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Particolare tenuità del fatto: la Cassazione annulla

Il legale rappresentante di una società è stato condannato per gestione illecita di rifiuti ai sensi dell’art. 256 D.Lgs. 152/2006. La Corte di Cassazione, pur confermando la sua responsabilità penale, ha annullato la sentenza di appello per un vizio di motivazione. I giudici di merito, infatti, non avevano fornito alcuna spiegazione sul perché avessero rigettato la richiesta di applicare la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. La Corte ha quindi rinviato il caso alla Corte d’Appello per una nuova valutazione su questo specifico punto.

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Pubblicato il 27 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Particolare Tenuità del Fatto: Quando il Giudice Deve Motivare

La recente sentenza della Corte di Cassazione n. 29233/2025 offre un importante chiarimento sull’obbligo di motivazione del giudice in relazione alla causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis del codice penale. Anche se la responsabilità penale per un reato ambientale è stata confermata, la Corte ha annullato la condanna per un vizio procedurale fondamentale: la totale assenza di spiegazioni sul rigetto di una specifica richiesta difensiva.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda il legale rappresentante di una società, condannato in primo grado e in appello per il reato di gestione illecita di rifiuti, previsto dall’art. 256 del D.Lgs. 152/2006. La pena inflitta era di due mesi di arresto e 1.800,00 euro di ammenda. L’imputato, ritenendosi ingiustamente condannato, ha presentato ricorso per Cassazione, basando la sua difesa su tre motivi principali.

I Motivi del Ricorso e la Posizione di Garanzia

L’imputato ha contestato la configurazione stessa del reato, sostenendo di dover essere assolto. Ha inoltre lamentato la mancata concessione della non menzione della condanna nel casellario giudiziale. Tuttavia, il motivo che ha determinato l’annullamento della sentenza è stato il secondo: la difesa aveva esplicitamente richiesto l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, ma la Corte d’Appello aveva completamente ignorato la questione nella sua sentenza, omettendo qualsiasi tipo di motivazione in merito.

Prima di analizzare il punto cruciale, la Cassazione ha ribadito un principio consolidato in materia di reati ambientali: il legale rappresentante di un’impresa ricopre una posizione di garanzia. Ciò significa che ha il dovere non solo di non commettere illeciti in prima persona, ma anche di vigilare affinché i propri dipendenti non lo facciano. Risponde quindi anche per culpa in vigilando, ossia per non aver adottato le misure necessarie a prevenire l’abbandono o la gestione incontrollata di rifiuti da parte del personale.

Le Motivazioni della Cassazione: il Dovere di Rispondere

Il cuore della decisione della Suprema Corte risiede nel vizio di motivazione. I giudici hanno stabilito che, a fronte di una richiesta specifica e articolata della difesa per il riconoscimento della particolare tenuità del fatto, il giudice di merito non può semplicemente tacere. Sebbene la giurisprudenza ammetta in certi casi una motivazione implicita, in questa vicenda la motivazione era del tutto ‘inesistente’.

La Corte d’Appello si era limitata a confermare la sentenza di primo grado senza spendere una sola parola sulla richiesta relativa all’art. 131-bis c.p. Questo silenzio equivale a un difetto di motivazione che viola il diritto di difesa e rende la sentenza illegittima su quel punto. Il giudice ha il dovere di esaminare le istanze della difesa e di fornire una risposta, anche se sintetica, per spiegare le ragioni della sua decisione, sia essa di accoglimento o di rigetto.

Le Conclusioni

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso per quanto riguarda l’accertamento della responsabilità penale, che è quindi divenuto definitivo. Tuttavia, ha accolto il motivo relativo al difetto di motivazione sulla particolare tenuità del fatto. Di conseguenza, ha annullato la sentenza impugnata limitatamente a questo punto, rinviando il caso a un’altra sezione della Corte d’Appello di Brescia. Quest’ultima dovrà ora riesaminare il caso e decidere se sussistono i presupposti per applicare l’art. 131-bis, fornendo, questa volta, un’adeguata e completa motivazione. La pronuncia sottolinea un principio fondamentale dello stato di diritto: ogni decisione giurisdizionale, specialmente se restrittiva dei diritti dell’imputato, deve essere supportata da un percorso logico-giuridico comprensibile e trasparente.

Il legale rappresentante di un’azienda risponde dei reati ambientali commessi dai suoi dipendenti?
Sì. Secondo la sentenza, il legale rappresentante ricopre una ‘posizione di garanzia’ che gli impone un dovere di vigilanza. Risponde quindi non solo per le proprie azioni, ma anche per l’omessa vigilanza sull’operato dei dipendenti che ha portato alla commissione dell’illecito (culpa in vigilando).

Cosa succede se un giudice non motiva il rigetto della richiesta di applicare la particolare tenuità del fatto?
Se la richiesta è stata specificamente formulata dalla difesa, la totale assenza di motivazione da parte del giudice costituisce un vizio della sentenza. Come stabilito in questo caso, ciò comporta l’annullamento della decisione su quel punto, con rinvio a un nuovo giudice per una valutazione motivata.

L’annullamento parziale della sentenza cancella la responsabilità per il reato?
No. In questo caso, la Corte di Cassazione ha specificato che l’accertamento della responsabilità dell’imputato è diventato irrevocabile. L’annullamento riguarda solo il ‘punto’ relativo alla mancata motivazione sulla particolare tenuità del fatto, che dovrà essere nuovamente giudicato. La colpevolezza per il reato è, quindi, già stata definitivamente accertata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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