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Particolare tenuità del fatto: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per spendita di monete false. La Corte ribadisce che non può riesaminare i fatti del processo, compito riservato ai giudici di merito. Inoltre, conferma che la motivazione del giudice d’appello, che aveva escluso la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto basandosi sulla modalità della condotta e sulla non esiguità del pericolo, è da ritenersi adeguata e sufficiente.

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Pubblicato il 23 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Particolare tenuità del fatto: quando il giudice può escluderla?

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha fornito importanti chiarimenti sui limiti del proprio sindacato e sui criteri di valutazione della particolare tenuità del fatto. La pronuncia analizza il ricorso di un imputato condannato per il reato di spendita di monete false, confermando la decisione dei giudici di merito e dichiarando il ricorso inammissibile. Vediamo nel dettaglio i principi espressi dalla Suprema Corte.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine dalla condanna di un uomo per il reato previsto dall’art. 455 del codice penale. La Corte d’Appello aveva confermato la sentenza di primo grado. L’imputato ha quindi presentato ricorso in Cassazione, lamentando due vizi principali: un’errata valutazione dei fatti che avevano portato alla sua condanna e il mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.

I Motivi del Ricorso: una doppia contestazione

L’imputato ha basato la sua difesa su due argomentazioni principali:

1. Violazione di legge e vizio di motivazione: sosteneva che il giudice di merito avesse ricostruito i fatti in modo errato, chiedendo di fatto alla Cassazione una nuova e diversa valutazione delle prove.
2. Mancato riconoscimento dell’art. 131 bis c.p.: riteneva che il suo caso rientrasse nell’ambito della particolare tenuità del fatto, una causa di non punibilità applicabile ai reati di minore gravità, e che la Corte d’Appello avesse errato nel non concederla.

La Decisione della Cassazione sulla particolare tenuità del fatto

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo entrambi i motivi. La decisione si fonda su due principi cardine del nostro ordinamento processuale.

Il Divieto di “Rilettura” dei Fatti in Cassazione

Sul primo punto, la Corte ha ribadito un principio consolidato: la Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Il suo compito non è quello di riesaminare le prove o di fornire una nuova interpretazione dei fatti, ma solo di verificare che la legge sia stata applicata correttamente e che la motivazione della sentenza impugnata sia logica e priva di contraddizioni. Tentare di ottenere una “rilettura” degli elementi di fatto, come ha fatto il ricorrente, è un’operazione non consentita in sede di legittimità.

La Valutazione della Tenuità del Fatto

Sul secondo motivo, la Corte ha giudicato la censura manifestamente infondata. Ha spiegato che la valutazione sulla particolare tenuità del fatto è complessa e deve tenere conto di tutti gli indici previsti dall’art. 133 del codice penale, come le modalità della condotta, il grado di colpevolezza e l’entità del danno o del pericolo. Tuttavia, non è necessario che il giudice analizzi in dettaglio ogni singolo elemento. È sufficiente che la sua motivazione si basi sugli aspetti ritenuti più rilevanti e decisivi per escludere il beneficio.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha ritenuto adeguata la motivazione della Corte d’Appello, la quale aveva escluso la particolare tenuità del fatto valorizzando due specifici elementi: le modalità con cui il reato era stato commesso e la non esiguità del pericolo creato. Secondo la Cassazione, è sufficiente che il giudice di merito dia conto dell’assenza anche di uno solo dei presupposti richiesti dalla norma (in questo caso, la particolare tenuità dell’offesa) per rigettare la richiesta. La decisione impugnata aveva fornito una spiegazione logica e coerente, immune da vizi di motivazione.

Conclusioni

Questa ordinanza riafferma due importanti principi. In primo luogo, il ruolo della Corte di Cassazione come giudice della corretta applicazione della legge, senza possibilità di rivalutare le prove. In secondo luogo, chiarisce che per negare l’applicazione della particolare tenuità del fatto, il giudice può legittimamente fondare la propria decisione anche su un solo elemento decisivo, come le modalità della condotta o il pericolo generato, purché la sua motivazione sia adeguata e logicamente argomentata. L’imputato, di conseguenza, è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Può la Corte di Cassazione riesaminare i fatti di un processo?
No, la Corte di Cassazione è un giudice di legittimità e non può effettuare una nuova ricostruzione dei fatti. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata, senza entrare nel merito della valutazione delle prove, che spetta esclusivamente al giudice di merito (Tribunale e Corte d’Appello).

Cosa valuta il giudice per decidere sulla particolare tenuità del fatto?
Il giudice compie una valutazione complessa che considera tutte le peculiarità del caso concreto, ai sensi dell’art. 133 del codice penale. Gli elementi principali sono le modalità della condotta, il grado di colpevolezza dell’imputato e l’entità del danno o del pericolo causato dal reato.

È necessario che il giudice analizzi tutti i criteri previsti dalla legge per escludere la particolare tenuità del fatto?
No, non è necessaria una disamina di tutti gli elementi di valutazione. Secondo la Cassazione, è sufficiente l’indicazione degli elementi ritenuti rilevanti. La motivazione è adeguata anche se si fonda sull’assenza di uno soltanto dei presupposti richiesti dalla legge (es. la minima offensività), quando questo è ritenuto decisivo per escludere il beneficio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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