversa ricostruzione della vicenda, il che esula dalle ipotesi tassativamente previste dall’art. 606 cod. proc. pen.
Privo di pregio, infine, è l’assunto incentrato sull’assenza di accertamenti in ordine al principio attivo estraibile dalle piante, posto che, in applicazione de principi dinanzi ricordati, per l’integrazione della condotta di coltivazione sufficiente la conformità della pianta al tipo botanico previsto e la sua attitudine anche per le modalità di coltivazione, a giungere a maturazione e a produrre sostanza stupefacente, circostanze positivamente accertate nel caso in esame.
6. Il secondo motivo è fondato.
6.1. Invero, la Corte di merito ha escluso la sussistenza dei presupposti integranti la causa di esclusione della punibilità ex art. 131Ycod. pen. facendo leva sia sulla “biografia penale del prevenuto”, sia sulle “modalità del fatto connotato da un esibizionismo tutt’altro che ingenuo e disinteressato”.
6.2. Si tratta di una motivazione apparente, perché, per un verso, non indicando in maniera specifica i precedenti penali dell’imputato, non spiega in che modo è integrato il requisito della “abitualità del comportamento”, ostativo al riconoscimento dell’esimente in esame, e dovendosi ribadire che il comportamento è abituale quando l’autore, anche successivamente al reato per cui si procede, ha commesso almeno due illeciti della stessa indole, oltre quello preso in esame (per tutti, Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, COGNOME, Rv. 266591); per altro verso, non è dato comprendere come la connotazione “esibizionistica” del fatto possa incidere sulla valutazione della misura dell’offesa, la quale, per espresso dettato normativo, va valutata secondo i parametri di cui all’art. 133, comma 1, cod. pen., sicché il giudizio sulla tenuità del fatto richied una valutazione complessa che prenda in esame tutte le peculiarità della
fattispecie concreta riferite alla condotta in termini di possibile disvalore e no solo di quelle che attengono all’entità dell’aggressione del bene giuridico protetto, che comunque ricorre senza distinzione tra reati di danni e reati di pericolo (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266590).
Stante l’accertato vizio motivazionale, la sentenza impugnata deve conseguentemente essere annullata limitatamente all’applicabilità della causa di esclusione della punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen., con rinvio, sul pun ad altra Sezione della Corte di appello di Catanzaro, ferma restando la formazione del giudicato progressivo in punto di accertamento del reato e affermazione di responsabilità dell’imputato (Sez. 3, n. 38380 del 15/07/2015, COGNOME e altro, Rv. 264796).
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente all’applicabilità della causa di esclusione della punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen. e rinvia sul punto a altra Sezione della Corte di appello di Catanzaro. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.
Così deciso il 08/01/2025.