Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 30681 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 30681 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/07/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a ROSSANO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 17/10/2023 della CORTE APPELLO di CATANZARO
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo che il ricorso venga dichiarato inammissibile;
lette le conclusioni del difensore del ricorrente AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’accoglimento dei motivi di ricorso con ogni conseguente statuizione.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
La Corte di appello di Catanzaro, con sentenza del 17/10/2023, ha confermato la sentenza pronunciata in data 03/05/2021 dal Tribunale di Castrovillari, con la quale NOME è stato condanNOME per il delitto allo stesso ascritto (art. 648 cod.pen., ricettazione targa di un ciclomotore TARGA_VEICOLO).
Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione, per mezzo del proprio difensore, COGNOME NOME, che ha dedotto motivi di ricorso che qui si riportano nei limiti strettamente necessari per la motivazione.
2.1. Violazione di legge e vizio della motivazione in tutte le sue forme in considerazione della insussistenza del fatto ascritto, soprattutto quanto all’elemento soggettivo.
2.2. Violazione di legge e vizio della motivazione perché apparente e contraddittoria, sostanzialmente omessa, in relazione all’art. 131-bis cod.pen. ed all’art. 2 cod.pen.; ricorrevano tutte le condizioni per la applicabilità della causa di esclusione della punibilità, atteso lo stato di incensuratezza del ricorrente e l’evidente occasionalità della condotta, anche in considerazione dell’intervento della Corte costituzionale che aveva determiNOME la possibilità di applicare tale esimente anche nel caso in cui fosse stata riconosciuta la ipotesi di particolare tenuità della ricettazione ai sensi dell’art. 648, comma secondo, cod.pen. La motivazione della Corte di appello si è soffermata non sui caratteri della condotta, ma sull’asserita induzione alla falsa testimonianza da parte del ricorrente, tra l’altro con affermazione del tutto apodittica. La Corte di appello non ha dunque effettivamente valutato i caratteri della condotta, ma ha richiamato, tra l’altro in assenza di validi elementi di prova, un post factum, riconducendo la azione ad una particolare intensità del dolo. Inoltre, la difesa ha evidenziato come la Corte di appello, attesa la data di contestazione del fatto ascritto, aveva applicato una disciplina diversa da quella all’epoca in vigore, così violando l’art.2 cod.pen., oltre ad avere contraddittoriamente motivato, sostenendo che il ricorrente abbia indotto alla falsa testimonianza la COGNOME, sebbene tale testimonianza non si stata ritenuta falsa, né siano stati trasmessi gli atti in Procura a tal fine a seguito della sua audizione, senza che possa per ciò solo ritenersi, come invece affermato, che il NOME fosse soggetto per ciò inserito in circuiti criminali.
Il Procuratore generale ha concluso chiedendo che il ricorso venga dichiarato inammissibile.
Il secondo motivo di ricorso è fondato, ne consegue l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente alla esclusione della punibilità ex art. 131-bis cod.pen., con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Catanzaro sul punto, mentre nel resto il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Il primo motivo di ricorso è inammissibile, attesa la reiteratività degli argomenti introdotti con il ricorso del tutto sovrapponbili ai motivi di appello. Il ricorrente non si confronta sul punto con la logica ricostruzione della Corte di appello in ordine alla condotta ascritta, proponendo una propria lettura alternativa del merito, non consentita in questa sede (Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, COGNOME, Rv. 273217-01, Sez. 5, n. 15041 del 24/10/2018, COGNOME, Rv. 275100-01, Sez. 4, 1219 del 14/09/2017, COGNOME, Rv. 271702-01, Sez. 5, n. 48050 del 02/07/2019, COGNOME, Rv. 277758-01). La Corte di appello ha, difatti, puntualmente ricostruito la detenzione da parte del ricorrente di una targa di provenienza illecita (applicata a ciclomotore), oltre alla la mancata giustificazione in ordine al possesso di tale targa. La Corte ha dunque fatto buon governo dell’orientamento costante della giurisprudenza di legittimità secondo il quale risponde del reato di ricettazione l’imputato, che, trovato nella disponibilità di refurtiva di qualsiasi natura, in assenza di elementi probatori indicativi della riconducibilità del possesso alla commissione del furto, non fornisca una spiegazione attendibile dell’origine del possesso (Sez. 2, n. 20193 del 19/04/2017, COGNOME/ COGNOME, Rv. 270120-01, Sez., n. 13599 del 13/03/2012, COGNOME, Rv. 252285-01, Sez.2, n. 50952 del 10/11/2016, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 268643-01, Sez.2, n. 53017 del 22/11/2016, COGNOME, Rv. 268713-01 tra le molte).
Il secondo motivo di ricorso è fondato. La difesa ha puntualmente richiamato il ragionamento seguito dalla Corte di appello quanto alla possibile applicazione della disciplina di cui all’art. 131-bis cod.pen., evidenziando in modo chiaro i tratti di contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione (anche in considerazione del parametro normativo di riferimento tenuto conto della data di contestazione per il fatto imputato). La conclusione raggiunta dalla Corte di appello appare difatti manifestamente illogica, non avendo effettivamente valutato la ricorrenza dei presupposti per giungere o meno alla applicazione della disciplina evocata dalla difesa ed avendo basato la propria decisione su un fatto, asseritamente, successivo, ovvero la convinzione che il ricorrente abbia indotto la propria testimone alla falsa testimonianza. Tale fatto, tuttavia, rimane un elemento intanto non coerente con la disciplina
Corte di Cassazione – copia non ufficiale
applicabile in considerazione della contestazione elevata, ma soprattutto meramente affermato, in assenza di qualsiasi effettivo riscontro, tenuto conto dell’assenza di qualsiasi richiamo alla falsità delle dichiarazioni (con le dovut conseguenze, ovvero trasmissione degli atti in Procura per la falsa dichiarazione resa) nell’ambito della motivazione della sentenza impugnata. E’ emerso, dunque, in modo contraddittorio, non riscontrato e all’evidenza con profili di manifesta illogicità il riferimento ad un fatto, asseritamente portata preclusiva, non accertato come tale al fine di escludere l’applicabilità
della disciplina di cui all’art. 131-bis cod.pen.
Il giudice del rinvio, tenuto conto dell’epoca di contestazione e delle caratteristiche del fatto imputato, dovrà dunque valutare, nell’ambito della propria discrezionalità la possibile applicazione o meno al caso in esame della disciplina invocata dalla difesa ai sensi dell’art. 131-bis cod.pen.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla esclusione della punibilità ex art. 131-bis cod.pen. con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Catanzaro. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.
Così deciso il 12 luglio 2024.