Particolare Tenuità del Fatto: Quando la Recidiva la Esclude?
L’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’articolo 131-bis del codice penale, rappresenta un importante strumento di deflazione processuale. Tuttavia, la sua concessione non è automatica e dipende da una valutazione complessiva della condotta e della personalità dell’autore del reato. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 21241/2024) ha ribadito come la recidiva e l’intensità del dolo possano costituire ostacoli insormontabili per l’applicazione di questo beneficio.
I Fatti del Caso
Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda una persona condannata in secondo grado dalla Corte d’Appello di Perugia per il reato di evasione, previsto dall’art. 385 del codice penale. L’imputato, non accettando la condanna, ha proposto ricorso in Cassazione, affidandosi a un unico motivo: la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.
Il Motivo del Ricorso e la valutazione sulla particolare tenuità del fatto
La difesa del ricorrente sosteneva che i giudici di merito avessero erroneamente negato il beneficio dell’art. 131-bis c.p., senza considerare adeguatamente la lieve entità del danno o del pericolo cagionato. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso inammissibile, evidenziando una carenza fondamentale nell’argomentazione difensiva. Secondo gli Ermellini, il ricorso era generico e non si confrontava specificamente con la motivazione, seppur implicita, della sentenza impugnata.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha chiarito che i giudici d’appello, nel confermare la condanna, avevano implicitamente escluso la particolare tenuità del fatto basandosi su due elementi cruciali: l’intensità del dolo e la maggiore capacità criminale dell’imputato. Quest’ultima, in particolare, era stata desunta dalla sua condizione di recidivo.
In altre parole, la Corte d’Appello aveva ritenuto che il comportamento non fosse affatto di lieve entità, proprio perché commesso da un soggetto che, avendo già subito condanne, dimostrava una spiccata propensione a delinquere e una volontà criminosa più intensa. Il ricorso in Cassazione, non avendo contestato questo specifico ragionamento, si è rivelato inefficace. La Suprema Corte ha dunque concluso che un ricorso, per essere ammissibile, deve affrontare e smontare punto per punto le argomentazioni della sentenza che intende contestare, anche quelle non esplicitate ma chiaramente desumibili dal contesto motivazionale.
Le Conclusioni
Questa decisione ribadisce un principio fondamentale: la recidiva non è un mero dato anagrafico, ma un elemento che il giudice può e deve valutare per misurare la gravità complessiva del reato e la personalità dell’imputato. Ai fini dell’applicazione dell’art. 131-bis c.p., la condizione di recidivo può essere interpretata come un indicatore di una maggiore capacità criminale e di un’intensità del dolo che rendono il fatto tutt’altro che “particolarmente tenue”. Di conseguenza, chi intende appellarsi alla particolare tenuità del fatto deve essere preparato a contestare specificamente ogni elemento, anche implicito, che la Corte abbia utilizzato per negare tale beneficio, dimostrando perché, nonostante la recidiva, il singolo episodio delittuoso possa comunque essere considerato di minima offensività.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato giudicato inammissibile perché non affrontava specificamente il ragionamento implicito della Corte d’Appello, la quale aveva negato la particolare tenuità del fatto basandosi sull’intensità del dolo e sulla maggiore capacità criminale del ricorrente, desunta dalla sua recidiva.
In che modo la recidiva ha influenzato la decisione?
La recidiva è stata considerata un indicatore di una maggiore capacità criminale dell’imputato e di un’intensità del dolo più elevata. Questi elementi sono stati ritenuti ostativi al riconoscimento della particolare tenuità del fatto, che richiede un’offesa minima e un comportamento non abituale.
Cosa deve fare un ricorso per essere considerato ammissibile in questi casi?
Per essere ammissibile, un ricorso deve confrontarsi in modo specifico e puntuale con tutte le argomentazioni della sentenza impugnata, comprese quelle implicite. Non è sufficiente una contestazione generica, ma occorre smontare il ragionamento logico-giuridico seguito dal giudice di merito per negare un determinato beneficio.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 21241 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 21241 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 17/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a ROMA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 09/06/2023 della CORTE APPELLO di PERUGIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
n. 410/24 COGNOME
OSSERVA
Visti gli atti e la sentenza impugnata (condanna per il reato di cui all’ art. 385 cod. pen
Esaminati i motivi di ricorso;
Ritenuto che l’unico motivo di ricorso attinente alla negata applicazione della causa di n punibilità ex art. 131-bis cod. pen. non si confronta con il riferimento implicito fatto dalla con riguardo all’intensità del dolo per effetto della maggior capacità criminale dovuta recidiva (v. pag. 2);
Rilevato, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favor della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processua
e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 17/05/2024