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Particolare tenuità del fatto: la Cassazione decide

Un automobilista, condannato per una violazione del Codice della Strada, ha presentato ricorso in Cassazione invocando la non punibilità per particolare tenuità del fatto. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione dei giudici di merito. Secondo l’ordinanza, la corretta valutazione del disvalore oggettivo della condotta e dell’intensità dell’elemento psicologico (dolo) impedisce di qualificare l’episodio come di lieve entità, rendendo inapplicabile l’art. 131-bis del codice penale.

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Pubblicato il 5 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Particolare Tenuità del Fatto: Quando un Reato Non È Abbastanza ‘Lieve’?

L’istituto della particolare tenuità del fatto, introdotto dall’articolo 131-bis del codice penale, rappresenta una causa di non punibilità per reati considerati di modesta gravità. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e richiede un’attenta valutazione da parte del giudice. Con l’ordinanza n. 9563/2024, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sui criteri che ne escludono l’operatività, sottolineando l’importanza del disvalore della condotta e dell’intensità del dolo.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da una condanna emessa nei confronti di un automobilista, ritenuto responsabile per la violazione dell’articolo 189, comma 6, del Codice della Strada. Questa norma sanziona chi, in caso di incidente con danno alle persone, non ottempera all’obbligo di fermarsi e di prestare l’assistenza occorrente. La sentenza di condanna, emessa in primo grado, veniva confermata anche dalla Corte di Appello di Torino.
Non ritenendosi soddisfatto della decisione, l’imputato proponeva ricorso per Cassazione, affidandosi a un unico motivo di doglianza.

Il Ricorso e la Questione sulla Particolare Tenuità del Fatto

Il ricorrente lamentava una manifesta illogicità e contraddittorietà nella motivazione della sentenza d’appello, sostenendo in particolare la violazione dell’art. 131-bis del codice penale. A suo dire, i giudici di merito avrebbero errato nel non riconoscere la particolare tenuità del fatto, che avrebbe dovuto condurre a una pronuncia di non punibilità. La difesa riteneva che le circostanze concrete del reato fossero tali da poterlo qualificare come un episodio di minima offensività.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, rigettando completamente le argomentazioni della difesa. In primo luogo, i giudici hanno ribadito un principio cardine del giudizio di legittimità: la Corte di Cassazione non può riesaminare nel merito la ricostruzione dei fatti o la valutazione delle prove, compiti che spettano esclusivamente ai giudici dei gradi precedenti. La motivazione della Corte d’Appello è stata giudicata congrua, adeguata e priva di vizi logici, in quanto fondata su massime di esperienza condivisibili e coerente con le risultanze processuali.
Il punto cruciale della decisione riguarda, però, la corretta applicazione della particolare tenuità del fatto. La Cassazione ha stabilito che la Corte di merito ha fatto ‘buon governo’ dell’istituto, escludendone l’applicazione in modo corretto. La decisione di non concedere il beneficio si è basata su due elementi fondamentali:
1. Il rilevato disvalore oggettivo della condotta: L’azione compiuta dall’imputato è stata giudicata intrinsecamente grave, al di là delle sue conseguenze finali.
2. L’intensità del dolo: È stata riscontrata una piena coscienza e volontà nel compiere l’illecito, un elemento psicologico che ha pesato negativamente nella valutazione complessiva.
Secondo gli Ermellini, quando questi due fattori raggiungono una soglia significativa, il fatto non può essere considerato di ‘speciale tenuità’, rendendo impossibile l’applicazione dell’art. 131-bis c.p.

Le Conclusioni

Con questa ordinanza, la Corte di Cassazione rafforza un orientamento consolidato: la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto non è una ‘scorciatoia’ per sfuggire alla sanzione penale. La sua applicazione richiede un’analisi approfondita che tenga conto non solo dell’entità del danno o del pericolo cagionato (profilo oggettivo), ma anche dell’atteggiamento psicologico dell’agente (profilo soggettivo). Un dolo intenso o una condotta di per sé grave sono ostacoli insormontabili per il riconoscimento di questo beneficio. La decisione si è conclusa con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una cospicua somma a favore della Cassa delle ammende, rendendo definitiva la sua condanna.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le censure sollevate riguardavano la ricostruzione dei fatti e la valutazione del materiale probatorio, attività che rientrano nella competenza esclusiva dei giudici di merito e non possono essere riesaminate dalla Corte di Cassazione, la quale ha ritenuto la motivazione della sentenza impugnata logica e coerente.

Per quale motivo non è stata applicata la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto?
La non punibilità è stata esclusa perché la Corte di merito ha correttamente valutato il rilevante disvalore oggettivo della condotta e l’intensità del dolo dell’agente. Questi elementi hanno impedito di qualificare il fatto come di ‘speciale tenuità’, rendendo inapplicabile l’art. 131-bis del codice penale.

Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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