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Particolare tenuità del fatto: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 25969/2024, ha annullato con rinvio la decisione di una Corte d’Appello che negava l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto basandosi esclusivamente sui precedenti penali dell’imputato. La Corte ha chiarito che i precedenti non sono un ostacolo automatico, ma devono essere valutati nel contesto di un comportamento abituale. Un reato estinto per messa alla prova non può essere considerato a tal fine. La condanna per ricettazione di un netbook è stata confermata, ma la valutazione sulla tenuità del fatto dovrà essere riesaminata.

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Pubblicato il 1 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Particolare tenuità del fatto: non basta un precedente penale per escluderla

Introduzione

La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 25969 del 2024, è intervenuta su un tema di grande rilevanza pratica: i limiti all’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131-bis del codice penale. La pronuncia chiarisce che la sola presenza di precedenti penali nel casellario giudiziale non è sufficiente a negare questo beneficio, essendo necessaria una valutazione più approfondita sulla natura abituale del comportamento del reo.

I Fatti del Caso

La vicenda processuale ha origine dalla condanna di un uomo per il reato di ricettazione di un computer portatile (netbook) di provenienza furtiva. La Corte d’Appello, pur riformando parzialmente la sentenza di primo grado, aveva confermato la responsabilità penale per la ricettazione. Tuttavia, aveva negato il riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, motivando la decisione esclusivamente sulla base delle risultanze del certificato del casellario giudiziale dell’imputato.

Contro questa decisione, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando, tra le altre cose, proprio l’errata applicazione dell’art. 131-bis c.p. A suo avviso, i giudici di merito si erano appiattiti sulla mera esistenza di precedenti, senza compiere la complessa valutazione richiesta dalla norma.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto parzialmente il ricorso, annullando la sentenza impugnata limitatamente al punto relativo all’applicabilità della causa di non punibilità. Ha invece dichiarato inammissibili gli altri motivi di ricorso, confermando di fatto l’accertamento della responsabilità per il reato di ricettazione.

La Corte ha stabilito che la Corte d’Appello dovrà procedere a un nuovo giudizio, valutando se il fatto possa essere considerato di particolare tenuità sulla base dei criteri oggettivi previsti dalla legge, senza poterlo escludere a priori solo per la presenza di precedenti penali.

Le motivazioni sulla particolare tenuità del fatto

Il cuore della sentenza risiede nelle motivazioni relative al terzo motivo di ricorso. La Cassazione ha ribadito che il giudizio sulla particolare tenuità del fatto richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità del caso concreto, ai sensi dell’art. 133 c.p., quali le modalità della condotta, il grado di colpevolezza e l’entità del danno.

L’applicazione di questo istituto è però preclusa se il comportamento dell’agente risulta “abituale”. La legge stessa definisce quando un comportamento è abituale: ad esempio, quando l’imputato è stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza, oppure quando ha commesso più reati della stessa indole. La Corte sottolinea che, al di fuori di queste ipotesi tassative, la mera esistenza di precedenti penali non può giustificare di per sé l’esclusione della causa di non punibilità. I parametri di valutazione della tenuità hanno natura oggettiva (modalità della condotta, esiguità del danno), mentre i precedenti penali attengono al diverso piano della personalità del reo.

Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva fondato il suo diniego esclusivamente sul casellario giudiziale. La Cassazione ha rilevato un errore in questo ragionamento, evidenziando che uno dei due precedenti menzionati era un reato estinto per esito positivo della messa alla prova. Come chiarito da precedente giurisprudenza, un reato estinto in questo modo non può essere considerato per valutare il presupposto del comportamento abituale, poiché l’estinzione cancella ogni effetto penale della condanna.

Di conseguenza, venendo meno una valenza ostativa dei precedenti penali, la Corte d’Appello avrebbe dovuto giudicare la tenuità del fatto basandosi sui parametri oggettivi previsti dalla norma (come la modalità della condotta e l’esiguità del danno), cosa che invece aveva del tutto omesso di fare.

Le motivazioni sulla ricettazione

Per quanto riguarda la condanna per ricettazione, la Cassazione ha ritenuto infondati i motivi di ricorso. Ha confermato l’orientamento consolidato secondo cui risponde di ricettazione l’imputato che, trovato in possesso di refurtiva, non fornisca una spiegazione attendibile sull’origine del bene. L’omessa o non credibile indicazione della provenienza costituisce prova della conoscenza dell’illiceità della stessa. Nel caso di specie, la generica giustificazione di aver acquistato il netbook in un mercato non è stata ritenuta sufficiente a superare la presunzione di colpevolezza.

Conclusioni

Questa sentenza offre un’importante lezione sull’applicazione dell’istituto della particolare tenuità del fatto. La Corte di Cassazione riafferma la necessità di una distinzione netta tra la valutazione oggettiva del fatto-reato e quella soggettiva della personalità dell’autore. I precedenti penali non sono un’etichetta indelebile che preclude a priori l’accesso a benefici di legge, ma devono essere interpretati secondo i precisi paletti fissati dal legislatore. La decisione impone ai giudici di merito un’analisi rigorosa e non superficiale, che non si fermi al dato formale del casellario giudiziale ma entri nel merito della specifica condotta contestata.

Possedere un oggetto rubato senza saperne spiegare l’origine è sufficiente per una condanna per ricettazione?
Sì. La Corte di Cassazione conferma che l’imputato trovato in possesso di beni di provenienza illecita che non fornisce una spiegazione attendibile e credibile sulla loro origine può essere condannato per ricettazione, in quanto tale circostanza è considerata una prova sufficiente della consapevolezza della provenienza delittuosa.

Avere precedenti penali esclude automaticamente la non punibilità per particolare tenuità del fatto?
No. La sentenza chiarisce che la sola esistenza di precedenti penali non è una causa automatica di esclusione. L’esclusione opera solo se i precedenti configurano un “comportamento abituale”, come nei casi in cui l’imputato sia stato dichiarato delinquente abituale o abbia commesso più reati della stessa indole. In assenza di ciò, il giudice deve valutare la tenuità del fatto in base a criteri oggettivi (modalità della condotta, danno, etc.).

Un reato estinto dopo l’esito positivo della messa alla prova può essere usato per negare la particolare tenuità del fatto?
No. La Corte ha specificato che un reato dichiarato estinto per esito positivo della messa alla prova non può essere utilizzato per dimostrare il “comportamento abituale” ostativo alla concessione della non punibilità. L’estinzione del reato, infatti, comporta l’elisione di ogni effetto penale della condanna.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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