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Particolare tenuità del fatto: la Cassazione annulla

Un imputato, condannato per porto di coltelli, ha presentato ricorso in Cassazione lamentando che il giudice di primo grado non avesse motivato il rigetto della richiesta di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando la sentenza e rinviando al Tribunale. È stato stabilito che il giudice ha l’obbligo di motivare, anche implicitamente, la sua decisione su tale istanza, e una motivazione generica sulla pena non è sufficiente a tal fine.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Particolare Tenuità del Fatto: Annullamento per Omessa Motivazione

La recente sentenza della Corte di Cassazione, Sez. 1 Penale, n. 3058 del 2024, riafferma un principio fondamentale del diritto processuale penale: l’obbligo del giudice di motivare le proprie decisioni, anche in relazione a istanze difensive come quella per l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. Questo caso offre uno spunto prezioso per comprendere quando un’omissione motivazionale può portare all’annullamento di una condanna.

I Fatti del Caso

La vicenda processuale ha origine da una sentenza del Tribunale di Macerata, che condannava un individuo alla pena di 1.500 euro di ammenda. L’accusa era quella di aver portato fuori dalla propria abitazione due coltelli, in violazione dell’art. 4 della legge n. 110 del 1975.

Durante il processo di primo grado, la difesa dell’imputato aveva avanzato una specifica richiesta nelle sue conclusioni: l’applicazione dell’art. 131-bis del codice penale, che prevede la non punibilità per la particolare tenuità del fatto. Tuttavia, il giudice, nel pronunciare la condanna, ometteva completamente di pronunciarsi su tale istanza.

Il Ricorso per Cassazione e il Vizio di Motivazione

L’imputato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per Cassazione, basandolo su un unico motivo: la violazione di legge e il vizio di motivazione. La difesa ha sostenuto che il silenzio del giudice sulla richiesta di applicazione della particolare tenuità del fatto costituisse un errore che inficiava la validità logico-giuridica della sentenza di condanna. Il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione ha condiviso questa tesi, chiedendo l’accoglimento del ricorso.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso fondato, procedendo all’annullamento della sentenza impugnata. Il ragionamento della Corte si sviluppa su alcuni punti cardine.

L’Obbligo di Risposta del Giudice

In primo luogo, la Corte ha ribadito che il giudice ha il dovere di esaminare e dare una risposta a tutte le questioni sollevate dalle parti. Nel caso di specie, la richiesta di applicazione dell’art. 131-bis c.p. era stata formalmente presentata e il giudice non poteva semplicemente ignorarla.

La Motivazione Implicita e i Suoi Limiti

La giurisprudenza ammette che il rigetto di un’istanza possa avvenire anche in modo implicito. Tuttavia, questa reiezione implicita deve potersi desumere chiaramente e inequivocabilmente dalla struttura argomentativa della sentenza. Ad esempio, se un giudice motiva ampiamente sulla notevole gravità del fatto per giustificare una pena elevata, si può ritenere che abbia implicitamente escluso la particolare tenuità del fatto.

Nel caso in esame, però, ciò non è avvenuto. La pena inflitta (1.500 euro di ammenda) era di poco superiore al minimo edittale e la motivazione a supporto era estremamente generica e laconica: “pena equa stimasi”. Tale formula, secondo la Corte, non contiene alcun elemento da cui si possa desumere una valutazione negativa sugli indici di gravità del reato o sul grado di colpevolezza, elementi che sono invece centrali per l’analisi della tenuità del fatto.

Le Conseguenze dell’Omissione

La Corte ha precisato che l’omessa valutazione della domanda, pur non costituendo una causa di nullità tassativamente prevista dalla legge, incide sulla congruità e sulla correttezza logico-giuridica della motivazione. In pratica, la sentenza risulta incompleta e viziata perché non ha preso in considerazione un argomento difensivo cruciale che avrebbe potuto condurre a un esito diverso, ovvero il proscioglimento.

Le Conclusioni

In conclusione, la Suprema Corte ha annullato la sentenza limitatamente al punto concernente l’esame della causa di non punibilità. Ha quindi disposto il rinvio al Tribunale di Macerata, in diversa composizione fisica, per un nuovo giudizio su questo specifico aspetto. Il nuovo giudice dovrà dunque esaminare nel merito la richiesta della difesa e motivare adeguatamente la sua decisione, sia essa di accoglimento o di rigetto. La pronuncia sottolinea l’importanza del dialogo tra giudice e parti processuali e l’imprescindibilità di una motivazione completa come garanzia del giusto processo.

Cosa succede se un giudice non risponde a una richiesta della difesa per la particolare tenuità del fatto?
La sentenza risulta viziata per omessa motivazione su un punto specifico. La Corte di Cassazione può annullare la decisione e rinviare il caso a un nuovo giudice affinché valuti e si pronunci esplicitamente sulla richiesta.

Il rigetto della richiesta di non punibilità può essere implicito?
Sì, la giurisprudenza ammette un rigetto implicito, ma solo a condizione che dalla motivazione generale della sentenza (ad esempio, dall’analisi della gravità del reato per determinare la pena) emergano chiaramente le ragioni che escludono la particolare tenuità del fatto. Una motivazione generica non è sufficiente.

Perché in questo caso la motivazione ‘pena equa stimasi’ non è stata ritenuta sufficiente?
Perché è una formula generica che non fornisce alcun elemento concreto sulla valutazione della gravità oggettiva del reato o della colpevolezza dell’imputato. Di conseguenza, non permette di capire se il giudice abbia considerato e scartato l’ipotesi della particolare tenuità del fatto, lasciando la richiesta della difesa senza alcuna risposta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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