Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 14073 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 14073 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 05/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a MILANO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 03/07/2023 della CORTE APPELLO di MILANO visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Gen. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso udito il difensore avvocato COGNOME del foro di MILANO in difesa di COGNOME NOME, che ha insistito per raccoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 16/12/2021, la Corte di appello di Milano, in parziale riforma della sentenza del 3/5/2021 del Tribunale di Milano, con la quale NOME, nella qualità di legale rappresentante della società RAGIONE_SOCIALE, era stato dichiarato responsabile del reato di cui all’art. 10-ter d.lgs 74/2000 (omesso versamento Iva per il periodo di imposta 2014 e 2015) e condannato alla pena di mesi otto di reclusione, concedeva all’imputato il beneficio della sospensione condizionale della pena.
Avverso tale sentenza ebbe a proporre ricorso per cassazione il NOME, a mezzo del difensore di fiducia, articolando due motivi di ricorso.
Con il primo motivo deduceva violazione dell’art. 10-ter d. Igs. n. 74/2000 e correlato vizio di motivazione in relazione alla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato. Con il secondo motivo deduceva violazione dell’art. 10 ter d.lgs. n. 74/2000 e vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento dell’art. 131-bis cod. pen., lamentando che la Corte di appello aveva denegato l’applicazione della causa di esclusione della punibilità in questione, con motivazione viziata in quanto aveva rilevato erroneamente un discostamento dalla soglia di punibilità superiore a quello effettivo e non aveva considerato che l’imputato aveva ottenuto la rateizzazione del debito, con pagamento in corso che aveva ridotto il debito al di sotto della soglia di punibilità.
Con la sentenza n. 46237 del 18/102022 della Terza Sezione penale di questa Corte il primo motivo, in punto di responsabilità, veniva ritenuto manifestamente infondato, con conseguente declaratoria di inammissibilità sul punto, con la precisazione che atteso il principio della formazione progressiva del giudicato, ciò ha determinato l’irrevocabilità della sentenza in punto di affermazione della responsabilità penale, dovendo, quindi il giudice del rinvio solo verific:are in fatto l’app cabilità della causa di esclusione della punibilità (cfr. Sez. 3, n. 38380 del 15/07/2015, Rv. 264796 – 01).
Veniva, invece, ritenuto fondato il secondo motivo di ricorso, sul rilievo che la Corte territoriale, nella sentenza del 2021 aveva disatteso l’istanza di applicazione della causa di esclusione della punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen. con una motivazione viziata perché basata sul rilievo di dati erronei cori riferimento all’entità del superamento della soglia di punibilità (rilevato erroneamente in euro 78.613,00 per l’anno 2014 in luogo della entità esatta di euro 28.61.3,00 – ed in euro 96.081,00 per l’annualità 2015- in luogo della entità esatta di euro 46.081,00).
Tale erronea valutazione -secondo il giudice di legittimità- determinava il vizio motivazionale lamentato e imponeva l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente alla causa di esclusione della punibilità ex art. 131 bis cod. pen. con
rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Milano perché procedesse a nuovo giudizio sul punto.
La Corte di Appello di Milano, quale giudice del rinvio, con sentenza del 3/7/2023, ha confermato la sentenza di primo grado, ritenendo, dunque, non applicabile la causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen.
Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per C:assazione, il COGNOME, deducendo, quale unico motivo, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173, co. 1, disp. att., cod. proc. pen. violazione di legge penale e difetto di motivazione in ordine al mancato riconoscimento dell’art. 131 bis c.p., novellato dal D.Igs. 150/2022 (cd. riforma Cartabia) e travisamento della prova quanto alla relazione tecnica a firma del ProfAVV_NOTAIO NOME COGNOME).
Evidenzia il ricorrente che alcuni punti su cui è stata costruita l’accusa sono pacifici anche nella prospettiva della difesa. Così è, ad esempio, per il ruolo di legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE rivestito dal RAGIONE_SOCIALE negli anni in contestazione. E, ancora, lo sono il fatto che il medesimo ha sottoscritto i modelli di dichiarazione IVA, l’omesso versamento dell’IVA dichiarata relativa all’esercizio 2014 per C 278.613 e dell’IVA relativa al 2015 per C 296.081 e, dunque, il superamento della soglia di rilevanza penale di C 28.613 per l’esercizio 2014 e C 46.081 per l’esercizio 2015.
Ricorda che, chiamata a pronunciarsi sulla richiesta di applicazione dell’art. 131 bis cod. pen., la Corte territoriale ha ritenuto punibile il fatto sostenendo che “gli importi annualmente evasi risultano essere, comunque, molto lontani dal parametro del “superamento di poco superiore” della soglia per l’applicazione della scriminante invocata” (pag. 10).
Ebbene, il ricorrente lamenta che sotto questo profilo la Corte del merito non si sarebbe minimamente confrontata con il dato numerico (superamento della soglia in percentuale inferiore all’11,5°/0 con riferimento all’anno 2014) e con la giurisprudenza di legittimità (ex multis, la sentenza n. 51020/20:15), limitandosi ad esprimere una valutazione totalmente apodittica (gli importi dichiarati e non versati sarebbero “molto lontani” dalla soglia di rilevanza penale stabilita dal legislatore). In secondo luogo – si legge nell’unica facciata in cui si articola la motivazione della sentenza impugnata – “è completamente assente una spiegazione precisa, dettagliata e coerente di come si siano raggiunte tali cifre; manca il quadro fiscale globale di riferimento” (pag. 10).
Ebbene, in ricorso si lamenta sul punto che la Corte territoriale abbia totalmente pretermesso ogni riferimento alla relazione tecnica a firma del AVV_NOTAIO NOME COGNOME, Ordinario di Contabilità e Bilancio, depositata al termine della sua
deposizione nel corso dell’istruttoria svolta nel corso del promo grado di giudizio, cui sono allegati tutti i documenti che fotografano la situazione di RAGIONE_SOCIALE negli anni in contestazione’, e fornisce una “precisa, dettagliata e coerente” “di come si siano raggiunte” le “cifre” regolarmente indicate dal NOME nelle dichiarazioni IVA relative agli esercizi 2014 e 2015.
Inoltre, la Corte di Appello avrebbe totalmente ignorato il fatto che la cartella IVA 2014 è stata sgravata dall’RAGIONE_SOCIALE in via di autotutela a seguito di ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE dinanzi alla Commissione Tributaria e che la cartella relativa all’IVA 2015 ha formato oggetto di “rottamazione” e, nell’ambito di tale procedura (la cd. “rottamazione ter”), sono stati corrisposti € 68.983,142.
Per il ricorrente i documenti non valutati dalla Corte d’Appello, che non ha speso nemmeno una parola in relazione alle argomentazioni della difesa sulla base di quanto documentato, rileva in questa sede sia sotto il profilo di travisamento della prova sia sotto il profilo dell’omessa motivazione sul punto nodale.
La rilevanza dei dati ignorati dalla Corte territoriale si cornprenderebbe -secondo quanto si legge in ricorso- alla luce della novella ex d.lgs. 150/2022 dell’art. 131 bis cod. pen.
Per il difensore ricorrente è pacifico che NOME COGNOME, in un contesto di conclamata tensione finanziaria, ha supportato la società di cui era (ed è) amministratore, fin dal 1986, attraverso versamenti di oltre € 200.000 a titolo di finanziamento soci e rinunce ai propri emolumenti. Ed è documentalmente provato il fatto che l’imprenditore, avendo salvato la continuità aziendale, ha onorato (e sta onorando), seppure in ritardo, il debito nei confronti dell’Erario.
Altrettando provato per tabulas è il fatto che RAGIONE_SOCIALE non ha beneficiato negli anni in contestazione di un flusso di cassa sufficiente a pagare sia l’Erario sia i propri creditori strategici (per l’impresa di logistica: carburante, pedaggi autostradali, stipendi e contributi ai dipendenti).
Nel corso dell’istruttoria è stato ricostruito che RAGIONE_SOCIALE, costituita ne 1986 dal NOME, è entrata in uno stato di forte tensione finanziaria nel 2011 a causa di mancati incassi di propri crediti a fronte di fatture regolarmente emesse (che hanno determinato l’insorgere del debito {VA).
Rileva il ricorrente come, ovviamente, all’emissione di una fattura non corrisponde il saldo della stessa. Tantomeno è vero che all’emissione di una fattura corrisponda il tempestivo saldo della stessa. E l’intempestività dell’incasso, oltre all’incertezza dell’incasso tout court, assume particolare rilievo a fronte della tranciante perentorietà del termine ultimo concesso al contribuente per far fronte alle corrispondenti obbligazioni tributarie, termine la cui mancata , osservanza determina automaticamente la rilevanza penale della condotta omissiva.
La rinuncia ai propri emolumenti e il versamento degli stipendi ai dipendenti con risorse proprie -si evidenzia in ricorso- ha rappresentato il massimo sforzo possibile per il COGNOME. COGNOME è andata in crisi a causa RAGIONE_SOCIALE sfasature temporali fra i pagamenti che la società doveva fare e faceva, e i pagamenti che doveva ricevere e non riceveva. In tale situazione critica, per NOME COGNOME la strada era obbligata: andare avanti nei limiti del possibile, per tutelare il lavoro dei propr dipendenti e attendere il superamento della crisi individuando nuovi clienti, per poi pagare ratealmente – come ha fatto e come sta facendo – il debito IVA. In questo contesto il COGNOME non ha esitato a versare ingenti somme personali nelle casse della società e a rinunciare ai propri emolumenti alfine di tutelare i posti di lavoro dei dipendenti e di corrispondere quanto possibile all’Erario.
È stata -si sostiene- una scelta presa secondo scienza e coscienza, nell’interesse anche dei creditori, Erario incluso.
Evidenzia il ricorrente che sono in atti, depositati dalla difesa, i documenti che attestano l’origine della crisi, la mancanza di liquidità e l’inesistenza di alternativ percorribili al mancato versamento della imposta liquidata. E la storia raccontata dal COGNOME e documentata dal Consulente Tecnico AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
La situazione di grave crisi di liquidità -prosegue il ricorso- emerge non soltanto dalla analisi degli estratti conto, ma anche dalle risultanze di bilancio degli esercizi al 31/12/2014, al 31/12/2015 e al 31/12/2016.
Nella vicenda “RAGIONE_SOCIALE” -prosegue il ricorso- è stato documentato e riconosciuto anche nelle precedenti sentenze di merito il fatto che la mancanza di liquidità dipendeva da cause esterne alle scelte dell’imprenditore.
Per il ricorrente il contesto ignorato dalla Corte territoriale, che ha paventato un indefinito mancato rispetto dell’onere di allegazione, non può che condurre ad un annullamento con rinvio della sentenza sul punto, in assenza di risposta coerente con il compendio probatorio in atti.
La sentenza impugnata -prosegue il ricorso- ha infine sottolineato, “a sostegno della mancata applicazione dell’articolo 131 bis c.p., l’importanza della continuazione del reato – accertata RAGIONE_SOCIALE sentenze precedenti – in quanto l’imputato COGNOME ha omesso di versare !IVA sia per l’anno 2014 che per l’anno 2015, tenendo conto anche del precedente del 2013 di medesima natura (articolo 10-ter D.Igs n. 74 del 2000), ciò permette di delineare la condotta dell’imputato come “abituale” (pag. 10).
La Corte di Appello – ci si duole- non ha minimamente tenuto conto del fatto che il reato sotteso al decreto penale di condanna emesso nei confronti del NOME in relazione all’IVA 2013 è stato dichiarato estinto ai sensi dell’art. 460, comma 5, cod. proc. pen. (e con esso il debito erariale) come da provvedimento depositato all’udienza del 3 luglio 2023.
La Corte ha erroneamente interpretato l’art. 131 bis, comma 3 cod. pen., dal momento che, ai fini della valutazione del presupposto ostativo del comportamento abituale, non avrebbe dovuto prendere in considerazione i reati estinti ai sensi dell’art 460, comma 5, cod. proc. pen., come ribadito anche recentemente da Sez. 4 n. 11732/2021 secondo cui “l’estinzione degli effetti penali conseguenti al decorso del tempo in reazione ad un decreto penale di condanna implica che della condanna non possa tenersi conto ai fini dell’applicazione della recidiva o RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni di abitualità o professionalità del reato e impedisce anche di tenere in considerazione il reato estinto, ai sensi dell’art. 460, comma 5 cod. proc. pen., ai fini dell’abitualità del comportamento, ai sensi del terzo comma dell’art. 131 bis c.p.”.
L’erronea valorizzazione del decreto di condanna in relazione ad un reato dichiarato estinto rileverebbe in questa sede quale difetto di motivazione.
Su queste premesse (tenendo conto del travisamento di prove documentali acquisite agli atti del processo), la difesa evidenzia come, nel corso del giudizio di rinvio, tenuto conto della modifica dell’art. 131 bis c.p. a seguito della cd. Riforma Cartabia, fosse stato evidenziato che il pagamento rateale del debito tributario deve essere apprezzato alla stregua di una “condotta susseguente al reato”, in virtù della quale il comportamento tenuto dal NOME post-factum incide sulla valutazione della particolare tenuità del fatto, ai fini dell’applicazione della caus di non punibilità.
Sul punto viene segnalata la recentissima Sez. 3, n. 28031/2023 in tema di omesso versamento IVA.
Chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata.
Le parti hanno concluso in pubblica udienza come riporl:ato in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato e, pertanto, la sentenza impugnata va annullata limitatamente alla valutazione relativa all’applicabilità dell’art. 131 bis cod. pen con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte d’Appello di Milano.
Ricordava il precedente giudice di legittimità come questa Corte abbia affermato come, in tema omesso versamento di IVA, la causa di non punibilità della “particolare tenuità del fatto”, prevista dall’art. 131-bis cod. pen., è applicabi soltanto alla omissione per un ammontare vicinissimo alla soglia di punibilità, fissata a 250.000 euro dall’art. 10-ter d.lgs. n. 74 del 2000, in considerazione del fatto che il grado di offensività che dà luogo a reato è già stato valutato dal le9islatore nella determinazione della soglia di rilevanza penale (Sez. 3, n. 13218 del 20/11/2015 , dep.01/04/2016, Rv.266570 – 01) e che, in tema di reati tributari
caratterizzati dalla soglia di punibilità, già solo il superamento in misura significa tiva di detta soglia preclude la configurabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, laddove, invece, se tale superamento è di poco superiore, può procedersi a valutare i restanti parametri afferenti la condotta nella sua interezza (Sez.3, n. 15020 del 22/01/2019, COGNOME, Rv. 275931 – 01; conf. Sez. 3, n. 12906 del 13/11/2018, dep. 2019, Canella, Rv. 276546 – 01; Sez. 3, n. 16599 del 3/06/2020, COGNOME Torre, Rv. 278946).
Se ciò è vero, però, lo è anche che la stringata motivazione del provvedimento impugnato (che, al di là del riepilogo RAGIONE_SOCIALE fasi pregresse, si limita alle pagg. 1011 del provvedimento impugnato) non ha tenuto conto di taluni elementi di cui fondatamente si duole il ricorrente.
In primis, i giudici milanesi non si sono, in concreto, confrontati con il dato numerico (superamento della soglia in percentuale inferiore all’11,5% con riferimento all’anno 2014) e con la giurisprudenza di legittimità (ex multis, la sentenza n. 51020/2015), limitandosi ad esprimere una valutazione che fondatamente il ricorrente ritiene apodittica (gli importi dichiarati e non versati, secondo quanto si legge nel provvedimento impugnato, sarebbero “molto lontani” dalla soglia di rilevanza penale stabilita dal legislatore).
In secondo luogo, laddove in sentenza si legge che “è completamente assente una spiegazione precisa, dettagliata e coerente di come si siano raggiunte tali cifre; manca il quadro fiscale globale di riferimento” (pag. 10), la Corte territoriale mostra di non avere in alcun modo valutato la relazione tecnica a firma del AVV_NOTAIO NOME COGNOME, Ordinario di Contabilità e Bilancio, depositata al termine della sua deposizione nel corso dell’istruttoria svolta nel corso del promo grado di giudizio, cui sono allegati tutti i documenti che fotografano la situazione della società RAGIONE_SOCIALE negli anni in contestazione’, e che fornisce una spiegazione su siano raggiunte” le “cifre” regolarmente indicate dal NOME nelle dichiarazioni IVA relative agli esercizi 2014 e 2015.
Fondata è anche la doglianza con cui sii censura la motivazione della sentenza impugnata in punto di abitualità del reato.
I giudici milanesi sono essi stessi a richiamare, tra gli altri, il dictum di Sez. U, n. 18891 del 27/01/2022, COGNOME, Rv. 283064 – 01, secondo cui la pluralità di reati unificati nel vincolo della continuazione non è di per sé ostativa alla configurabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto la quale può essere riconosciuta dal giudice all’esito di una valutazione complessiva della fattispecie concreta, che – salve le condizionl ostative tassativamente previste dall’art. 131-bis cod. pen. per escludere la particolare tenuità dell’offesa o per qualificare il comportamento come abituale – tenga conto di una serie di
indicatori rappresentati, in particolare, dalla natura e dalla gravità degli illeciti continuazione, dalla tipologia dei beni giuridici protetti, dall’entità RAGIONE_SOCIALE disposizio di legge violate, dalle finalità e dalle modalità esecutive RAGIONE_SOCIALE condotte, dalle lor motivazioni e dalle conseguenze che ne sono derivate, dal periodo di tempo e dal contesto in cui le diverse violazioni si collocano, dall’intensità del dolo e dalla ril vanza attribuibile ai comportamenti successivi ai fatti.
Tuttavia, la Corte territoriale non opera un buon governo della giurisprudenza di legittimità che cita, nel momento in cui giunge alla conclusione – che si legge in sentenza a pag. 10, senza ulteriori valutazioni- secondo cui «permette di delineare la condotta dell’imputato come abituale (…) l’importanza della continuazione del reato – accertata RAGIONE_SOCIALE sentenze precedenti – in quanto l’imputato COGNOME ha omesso di versare VIVA sia per l’anno 2014 che per l’anno 2015, tenendo conto anche del precedente del 2013 di medesima natura (articolo 1.0-ter D. Lgs n. 74 del 2000)».
Nel pervenire a tali conclusioni, come fondatamente lamenta il ricorrente, i giudici milanesi paiono no aver tenuto in alcun conto del fatto che il reato sotteso al decreto penale di condanna emesso nei c:onfronti del NOME in relazione all’IVA 2013, come da provvedimento depositato all’udienza del 3 luglio 2023, è stato dichiarato estinto ai sensi dell’art. 460, comma 5, cod. proc. pen. (e con esso il debito erariale)
Ed invero, se così è, andava tenuto conto che in tema di non punibilità per particolare tenuità del fatto, il presupposto ostativo del compc>rtamento abituale ricorre quando l’autore, anche successivamente al reato per cui si procede, abbia commesso almeno altri due reati della stessa indole, incidentalmente accertabili da parte del giudice procedente (cfr. Sez. 6, n. 6551 del 09/01/2020, COGNOME Anci, Rv. 278347 – 01 in un caso in cui, in un procedimento per reato di evasione, la Corte di appello aveva escluso la causa di non punibilità e>: art. 131-bis cod. pen., avendo valutato l’esistenza di analoghe condotte pregresse risultanti dagli atti). E che, ai fini della valutazione del presupposto ostativo del comportamento abituale, ai sensi dell’art. 131-bis, comma terzo, cod. pen., non va tenuto conto dei reati estinti ai sensi dell’art. 460, comma 5, cod. proc. pen., conseguendo all’estinzione del reato anche l’elisione di ogni effetto penale della condanna (Sez. 4, n. 11732 del 17/03/2021, COGNOME, Rv. 280705 – 01).
La Corte territoriale, inoltre, come pure fondatamente lamenta il ricorrente, doveva valutare anche l’incidenza sulla vicenda processuale in esame della novella del 2022 che ha modificato, permettendo la valutabilità della condotta successiva al reato, la disciplina della speciale causa di non punibilità di cui all’art. 131-b
cod. pen. Ciò perché, allorquando è intervenuta la sentenza di rinvio, era già vigente la disposizione di cui all’art. 131-bis cod. pen., come modificata dall’art. 1, comma 1, lett. c) n. 1, d.lgs. 30 ottobre 2022, n. 150, che ha introdotto più ampi parametri legali di applicabilità della causa estintiva del reato, che per giurisprudenza pacifica si applica anche nei giudizi pendenti alla data di entrata in vigore della modifica, relativi ai fatti reato commessi prima della entrata in vigore del citato decreto (cfr. Sez. 4, n. 17190 del 16/03/2023, COGNOME, Rv. 284606 – 01; conf. Sez. 6, n. 7573 del 27/01/2023, COGNOME, Rv. 284241 – 02)
La Corte milanese, invece, mostra di non avere in alcun modo valutato il fatto che la cartella IVA 2014 sia stata sgravata dall’RAGIONE_SOCIALE in via di autotutela a seguito di ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE dinanzi alla Commissione Tributaria e che la cartella relativa all’IVA 2015 ha formato oggetto di “rottamazione” e, nell’ambito di tale procedura (la cd. “rottamazione ter”), per cui sono stati corrisposti dal contribuente all’Erario 68.983,142.
Condivisibilmente, come ricorda il ricorrente, Sez. 3, n. 28031 del 24/5/2023, Cundarí, non mass., proprio in tema di omesso versamento IVA si è pronunciata sulla rilevanza ex art. 131 bis cod. pen. della condotta successiva alla commissione del reato (pagamento del debito tributario) ai fini del riconoscimento della particolare tenuità del fatto. In quel caso la Corte di legittimità ebbe a ritenere essere «indubbio che la condotta “susseguente” al reato (che, ove intervenuta “prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado”, avrebbe certamente consentito l’applicabilità dell’altra speciale causa di non punibilità prevista dall’art. 13, comma 1, D.Igs. n. 74 del 2000), ha sostanzialmente neutralizzato la gravità dell’offesa, originariamente consistente (notevole essendo indubbiamente l’importo il cui versamento era stato omesso, pari a poco meno di 710.000 euro), provocata all’Erario, avendo i ricorrenti dimostrato con il proprio comportamento la volontà di assolvere il debito tributario, provvedendo tempestivamente ad onorare il piano rateale concordato con il Fisco, tanto da determinare l’adozione in appello del provvedimento di revoca della disposta confisca in primo grado». E anche in quel caso, dalla motivazione dei giudici di appello, emergeva come il successivo versamento rateale del debito tributario «…non è stato valutato in termini di condotta “susseguente” al reato nei termini richiesti dalla nuova previsione (e non poteva, del resto, esserlo, non essendo a tale data ancora entrata in vigore la novella dell’art. 131-bis, cod. pen.), essendosi limitata la Corte territoriale a esprimere una semplice valutazione in termini recessivi di tale condotta, a fronte del danno erariale cagionato sia in assoluto sia in rapporto alla soglia di punibilità, in considerazione del notevole importo il cui versamento era stato omesso».
5. Il medesimo principio, applicato alla sentenza emessa nei confronti del COGNOME, impone un annullamento con rinvio per valutare i profili su cui la Corte territoriale ha omesso di pronunciarsi. Ritiene, infatti, questa Corte di legittimità di non avere a propria disposizione tutti gli elementi per operare in proprio tale valutazione, nel solco del dictum secondo cui la Corte di cassazione, può essa stessa apprezzare la condotta dell’imputato susseguente al reato quale circostanza sopravvenuta nell’ambito del complessivo giudizio sull’entità dell’offesa – e dunque ritenere o meno sussistente la causa di non punibilità ex art. 131 bis cod. pen.nel solo caso in cui siano immediatamente rilevabili dagli atti i presupposti per la sua applicazione o meno e non siano necessari ulteriori accertamenti fattuali (Sez. 2, n. 396 del 17/11/2023, dep. 2024, Malocchi Rv. 285726 – 01)
Viceversa, in casi come quello che ci occupa, la valutazione andrà rimessa al più ampio potere discrezionale del giudice del merito.
Quest’ultimo dovrà tenere conto, da un lato che, in tema di non punibilità per la particolare tenuità del fatto, la condotta susseguente al real:o, per effetto della novella dell’art. 131-bis cod. pen. ad opera del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, non potrà, di per sé sola, rendere di particolare tenuità un’offesa che tale non era al momento del fatto (cfr. Sez. 3, n. 18029 del 2/05/2023, Rv. 284497 – 01) ma dall’altro che la stessa può essere valorizzata nell’ambite del giudizio complessivo sull’entità dell’offesa recata, da effettuarsi alla stregua dei parametri di cui all’a 133, comma 1. cod. pen. (vedasi Sez. 3, n. 18029 del 04/04/2023, COGNOME, Rv. 284497 – 01).
Ed invero, come emerge dalla Relazione illustrativa 31 d.lgs. 150 del 2022 (p. 346), la condotta susseguente al reato acquiista rilievo, nella disciplina dell’art. 131-bis cod. pen., non come esclusivo e autosufficiente indice-requisito di tenuità dell’offesa, bensì come ulteriore criterio, accanto a tutti quelli contemplati dall’art 133, comma primo, cod. pen. (ossia la natura, la specie, i mezzi, l’oggetto, il tempo, il luogo e ogni altra modalità dell’azione; la gravità del danno o del pericolo; l’intensità del dolo o della colpa): elementi tutti che, nell’ambito di un giudiz complessivo e unitario, il giudice è chiamato a valutare per apprezzare il grado dell’offesa, e
La condotta susseguente al reato costituisce oggi elemento suscettibile di valutazione nell’ambito del giudizio sulla sussistenza RAGIONE_SOCIALE condizioni per la concreta applicabilità dell’esimente, in quanto può rilevare ai fini dell’apprezzamento dell’entità del danno, ovvero come possibile spia dell’intensità dell’elemento soggettivo (Sez. 3, n. 20279 del 21/03/2023 Malgrati Rv. 284617 — 01).
Come ricorda la già citata Sez. 3 n. 28031 del 24/05/2023 Cundari non mass. nella Relazione illustrativa al d.lgs. 150 del 2022, il legislatore delegato ha volutamente utilizzato un’espressione ampia e scarsamente selettiva – quale, appunto,
«condotta susseguente al reato» – allo scopo di «non limitare la discrezionalità del giudice che, nel valorizzare le condotte post delictum, potrà fare affidamento su una locuzione elastica ben nota alla prassi giurisprudenziale, figurando tra i criteri di commisurazione della pena di cui all’art. 133, comma secondo, n. 3 cod. pen.».
Da quanto appena esposto ne discende che il giudice potrà perciò valutare una vasta gamma di condotte definite solo dal punto di vista cronologico-temporale, dovendo essere “susseguenti” al reato, ed evidentemente in grado di incidere sulla misura dell’offesa, e ciò vale non solo nel caso in cui le condotte susseguenti riducano il grado dell’offesa – quali le restituzioni, il risarcimento del danno, condotte riparatorie, le condotte di ripristino dello stato dei luoghi, l’accesso programmi di giustizia riparativa, o, come nel caso in esame, l’intervenuto adempimento dell’obbligo tributario mediante l’integrale pagamento del debito erariale secondo il piano di rateizzazione concordato con il Fisco – ma anche, e specularmente, quando RAGIONE_SOCIALE condotte aggravino la lesione – inizialmente “tenue” – del bene protetto.
Il giudice del rinvio dovrà valutare se nel caso che ci occupa la condotta “susseguente” al reato, intervenuta “prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado”, certamente in stratto tale da consentire l’applicabilità dell’altra speciale causa di non punibilità prevista dall’art. 13, comma 1, d.lgs. n. 74 del 2000), la consenta anche in concreto, in quanto, posta in comparazione con gli altri elementi sopra ricordati, possa dirsi che abbia o meno sostanzialmente neutralizzato la gravità dell’offesa, originariamente consistente (notevole essendo indubbiamente di non poco conto l’importo il cui versamento era stato omesso) provocata all’Erario,
6. Conclusivamente, va ribadito e riaffermato il principio di diritto per cui: Tra le condotta susseguenti al reato, che per effetto della novella dell’art. 131-bis cod. pen. ad opera del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, non possono, di per sé sole, rendere di particolare tenuità un’offesa che tale non era al momento del fatto, ma che tuttavia possono essere valorizzata nell’ambito del giudizio complessivo sull’entità dell’offesa recata, da effettuarsi alla stregua dei parametri di cui all’a 133, comma 1. cod. pen. vi è anche l’integrale o anche parziale adempimento del debito tributario con l’Erario, anche attraverso un piano rateale concordato con il Fisco o l’adesione a provvedimenti relativi alla c.d. rottamazione RAGIONE_SOCIALE cartelle esattoriali”.
Resta naturalmente ferma anche la condivisibile giurisprudenza di questa Corte secondo cui, ai fini dell’applicabilità della causa di esclusione della punibilit per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis cod. pen., il giudizio su
tenuità dell’offesa dev’essere effettuato con riferimento ai criteri di cui all’art. 13 comma primo, cod. pen., ma non è necessaria la disamina di tutti gli elementi di valutazione previsti, essendo sufficiente l’indicazione di quelli ritenuti rilevanti un senso o nell’altro (cfr. Sez. 7, Ordinanza n. 10481 del 19/01/2022, Deplano, Rv. 283044 – 01, in cui la Corte ha ritenuto corretta la mancata applicazione della causa di esclusione della punibilità in conseguenza di lesioni stradali provocate dalla guida di un veicolo sprovvisto di assicurazione); conf. SeZ. 6, n. 55107 del 08/11/2018, COGNOME, Rv. 274647 – 01 che, in motivazione ha ritenuto corretta la mancata applicazione di tale causa di esclusione della punibiiità in conseguenza della fuga dell’imputato subito dopo il fatto, senza che ciò si ponga in contrasto con la concessione RAGIONE_SOCIALE attenuanti generiche, giustificata dalla successiva condotta processuale del predetto; conf. Sez. 3, n. 34151 del 18/06/2018 COGNOME ed altro Rv. 273678 – 01 che ha affermato che, ai fini dell’esclusione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, ha ritenuto adeguata la motivazione che dia conto dell’assenza di uno soltanto dei presupposti richiesti dall’art. 131-bis ritenuto, evidentemente, decisivo).
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla valutazione relativa all’applicabilità dell’art. 131 bis c.p. e rinvia per nuovo esame sul punto ad altra sezione della Corte d’Appello di Milano.
Così deciso in Roma il 5 marzo 2024 Il Cqnsigliere este COGNOME re COGNOME
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