Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 44526 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 44526 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME Custodio NOME COGNOME nato in Perù il 14/07/1996
avverso la sentenza del 08/06/2023 della Corte di appello di Roma udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’annullamento con rinvio della
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; sentenza.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Roma ha confermato la decisione del Tribunale di Roma che, con sentenza del 5 luglio 2021, aveva condannato NOME NOME COGNOME previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche equivalenti alla contestata recidiva infraquinqennale e la riduzione per il rito abbreviato, alla pena di mesi otto di reclusione in ordine al delitto di cui all’art. 385, terzo comma, cod. pen., fatto commesso in Roma il 5 luglio 2021.
Secondo l’accusa, NOME COGNOME NOME COGNOME si sarebbe reso responsabile del reato di evasione in quanto, nonostante sottoposto agli arresti domiciliari giusta ordinanza del Tribunale di Roma del 6 maggio 2021, veniva
notato dalla polizia giudiziaria mentre parlava al telefono nelle immediate adiacenze dell’abitazione camminando velocemente avanti ed indietro.
La Corte territoriale, esaminando l’unico motivo di gravame, ha ritenuto di non riconoscere la causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen. sia per la gravità della trasgressione, visto che il ricorrente, nonostante avesse goduto di un trattamento cautelare più mite rispetto a quello della custodia in carcere, non ha poi rispettato le prescrizioni imposte, sia per l’abitualità della condotta resa palese una precedente sentenza con cui era stato assolto per la tenuità del fatto ex art. 131-bis cod. pen.
NOME COGNOME, per mezzo del difensore, deduce vizi di motivazione e violazione dell’art. 131-bis cod. pen. nella parte in cui la decisione non evidenzia le ragioni per cui non sarebbe meritevole del riconoscimento della causa di non punibilità. La stessa omette di motivare in ordine alla gravità della condotta ed l’abitualità che, secondo giurisprudenza ormai pacifica, deve connotare la condotta quale abituale, evenienza che si realizza con la serialità della stessa e sussiste solo allorché siano stati realizzati almeno due illeciti della stessa indole.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
Costituisce ormai consolidato principio di diritto quello secondo cui, ai fini della configurabilità della causa di esclusione della punibilità prevista dall’art. 131-bis cod. pen., il giudizio sulla tenuità necessita di una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell’art. 133, primo comma, cod. pen., della modalità della condotta, dei grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entità del danno o del pericolo, mentre l’abitualità sussiste allorché l’agente, anche successivamente al reato per cui si procede, ha commesso almeno due illeciti, oltre quello preso in esame, rientrando nel novero degli illeciti valutabili, non solo le condanne irrevocabili e gli illeciti sottoposti alla sua cognizione, ma anche i reati in precedenza ritenuti non punibili ex art. 131-bis cod. pen. (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266590 e Rv. 266591)
Precisata in tali termini la portata della norma introdotta dall’art. 1, comma 2, d.lgs. del 16 marzo 2015, n. 28, deve ritenersi, allora, apodittica e giuridicamente errata, sia l’affermazione della Corte di appello che, al fine di
escludere la causa di non punibilità, si è limitata a rinviare alla sussisten presupposti per l’integrazione della fattispecie contestata (in tal s l’affermazione secondo cui la gravità emergerebbe dall’aver violato la custodi cautelare degli domiciliare nonostante la mitezza di tale misura), senza pe evidenziare le ragioni che hanno portato a ritenere grave il fatto di reato perché ha inteso valorizzare, onde corroborare l’abitualità della sentenza, precedente esito giudiziario per lo stesso reato conclusosi con la declaratoria tenuità del fatto, quasi che tale decisione precludesse in termini asso l’applicazione dell’istituto disciplinato dall’art. 131-bis cod. pen. e che depo ex se per l’abitualità della condotta, in contrasto con l’insegnamento di ques Corte sopra citato (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, cit.) che inve richiede la commissione di almeno due reati della stessa indole.
La segnalata carenza della motivazione sulle ragioni del diniego dell causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen., impone l’annullamento punto della sentenza impugnata con rinvio alla Corte di appello Roma che si atterrà al principio di diritto sopra enunciato.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla applicazione dell’art. 131bis cod. pen con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra Sezione della Corte di appello di Roma.
Così deciso il 19/11/2024.