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Particolare tenuità del fatto: la Cassazione annulla

La Corte di Cassazione ha annullato con rinvio una sentenza di condanna per ricettazione di carte di credito. La decisione si fonda sull’errata valutazione da parte dei giudici di merito del requisito dell’abitualità, ostativo all’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.), e sulla totale assenza di motivazione riguardo la richiesta di concessione delle attenuanti generiche. La Corte ha ribadito che per configurare un comportamento abituale sono necessari almeno due precedenti reati della stessa indole.

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Particolare tenuità del fatto: la Cassazione annulla per errata valutazione dell’abitualità

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riacceso i riflettori sull’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis del codice penale. Con la sentenza in esame, la Suprema Corte ha annullato parzialmente una condanna per ricettazione, censurando la decisione dei giudici di merito per aver erroneamente interpretato il concetto di ‘comportamento abituale’ e per aver omesso di motivare il diniego delle attenuanti generiche. Questa pronuncia offre importanti chiarimenti sui presupposti necessari per escludere l’applicazione di questo istituto.

I Fatti del Processo

Il caso riguarda un uomo condannato in primo e secondo grado per il reato di ricettazione (art. 648 c.p.), per essere stato trovato in possesso di una carta di credito e un bancomat risultati rubati. L’imputato non era stato in grado di fornire alcuna giustificazione plausibile circa la provenienza delle tessere magnetiche.

La difesa aveva presentato ricorso in Cassazione lamentando, tra le altre cose, il mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. La Corte di Appello aveva rigettato tale richiesta sostenendo che la condotta dell’imputato fosse ‘abituale’. Inoltre, la difesa contestava la mancata motivazione in merito al diniego delle attenuanti generiche e alla congruità della pena inflitta.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha ritenuto fondati i motivi relativi alla particolare tenuità del fatto e alle attenuanti generiche, annullando la sentenza impugnata su questi specifici punti e rinviando il caso a un’altra sezione della Corte di Appello per una nuova valutazione. Il resto del ricorso, inclusa la contestazione sulla sussistenza del reato di ricettazione, è stato dichiarato inammissibile.

La Corte ha stabilito che la condanna per il reato rimane valida, ma la nuova Corte di Appello dovrà riesaminare la possibilità di applicare la causa di non punibilità e di concedere le attenuanti generiche, seguendo i principi di diritto enunciati dalla Cassazione.

Le Motivazioni: Particolare Tenuità del Fatto e l’Errore sull’Abitualità

Il cuore della decisione risiede nella critica mossa alla Corte di Appello riguardo al concetto di ‘comportamento abituale’. I giudici di secondo grado avevano escluso l’applicazione dell’art. 131-bis basandosi su questa presunta abitualità. Tuttavia, la Cassazione ha evidenziato che il casellario giudiziale dell’imputato riportava solo un precedente molto risalente per un delitto colposo e un altro reato ormai depenalizzato.

Richiamando la propria giurisprudenza consolidata, la Corte ha ribadito un principio fondamentale: il comportamento abituale, quale presupposto che impedisce il riconoscimento della particolare tenuità del fatto, ricorre solo quando l’autore del reato abbia commesso almeno altri due reati della stessa indole. Nel caso di specie, questa condizione non era minimamente soddisfatta. L’apparato giustificativo della Corte territoriale è stato quindi giudicato ‘non corretto giuridicamente’, imponendo l’annullamento della sentenza su questo punto.

Le Motivazioni: Il Difetto di Motivazione sulle Attenuanti Generiche

Altrettanto fondato è stato ritenuto il motivo relativo alla mancanza di motivazione sul diniego delle attenuanti generiche. La Corte di Cassazione ha osservato che la sentenza d’appello non aveva minimamente preso in considerazione questo specifico motivo di gravame, articolato in modo preciso e puntuale dalla difesa.

La Suprema Corte ha spiegato che, sebbene sia ammissibile una ‘motivazione implicita’ quando la risposta a una doglianza si può logicamente desumere dalle argomentazioni usate per altre questioni, ciò non è possibile quando un motivo di appello non viene neppure preso in carico dal giudice. In questo caso, si verifica un’insuperabile lacuna motivazionale che vizia la sentenza e ne impone l’annullamento.

Le Conclusioni

La sentenza rappresenta un’importante affermazione dei principi di diritto in materia di particolare tenuità del fatto e di obbligo di motivazione. In primo luogo, consolida l’interpretazione restrittiva del concetto di ‘comportamento abituale’, ancorandolo a un dato oggettivo (almeno due precedenti reati della stessa indole) ed evitando valutazioni discrezionali e non supportate dai fatti. In secondo luogo, ribadisce che il giudice d’appello ha il dovere di rispondere a tutte le censure mosse dalla difesa, non potendo ignorarle senza fornire una giustificazione esplicita o, quantomeno, implicita e logicamente coerente. Per l’imputato, la decisione apre la possibilità concreta di ottenere una declaratoria di non punibilità o, in subordine, una riduzione della pena nel giudizio di rinvio.

Quando un comportamento è considerato ‘abituale’ al punto da escludere la particolare tenuità del fatto?
Secondo la giurisprudenza di legittimità richiamata dalla sentenza, ricorre il comportamento abituale solo quando l’autore, anche successivamente al reato in giudizio, abbia commesso almeno altri due reati della stessa indole. Un unico precedente risalente e non della stessa indole non è sufficiente.

Cosa succede se un giudice di appello non risponde a un motivo specifico del ricorso?
Se un motivo di appello, articolato in modo preciso e puntuale, non viene minimamente preso in considerazione nella sentenza, si verifica un vizio di motivazione. Questo determina l’annullamento della sentenza in relazione al punto omesso, poiché non è possibile desumere una risposta implicita da un apparato argomentativo che non ha mai affrontato la questione.

Il possesso ingiustificato di carte di credito rubate costituisce sempre ricettazione?
Sì, la sentenza conferma che l’essere colto in possesso di carte di credito di altrui titolarità, senza fornire alcuna spiegazione plausibile in merito alla loro disponibilità, attesta la consapevolezza della loro provenienza delittuosa e integra il reato di ricettazione di cui all’art. 648 del codice penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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