Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 12994 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 12994 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 01/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di COGNOME NOME, nato in Bielorussia il DATA_NASCITA, contro la sentenza della Corte d’appello di Bari dell’11.11.2022;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’annullamento della sentenza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
La Corte d’appello di Bari ha confermato la sentenza con cui, in data 12.6.2018, il Tribunale di Trani aveva riconosciuto NOME COGNOME responsabile del delitto di ricettazione a lui ascritto e, ritenuta la ipotesi “lieve” cui all’allora comma secondo dell’art. 648 cod. pen. e con la riduzione per la scelta
del rito premiale, l’aveva condannato alla pena di mesi 6 di reclusione ed euro 400 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali;
ricorre per cassazione il COGNOME a mezzo del difensore che deduce:
2.1 carenza, manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione in ordine alla responsabilità: riporta le dichiarazioni rese dall’imputato in ordine all’acquisto della bici di provenienza delittuosa e deduce la incongruità della valutazione operata dai giudici di merito sulle modalità ed il prezzo della transazione su cui, tuttavia, non era emerso alcun elemento di natura oggettiva; segnala che l’indagato aveva giustificato il possesso della bici nella immediatezza dei fatti;
2.2 violazione di legge sostanziale con riguardo all’art. 648 cod. pen. ed erronea qualificazione giuridica del fatto: rileva che, in ogni caso, le circostanze in cui era maturato l’acquisto potevano comportare semmai la configurabilità del reato di cui all’art. 712 cod. pen. la cui peculiarità risiede proprio nella punibilità a titolo di colpa;
2.3 violazione di legge sostanziale e vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen.: richiama la declaratoria di illegittimità costituzionale relativamente alla ipotesi di cui al secondo comma dell’art. 648 cod. pen. in cui, trattandosi di una bicicletta usata dallo scarso valore commerciale, il giudice di primo grado aveva infatti ricondotto il fatto ascritto al ricorrente che non aveva tuttavia potut applicare la causa di non punibilità solo successivamente praticabile per effetto dell’intervento del giudice delle leggi; rileva, pertanto, la contraddittorietà dell motivazione con cui la Corte d’appello, cui la questione era stata perciò tempestivamente devoluta, aveva respinto la richiesta;
2.4 violazione di legge processuale e vizio di motivazione con riguardo al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche: segnala come la Corte abbia escluso le circostanze attenuanti generiche sulla scorta della assenza di elementi favorevolmente apprezzabili e, dunque, con motivazione solo apparente;
2.5 vizio di motivazione in ordine alla eccessività e sproporzione della pena: rileva che, alla luce delle modalità del fatto e della personalità dell’imputato, la pena andava contenuta in termini più miti rispetto a quella inflitta.
la Procura AVV_NOTAIO ha trasmesso la requisitoria scritta ai sensi dell’art. 23, comma 8, del DL 137 del 2020 concludendo per la fondatezza del terzo e del quarto motivo del ricorso ed il conseguente annullamento, con rinvio, della sentenza impugnata: rilevata la manifesta infondatezza del primo e del secondo
motivo, segnala invece, con riguardo al terzo ed al quarto, che l’incensuratezza dell’imputato, le modalità del fatto, il valore del bene ricevuto non sono stati valutati compiutamente dalla Corte territoriale che ha respinto l’appello con una motivazione illogica e apodittica; conclude, perciò, per l’annullamento della sentenza con assorbimento del quinto motivo;
la difesa ha trasmesso le proprie conclusioni insistendo per l’accoglimento del ricorso e, in particolare, del motivo concernente l’omessa applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen..
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato quanto al terzo motivo, con conseguente assorbimento del quarto e del quinto; inammissibile, quanto al primo ed í3i secondo motivo perché articolati con censure manifestamente infondate o non consentite in questa sede.
Come appena accennato, il primo ed il secondo motivo, che ben possono essere trattati congiuntamente, prospettano doglianze che, pur formalmente qualificate in termini di violazione di legge o di vizio della motivazione, sono in realtà estranee al perimetro delle questioni suscettibili di essere devolute in sede di legittimità come disegnato dall’art. 606 cod. proc. pen..
E, tuttavia, a ben guardare, sotto il profilo della violazione di legge sostanziale, il ricorso finisce per contestare il giudizio di responsabilità, ovvero i risultato probatorio cui sono approdati i giudici di primo e secondo grado che, con valutazione conforme delle medesime emergenze istruttorie, sono stati concordi nel ravvisare tali elementi nella ricostruzione della concreta vic:enda processuale; il vizio di violazione di legge va dedotto contestando la riconducibilità del fatto conne ricostruito dai giudici di merito – nella fattispecie astratta delineata dal legislatore; altra cosa, invece, contestare o rnettere in dubbio che le emergenze istruttorie acquisite consentano di ricostruire la condotta di cui si discute in termini idonei a ricondurla al paradigma legale, operazione, questa, che è, invece, propria del giudizio di merito essendo certamente preclusa al giudic:e di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata ovvero l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, anche qualora indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità espiicativa rispetto a quelli adottati da giudice del merito (cfr., Sez. 6 – , n. 5465 del 04/11/2020, F., Rv. 280601; Sez.
6, n. 47204 del 07/10/2015, COGNOME, Rv. 265482; Sez. 1, n. 42369 del 16/11/2006, COGNOME, Rv. 235507; cfr., ancora, Sez. 6, n. 22256 del 26/04/2006, COGNOME, Rv. 234148).
La Corte d’appello, infatti, ha motivato sulle censure articolate dalla difesa in punto di responsabilità, evidenziando puntualmente l’iter decisionale su cui si è fondata la decisione che non si è invero limitata a rilevare la sussistenza degli elementi materiali del reato, ma ha correttamente valorizzato l’illogicità delle spiegazioni del ricorrente escludendo l’ipotesi della buona fede e giudicando invece non credibile la spiegazione fornita nell’occasione dall’odierno ricorrente circa le modalità e le circostanze in cui sarebbe venuto in possesso della bici di pacifica ed incontroversa provenienza furtiva.
Con motivazione del tutto congrua ed esaustiva in fatto oltre che corretta in diritto, a Corte distrettuale ha sottolineato la “… genericità ed insufficienza del giustificazione addotta dal COGNOME COGNOME riguardo alle circostanze e modalità acquisitive del bene nonché a fronte della singolare esiguità del prezzo asseritannente corrisposto (…) non risultando specificate la data ed il luogo di acquisto né se la indicata persona di colore fosse stata incontrata dall’imputato solo casualmente ovvero vi si fosse già trovata per esercitare l’attività di vendita e se fosse stata da lui notata altre volte in passato, sì da renderne possibile la identificazione” (cfr., dalla sentenza impugnata).
In tal modo, sulla scorta della ricostruzione dei fatti operata conformemente nei due gradi di merito, ha potuto correttamente invocare il consolidato principio secondo cui, ai fini della configurabilità del reato di ricettazione, la prova dell’elemento soggettivo del reato può essere raggiunta da qualsiasi elemento, anche indiretto, e quindi anche dall’omessa o non attendibile indicazione della provenienza della cosa ricevuta da parte del soggetto agente con la precisazione per cui ciò non costituisce una deroga ai principi in tema di onere della prova, e nemmeno un vulnus alle guarentigie difensive, in quanto è la stessa struttura della fattispecie incriminatrice che richiede, ai fini dell’indagine sul consapevolezza circa la provenienza illecita della res, il necessario accertamento sulle modalità acquisitive della stessa (cfr., così, Sez. 2, n. 53017 del 22.11.2016, COGNOME; Sez. 2, n- 41423 del 27.10.2010, COGNOME; Sez. 2, n. 20193 del 19.4.2017, COGNOME; Sez. 2, Cass. Pen., 2, n. 52271, COGNOME; Sez. 2, n. 50952 del 26.11.2013, Telli; Sez. 1, n. 13599 del 13.3.2012, Pomella).
Non si richiede all’imputato di provare la provenienza del possesso delle cose, ma soltanto di fornire un’attendibile spiegazione dell’origine del possesso delle cose medesime, assolvendo così non ad onere probatorio, bensì ad un onere di allegazione di elementi che potrebbero costituire l’indicazione di un tema di
prova per le parti e per i poteri officiosi del giudice e che comunque possano essere valutati da parte del giudice di merito secondo i comuni principi del libero convincimento (cfr., oltre quelle già richiamate, Cass. SS.LJU., 12.7.2007 n. 35.535, COGNOME).
Questa Corte, in particolare, ha chiarito che il delitto è punibile anche a titolo di dolo nella forma eventuale quando l’agente ha consapevolmente accettato il rischio che la cosa acquistata o ricevuta fosse di illecita provenienza, non limitandosi ad una semplice mancanza di diligenza nel verificare la provenienza della cosa, che invece connota l’ipotesi contravvenzionale dell’acquisto di cose di sospetta provenienza (cfr., tra le altre, Sez. 2, n. 41002 del 20.9.2013, COGNOME; Sez. 2, n. 45256 del 22.11.2007, Lapertosa; Sez. 2, n. 25439 del 21.4.2017, Sa rr. ) .
La sentenza impugnata è dunque coerente con il principio secondo cui la contravvenzione di cui all’art. 712 cod. pen., di natura colposa e deve ritenersi sussistente ogni qualvolta l’acquisto avvenga in presenza di condizioni che obiettivamente avrebbero dovuto indurre al sospetto, indipendentemente dal fatto che questo vi sia stato o meno (cfr., Sez. 2, n. 43929 del 7.10.2015, COGNOME; Sez. 2, n. 51056 dell’11.11.2016. COGNOME); per altro verso, si è affermato che “è configurabile la contravvenzione di cui all’art. 712 cod. pen. tutte le volte che non venga accertata la legittima provenienza delle cose che si acquistano da persone che non esercitano legittimamente il commercio e che, perciò, offrano motivo di dubitare della legittima provenienza della merce» (cfr., anche, Sez. 6, n. 3421 del 25.1.1979, COGNOME).
2. Il terzo motivo è fondato.
Il Tribunale aveva osservato che “… è evidente che il pregiudizio causato alla persona offesa COGNOME sia di particolare tenuità considerato il valore in sé della bici sottratta e la successiva restituzione del bene al legittimo proprietario” ed aveva perciò ritenuto il fatto riconducibile nella ipotesi attenuata atteso che “… dalla documentazione costituente esito della attività di indagine compiuta si evince che il valore irrisorio del bene oggetto di ricettazione consente l’applicabilità dell’ipotesi attenuata di cui al comma 2 dell’art. 648 c.p.” (cfr., ivi) e contenuto l pena in termini decisamente modesti.
Successivamente alla proposizione dell’appello, è intervenuta la sentenza della Corte Costituzionale n. 256 del 2020 che, come è noto, prendendo spunto proprio da un fatto di ricettazione ricondotto nella ipotesi “lieve”, ha dichiarato illegittimo – per violazione dell’art. 3 Cost. – l’art. 131-bis cod. pen., nella parte cui non consente l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto ai reati per i quali, benché puniti con pena
massima superiore al limite ivi stabilito, non è previsto un minimo edittale di pena detentiva, giudicando tale soluzione intrinsecamente irragionevole, in quanto è lo stesso legislatore ad aver valutato in termini di potenziale minima offensività tali condotte, consentendo l’irrogazione, ex art. 23, primo comma, cod. pen., del minimo assoluto di quindici giorni di reclusione.
La difesa, perciò, aveva potuto sollevare la questione e sollecitare la Corte territoriale all’applicazione della causa di non punibilità soltanto nel corso del giudizio di secondo grado (cfr., per la ammissibilità della richiesta intervenuta anche nel giudizio di legittimità ove soltanto in quella occasione, a séguito dell’intervento del giudice delle leggi, era stato possibile dedurla, Sez. 2 – , n. 35033 del 12/11/2020, Stolarz, Rv. 279971 – 01).
La Corte d’appello, ha tuttavia respinto la sollecitazione difensiva sostenendo che “… la particolare tenuità del fatto ritenuta dal Tribunale ai fini applicativi della circostanza attenuante … non implica di certo l’automatica operatività della causa di esclusione della punibilità prevista dall’art. 131-bis c.p. ostandovi nella specie il valore non trascurabile o irrisorio dell’oggetto materiale del reato e del danno patrimoniale correlativamente inferto alla persona offesa” (cfr., dalla motivazione).
E’ dunque evidente come la Corte abbia considerato decisivo, ai fini della decisione, il carattere “non irrisorio” del valore del bene oggetto della condotta delittuosa e del correlativo danno patrimoniale per la persona offesa finendo, tuttavia, per formulare – in termini del tutto apodittici e sostanzialmente immotivati – una valutazione opposta a quella del primo giudice che, come si è accennato, aveva ricondotto il fatto nella ipotesi attenuata proprio in considerazione della “irrisorietà” del valore della bici essendo preclusa la applicazione della causa di non punibilità.
La sentenza va dunque annullata sul punto con rinvio ad altra Sezione della medesima Corte d’appello di Bari per nuovo giudizio sul punto.
L’esame del terzo e del quarto motivo è evidentemente precluso.
P.Q.M.
annulla la sentenza impugnata limitatamente alla valutazione inerente al riconoscimento della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen., con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra Sezione della Corte di appello di Bari.
Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.
Così deciso in Roma, 1’1.3.2024