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Particolare tenuità del fatto: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione ha annullato una condanna per evasione dagli arresti domiciliari, specificando i criteri per l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. La Corte ha stabilito che una precedente assoluzione per lo stesso motivo non è sufficiente a configurare l'”abitualità” della condotta, la quale richiede la commissione di almeno due illeciti della stessa indole oltre a quello in esame. La sentenza impugnata è stata annullata con rinvio per una nuova valutazione.

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Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Particolare tenuità del fatto: Quando un precedente non esclude il beneficio

L’istituto della particolare tenuità del fatto, introdotto dall’articolo 131-bis del codice penale, rappresenta uno strumento fondamentale per la deflazione del sistema giudiziario, evitando la punizione per fatti di reato considerati minimi. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 44526/2024) ha offerto un importante chiarimento sui limiti di applicazione di questa causa di non punibilità, in particolare riguardo al concetto di “abitualità” della condotta.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un individuo sottoposto agli arresti domiciliari che veniva condannato in primo e secondo grado per il reato di evasione (art. 385 c.p.). Il fatto contestato consisteva nell’essere stato notato dalle forze dell’ordine nelle immediate adiacenze della sua abitazione mentre parlava al telefono, camminando avanti e indietro. La difesa, nel ricorrere in Cassazione, lamentava la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, sostenendo che la Corte di Appello avesse errato nel negarla.

Il Diniego della Particolare tenuità del fatto nei gradi di merito

La Corte territoriale aveva escluso l’applicazione dell’art. 131-bis per due ragioni principali: la presunta gravità della trasgressione e l’abitualità della condotta. Quest’ultima era stata dedotta da una precedente sentenza in cui l’imputato era stato assolto per lo stesso tipo di reato proprio per la tenuità del fatto. Secondo i giudici di merito, questo precedente dimostrava una tendenza a ripetere il comportamento illecito, precludendo così un nuovo beneficio.

Le motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, ritenendo la motivazione della Corte di Appello sia apodittica che giuridicamente errata. I giudici supremi hanno smontato entrambi i pilastri su cui si fondava la decisione impugnata.

In primo luogo, la valutazione sulla “gravità” del fatto è stata giudicata generica. La Corte di Appello si era limitata a sottolineare la violazione della misura cautelare senza analizzare le specifiche modalità della condotta, che invece sono essenziali per un giudizio sulla sua effettiva entità offensiva.

In secondo luogo, e questo è il punto cruciale della sentenza, la Cassazione ha ribadito l’interpretazione corretta del concetto di “abitualità”. Citando un precedente fondamentale delle Sezioni Unite (sentenza Tushaj, n. 13681/2016), la Corte ha chiarito che l’abitualità, ostativa al riconoscimento della tenuità del fatto, sussiste solo quando l’agente ha commesso almeno due illeciti della stessa indole, oltre a quello per cui si procede.

Di conseguenza, un singolo precedente, anche se conclusosi con un’assoluzione per tenuità del fatto, non è di per sé sufficiente a integrare il requisito dell’abitualità. Anzi, quel precedente può essere considerato come uno dei due illeciti necessari, ma non può, da solo, fondare un giudizio di abitualità che precluda l’applicazione dell’istituto in un procedimento successivo. La decisione della Corte di Appello, che ha interpretato un unico precedente come prova di abitualità, è stata quindi ritenuta in contrasto con i principi consolidati della giurisprudenza di legittimità.

Le conclusioni

La Suprema Corte ha annullato la sentenza impugnata limitatamente al punto sulla mancata applicazione dell’art. 131-bis, rinviando il caso a un’altra sezione della Corte di Appello di Roma per un nuovo giudizio. Quest’ultima dovrà attenersi al principio di diritto enunciato: per negare la causa di non punibilità per abitualità della condotta, non è sufficiente un unico precedente, ma è necessaria la prova della commissione di almeno due reati della stessa indole. Questa pronuncia riafferma l’importanza di una motivazione rigorosa e ancorata a precisi criteri normativi e giurisprudenziali, evitando automatismi che svuoterebbero di significato l’istituto della particolare tenuità del fatto.

Aver già beneficiato della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto impedisce di ottenerla di nuovo?
No. Secondo la sentenza, una singola precedente applicazione dell’art. 131-bis cod. pen. non è sufficiente a configurare l'”abitualità” della condotta, che è una delle cause ostative al beneficio. L’abitualità richiede la commissione di almeno due illeciti della stessa indole, oltre a quello per cui si procede.

Cosa deve valutare il giudice per concedere la particolare tenuità del fatto?
Il giudice deve effettuare una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità del caso concreto. Deve tenere conto delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza e dell’entità del danno o del pericolo, basandosi sui criteri indicati dall’articolo 133, primo comma, del codice penale.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza in questo caso specifico?
La Corte ha annullato la sentenza perché la Corte di Appello ha motivato il diniego della particolare tenuità del fatto in modo giuridicamente errato. Ha considerato l’abitualità della condotta basandosi su un solo precedente e ha valutato la gravità del fatto in modo generico e non specifico, in contrasto con i principi stabiliti dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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