Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 30042 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 30042 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 29/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a MESAGNE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 15/05/2023 della CORTE APPELLO di LECCE
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso
RITENUTO IN FATTO
La Corte di Appello di Lecce, con sentenza del 5 maggio 2023, ha confermato la sentenza del 18 dicembre 2019 del Tribunale di Brindisi di condanna di NOME COGNOME in ordine al reato di cui all’art. 95 del d.P.R. 30 maggio 2002, commesso in Brindisi in data 19 gennaio 2017, alla pena di anni 1 di reclusione e euro 400,00 di multa, previa concessione RAGIONE_SOCIALE circostanze attenuanti generiche equivalenti alla recidiva contestata.
NOME è stato ritenuto responsabile per aver omesso di dichiarare nella dichiarazione sostitutiva di certificazione per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, per l’anno di imposta 2015, l’esistenza di redditi da lavoro dipendente pari a euro 1466,49 e 648,33, avendo autocertificato un reddito pari a zero.
Dopo l’ammissione era pervenuta una nota della RAGIONE_SOCIALE con la quale si erano segnalati i redditi effettivamente percepiti da NOME a titolo di indennità di acconti-TFR e da lavoro dipendente.
Avverso la sentenza l’imputato a mezzo del difensore ha proposto ricorso formulando due motivi.
2.1. Con il primo motivo, ha dedotto la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza dell’elemento soggettivo del reato. Il difensore lamenta che la Corte di Appello non avrebbe motivato in maniera adeguata rispetto alla coscienza e volontà di dichiarare il falso e ribadisce che l’omessa indicazione di una somma assai modesta, pari a 2000 euro, relativo ad un reddito percepito nell’anno precedente non poteva che essere attribuita ad una mera leggerezza.
2.2. Con il secondo motivo, ha dedotto la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento della causa di non punibilità ex art. 131 bis cod. pen. Il difensore sottolinea come la corte avrebbe omesso di operare una valutazione complessiva e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie e non avrebbe tenuto conto che l’omessa indicazione aveva riguardato redditi assai modesti, ben al di sotto della soglia di ammissibilità del beneficio richiesto
Il Procuratore Generale, nella persona del sostituto NOME COGNOME, ha presentato conclusioni scritte con cui ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
In data 15 maggio la difesa dell’imputato ha presentato conclusioni scritte con cui ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso deve essere accolto quanto al secondo motivo.
2. Il primo profilo di censura , con cui si contesta la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato, è inammissibile, in quanto meramente reiterativo di motivo già dedotto in sede di impugnazione, in assenza di confronto con la motivazione della sentenza impugnata.
La Corte di Cassazione ha affermato che il delitto di cui all’art. 95 d.P.R. n. 115 del 2002 è integrato dalle false indicazioni o omissioni anche parziali dei dati di fatto riportati nella dichiarazione sostitutiva di certificazione o in ogni a dichiarazione prevista per l’ammissione al patrocinio a -spese dello Stato, indipendentemente peraltro dalla effettiva sussistenza RAGIONE_SOCIALE condizioni di reddito per l’ammissione al beneficio (Sez. U. n. 6591 del 27/11/2008, dep. 2009, Infanti, Rv. 242152; Sez. 4 n. 40943 del 18/09/2015, COGNOME, Rv. 264711). Tali condotte devono essere pur sempre sorrette dal dolo generico, sicché grava sull’accusa l’onere di provare la volontà cosciente di compiere il fatto e la consapevolezza di agire contro il dovere giuridico di dichiarare il vero. In tale senso si è affermat che non si configura il reato, tutte le volte in cui emerga che il soggetto agente ha dichiarato il falso per difetto di controllo, qualificabile in termini giuridici atteggiamento colposo, salva l’ipotesi della imputazione a titolo di dolo eventuale che, tuttavia, non può essere evocato alla stregua di una formula di chiusura, per sottrarsi al puntuale accertamento giudiziario (Sez. 4 n. 37144 del 5/6/2019, RAGIONE_SOCIALE NOME, Rv. 277129; n. 21577 del 21/4/2016, COGNOME, Rv. 267307; n. 4623 del 15/12/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 271949; n. 7192 del 11/1/2018, COGNOME, Rv. 272192). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Il percorso argomentativo con cui nel caso di specie la Corte è giunta a ritenere provato anche l’elemento soggettivo del reato GLYPH è coerente con i dati riportati e rispettoso dei principi su indicati. I giudici hanno GLYPH spiegato che NOME aveva omesso di indicare redditi da lui stesso percepiti, di cui pertanto non poteva non essere a conoscenza.
La doglianza di contro, nel ribadire che l’omissione era imputabile a mera leggerezza, è assertiva e generica e non contrappone alcuna ragione all’argomento su indicato e alla sua efficacia dimostrativa.
Il secondo motivo, incentrato sulla mancata applicazione dell’art. 131 bis cod. pen. è, come, detto, fondato.
3.1. La Corte di appello ha ricordato che il reato per cui si procede si configura come reato di pericolo e che, nel caso in esame, il pericolo non poteva essere ritenuto “esiguo”, in quanto l’imputato aveva autocertificato redditi pari a zero, pur avendo invece percepito redditi da lavoro dipendente e da acconto tfr.
3.2. Si tratta, dunque, di valutare se il giudizio espresso dalla Corte in ordine alla esiguità del pericolo, sia coerente con la natura del reato di cui all’art. d.P.R n. 115/2002 ed in particolare con il suo l’oggetto giuridico, ovvero con il bene tutelato dalla norma incriminatrice e offeso dal reato, così come individuato dalla giurisprudenza di legittimità.
3.3. La struttura della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis cod. pen. in esame è stata compiutamente indagata dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la nota sentenza Sez. n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266590, nella quale si è ricordato come l’ambito di applicazione dell’istituto è stato definito dal legislatore nel modo seguente: da un lato, attraverso “una graduazione qualitativa, astratta, basata sull’entità e sulla natura della pena” con la previsione di “un elemento d’impronta personale, pure esso tipizzato, tassativo, relativo alla abitualità o meno del comportamento” e, a seguito della entrata in vigore dell’art.1 del d.lgs 10 ottobre 2022 n. 150, con esclusione di alcune categoria di reati; dall’altro lato attraverso l’affidamento al giudice di ponderazione quantitativa rapportata al disvalore di azione, a quello di evento, nonché al grado della colpevolezza; si è infine limitata la discrezionalità del giudizio escludendo alcune contingenze ritenute incompatibili con l’idea di speciale tenuità (motivi abietti o futili, crudeltà, minorata difesa della vittima ecc.).
La premessa, ricordata dalle stesse Sezioni Unite nella sentenza sopra richiamata è che la particolare tenuità del fatto potrà essere affermata a fronte di un fatto che sia lesivo del bene giuridico protetto. In linea generale i singoli ti di reato vanno ricostruiti in conformità al principio di offensività, sicché t molteplici significati eventualmente compatibili con la lettera della legge, si dovrà operare una scelta con l’aiuto del criterio del bene giuridico, considerando fuori del tipo di fatto incriminato i comportamenti non offensivi dell’interesse protetto. I tanto verrà in rilievo la causa di non punibilità in esame, in quanto ci si trovi fronte a fatti “senza incertezze pienamente riconducibili alla fattispecie legale”.
In tale ambito, il giudizio sulla tenuità richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell’art. 133, comma 1, cod. pen., RAGIONE_SOCIALE modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entità del danno o del pericolo e, dopo le
modifiche ad opera dell’art. 1 comma 1 lett. c) d. Igs. 10 ottobre 2022 n. 150, anche alla condotta successiva al reato.
Con riferimento al parametro RAGIONE_SOCIALE modalità della condotta, si è sottolineato che la nuova normativa non si interessa della condotta tipica, bensì ha riguardo alle forme di estrinsecazione del comportamento, al fine di valutarne complessivamente la gravità, l’entità del contrasto rispetto alla legge e conseguentemente il bisogno di pena.
3.4. Così definita la struttura, per quanto di interesse in questa sede, della causa di non punibilità ex art. 131 bis cod. pen., ci si deve, quindi, soffermare sulla oggettività giuridica del reato di cui all’ art. 95 d.P.R. n. 115/2002 che, com visto, punisce la falsità o le omissioni nella dichiarazione sostitutiva certificazione, nelle dichiarazioni, nelle indicazioni e nelle comunicazioni previste dall’articolo 79, comma 1, lett. b) (indicazione RAGIONE_SOCIALE generalità proprie e de componenti la famiglia anagrafica e relativi codici fiscali), c) (dichiarazion sostitutiva di certificazione), d) (impegno a comunicare variazioni rilevanti dei limito di reddito nell’anno precedente), con la previsione di un aumento di pena se dal fatto consegue l’ottenimento o il mantenimento dell’ammissione al patrocinio.
La condotta di reato contestata all’imputato è quella di aver omesso di indicare nella dichiarazione sostitutiva di certificazione di cui all’art. 79, comma lett. c), i redditi realmente percepiti.
Ai sensi dell’art. 79, comma 1 lett. c), l’istanza di ammissione al patrocinio deve contenere, a pena di inammissibilità, una dichiarazione sostituiva di certificazione da parte dell’interessato, ai sensi dell’art. 46 comma 1 lettera o) del Decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000 n. 445, attestante la sussistenza RAGIONE_SOCIALE condizioni di reddito previste per l’ammissione (con specifica determinazione del reddito complessivo valutabile a tali fini, determinato secondo le modalità indicate nell’articolo 76).
Il legislatore ha, dunque, rimesso all’interessato la dichiarazione che attesti la sussistenza della condizioni di reddito previste per l’ammissione con specifica determinazione del reddito complessivo valutabili a tali fini, determinato secondo le modalità dell’articolo 76 che a sua volta fa rinvio alla dichiarazione dei reddit Irpef.
Il giudice conserva, in ogni caso, il potere di verifica della sussistenza RAGIONE_SOCIALE condizioni per l’ammissibilità della domanda e, una volta verificata tale ammissibilità, il potere di disporre accertamenti. Invero, prima della decisione sull’ammissibilità, egli può onerare il soggetto istante, ai sensi dell’art. 79, ult comma, di produrre, la documentazione necessaria ad accertare la veridicità di quanto in essa indicato; ai sensi dell’art. 96 (per rimanere all’ambito di interesse
ai fini del ricorso, ovvero al patrocino a spese dello Stato nel processo penale), qualora abbia fondato motivo per ritenere che l’interessato non versi nelle condizioni di quell’articolo 76 e 92, tenuto conto RAGIONE_SOCIALE risultanze del casellari giudiziale, del tenore di vita, RAGIONE_SOCIALE condizioni personali familiari e RAGIONE_SOCIALE atti economiche eventualmente svolte, potrà eventualmente trasmettere l’istanza, prima di provvedere, unitamente alla relativa dichiarazione sostituiva di certificazione, alla Guardia di Finanza per le necessarie verifiche.
Una volta adottato il provvedimento di ammissione, ai sensi dell’art. 98, a cura dell’ufficio del giudice che procede, copia dell’istanza, RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni della documentazione allegata, nonché del decreto di ammissione al patrocinio sono trasmesse all’ufficio finanziario nell’ambito della cui competenza territoriale è situato l’ufficio del giudice; l’ufficio finanziario verifica l’esa dell’ammontare del reddito attestato dall’interessato, nonché la compatibilità dei dati indicati con le risultanze dell’anagrafe tributaria, e può disporre che si effettuata, anche avvalendosi della collaborazione della Guardia di finanza, la verifica della posizione fiscale dell’istante e degli altri soggetti indicati c componenti la famiglia anagrafica; se risulta che il beneficio è stato erroneamente concesso l’ufficio finanziario richiede il provvedimento di revoca.
Proprio dall’analisi del procedimento relativo all’ammissione al beneficio del patrocinio a spese dello Stato, le Sezioni unite con la sentenza n. 6591 del 27/11/2008, dep. 2009, Infanti, Rv. 242152, nell’affermare che “integrano il delitto di cui all’art. 95 d.P.R. n. 115 del 2002 le false indicazioni o le omissio anche parziali dei dati di fatto riportati nella dichiarazione sostitutiva certificazione o in ogni altra dichiarazione prevista per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, indipendentemente dalla effettiva sussistenza RAGIONE_SOCIALE condizioni di reddito per l’ammissione al beneficio”, hanno chiarito che la specifica falsità nella dichiarazione sostitutiva (artt.95 e 79 lett. c) è connessa all’ammissibilit dell’istanza e non a quella del beneficio, perché solo l’istanza ammissibile genera l’obbligo del magistrato di decidere in merito, allo stato. Con tale sentenza si è chiarito che la dichiarazione sostitutiva in esame ha una natura particolare, in quanto, mentre, di solito, la legge che autorizza il privato ad attestazione tipica a pena di falso prevede che la riversi in atto pubblico a pubblico ufficiale, il d.P.R n. 115/2002 unifica la doppia azione, perché l’interessato al beneficio rende la dichiarazione con valenza attestativa nella stessa istanza rivolta al magistrato e, questi, dovendo subito decidere, può solo chiedere documentazione o verifica degli indici e non altro. In questa luce – hanno chiarito le Sezioni Unite- la norma sottolinea “la necessità della compiuta ed affidabile informazione del destinatario che, a fronte della complessità del tenore dell’istanza cui è speculare la valutazione da svolgere, ha urgenza di decidere”. Quel che rileva, proseguono le Sezioni Unite,
ai fine di valutare la idoneità del falso ad arrecare offesa al bene protetto dall norma, ai sensi dell’art. 49 cod. pen., è, dunque, la sua incidenza in relazione “a quanto il magistrato possa intendere prima di decidere nel merito”, con la conseguenza, ai fini della risoluzione del quesito rimesso, che “l’inidoneità non può desumersi dalla prova certa di sussistenza RAGIONE_SOCIALE condizioni di reddito per l’ammissione al beneficio, che si consegue dopo che il magistrato l’abbia disposta, per la verifica compiuta deferita all’ufficio finanziario”. La specifica falsità n dichiarazione sostituiva di cui agli artt. 95 e 79 lett. c) è connessa all’ammissibili dell’istanza e non a quella del beneficio, perché solo l’istanza ammissibile genera l’obbligo del magistrato di decidere nel merito.
3.5. Alla luce di tale analisi, devono, dunque, individuarsi i parametri a cui ancorare il giudizio sulla particolare tenuità dell’offesa, ai fini dell’applicaz della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis cod. pen. al reato in esame, quanto meno con riferimento alle modalità della condotta. Se la inidoneità del falso a arrecare offesa deve essere valutata in relazione al momento in cui il giudice deve decidere sulla ammissione della istanza, sulla base di quanto rappresentato dal soggetto istante, anche la graduazione della gravità del falso deve, dunque, essere rapportata allo stesso momento. Ne consegue che la valutazione deve ricadere sulle modalità ingannatorie della condotta falsa o omissiva e cioè sulla potenzialità di tale condotta a trarre in inganno il giudice che deve decidere sulla istanza; tanto maggiori saranno le potenzialità ingannatorie della condotta, ovvero tanto più il soggetto istante riesca a dissimulare il suo reale reddito, tanto maggiore sarà l’offesa arrecata, in quanto il giudice sarà indotto ad assumere la decisione di ammissione, in luogo di quella del rigetto. Così, per esemplificare, laddove il soggetto istante produca, a sostegno della domanda documentazione atta a trarre in errore il giudice, potrà dirsi che l’idoneità ingannatoria della condotta di falso sia maggiore e che, pertanto, l’offesa non abbia carattere di tenuità. O ancora potrà dirsi che la dichiarazione di non aver percepito nell’anno di riferimento redditi abbia minore idoneità ingannatoria a trarre in errore il giudice, rispetto ad una dichiarazione con cui si sia attestato u reddito di poco inferiore alla soglia prevista per l’ammissione al beneficio: come la stessa giurisprudenza di legittimità ha chiarito, infatti, in tal caso le disposizi di cui gli artt. 79, comma 3, e 96, comma 2, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, assicurano poteri di accertamento al giudice dell’ammissione e a quello dell’opposizione (Sez. 4, n. 10406 del 05/12/2017, dep. 2018, Ferretti, Rv. 272248 – 01) Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Il principio esposto, come detto, attiene alla valutazione dell’elemento oggettivo del reato, ovvero alla gravità della condotta e del pericolo cagionato, ferma restando la necessità, ai fini della applicazione dell’art. 131 bis cod. pen.,
di operare un giudizio complessivo, che abbia riguardo anche al grado di colpevolezza, ovvero alla maggiore o minore intensità del dolo.
3.6. Venendo al caso in esame, la Corte di Appello, al fine di escludere l’applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis cod. pen., ha dato rilievo al fatto che l’imputato avesse autocertificato un reddito pari a zero omettendo di dichiarare i redditi da lavoro percepiti e ha valorizzato, in tal modo, un elemento, attinente alla condotta che, come visto, depone, semmai, anche in astratto, per una minore potenzialità ingannatoria.
In conclusione la sentenza deve essere annullata, con riferimento alla valutazione della applicabilità della causa di non punibilità ex art. 131 bis. cod. pen. con rinvio al altra sezione della Corte di Appello di Lecce, che nel nuovo giudizio dovrà attenersi ai principi su indicati.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di Appello di Lecce.