Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 11722 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 11722 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 14/03/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
– Relatore –
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a SOVERIA COGNOME il 06/08/1969 avverso la sentenza del 19/02/2024 della Corte d’appello di Catanzaro lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso. lette le conclusioni del difensore del ricorrente, avv. NOME COGNOME che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 4 novembre 2020 il Tribunale di Catanzaro, in rito abbreviato, ha condannato NOME COGNOME alla pena di 3 mesi di arresto e 500 euro di ammenda per il reato di cui all’art. 4 l. 18 aprile 1975, n. 110, commesso il 5 dicembre 2018.
Con sentenza del 19 febbraio 2024 la Corte di appello di Catanzaro ha confermato la sentenza di primo grado.
Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso l’imputato, per il tramite del difensore, con i seguenti motivi di seguito descritti nei limiti strettamente necessari ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
Con il primo motivo deduce violazione di legge, perchŁ il reato era prescritto prima della sentenza di appello e sul punto manca motivazione nella sentenza.
Con il secondo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione per il mancato riconoscimento della sussistenza della causa di non punibilità di cui all’art. 131bis cod. pen. perchØ dalla stessa sentenza di primo grado emerge che il fatto non era particolarmente allarmante, mentre la motivazione del giudice di appello che onera l’imputato di indicare gli elementi specifici da cui desumere la particolare tenuità non Ł corretta.
Con requisitoria scritta il Procuratore generale, NOME COGNOME ha concluso per il rigetto del
ricorso.
Il difensore dell’imputato, avv. NOME COGNOME ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł infondato.
Il primo motivo, dedicato alla prescrizione del reato, Ł infondato.
Il reato per cui l’imputato Ł stato condannato Ł una contravvenzione, che si prescrive ex art. 157, primo comma, cod. pen., in quattro anni, che, per effetto dell’intervento degli atti interruttivi della prescrizione di cui all’art. 160 cod. pen., diventano cinque anni, ai sensi dell’art. 161, secondo comma, stesso codice. Il reato Ł stato commesso il 5 dicembre 2018, i cinque anni maturerebbero il 5 dicembre 2023.
Al reato, però, Ł applicabile anche la causa di sospensione della prescrizione che era prevista dall’art. 159, secondo comma, nn. 1 e 2, cod. pen. nel testo vigente alla data in cui Ł stato commesso il fatto.
L’applicabilità ai reati commessi tra il 3 agosto 2017 ed il 31 dicembre 2019 delle cause di sospensione della prescrizione previste dai n. 1 e 2 del secondo comma dell’art. 159 cod. pen., nel testo introdotto dall’art. 1, comma 11, l. 23 giugno 2017, n. 103, Ł stata, infatti, ritenuta dal giudice di legittimità nella sua massima composizione nella pronuncia v. Sez. U, 12/12/2024 (informazione provvisoria).
Ne consegue che ai cinque anni, conseguenza del disposto degli artt. 157 e 161 cod. pen. sopra richiamati, deve essere aggiunto 1 anno e 6 mesi ex art. 159, secondo comma, n. 1, cod. pen., il che rende il reato non prescritto alla data della pronuncia di appello, al contrario di quanto dedotto in ricorso.
Conseguentemente il reato non Ł prescritto, peraltro, neanche alla data di pronuncia di questa sentenza.
Il motivo Ł, pertanto, infondato.
Anche il secondo motivo, dedicato alla causa di non punibilità di cui all’art. 131bis cod. pen., Ł infondato
Il giudice di primo grado ha respinto la richiesta di applicazione del beneficio perchØ il coltello aveva una lama di 7 cm e, pertanto, non poteva ritenersi tenue l’offesa che il porto di esso aveva determinato.
La sentenza di appello ha aggiunto che l’imputato non aveva indicato gli elementi di fatto che avrebbero dovuto portare a riconoscere la tenuità dell’offesa.
In effetti, l’atto d’appello non indicava gli elementi di fatto che avrebbero dovuto indurre a ritenere tenue l’offesa, ma evidenziava che il riconoscimento del beneficio avrebbe dovuto conseguire alla motivazione, secondo cui era il ‘fatto non particolarmente allarmante’, utilizzata dal giudice di primo grado per giustificare l’applicazione del minimo edittale.
Il motivo Ł infondato, perchØ sul punto questa Corte ha già stabilito che ‘l’esclusione della particolare tenuità del fatto Ł compatibile con l’irrogazione del minimo della pena’ (Sez. 6, n. 44417 del 22/10/2015, COGNOME, Rv. 265065), in quanto si tratta di operazioni interpretative rette da ragioni differenti, atteso che ‘i parametri di valutazione di cui all’art. 131-bis cod. pen. hanno natura e struttura oggettiva, ed operano su un piano diverso da quelli sulla personalità del reo’ (Sez. 3, n. 35757 del 23/11/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 270948).
Il ricorso Ł, pertanto, infondato. Ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., alla decisione consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così Ł deciso, 14/03/2025
Il Consigliere estensore COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME