Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 2103 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 2103 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di COGNOME GaetanoCOGNOME nato a Palermo il 10/04/1959
avverso la sentenza del 10/05/2024 della Corte di appello di Palermo visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le richieste del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio, in accoglimento del terzo motivo di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Palermo ha integralmente confermato la sentenza del Tribunale di Palermo in data 19 gennaio 2022, nei confronti di NOME COGNOME in relazione al delitto di cui all’art. 648 cod. pen.
Ricorre per cassazione il suddetto imputato, a mezzo del proprio difensore, formulando quattro motivi di impugnazione, che qui si riassumono nei termini di cui all’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo, si contesta il rigetto dell’eccezione di nullità per mancanza di motivazione della sentenza di primo grado, sulla base della semplice
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facoltà per il giudice dell’impugnazione di integrare l’apparato argomentativo (senza che la Corte di appello abbia effettivamente esercitato tale facoltà).
2.2. Con il secondo motivo, la difesa si duole – sotto il profilo della violazion di legge e del vizio di motivazione – del mancato accoglimento delle deduzioni difensive che sollecitavano il riconoscimento dell’ipotesi di reato impossibile o la riqualificazione della condotta come illecito civile.
2.3. Con il terzo motivo, si deduce la violazione dell’art. 131-bis cod. proc. pen., perché i giudici di appello avrebbero ritenuto ostativa l’abitualità dell condotta, in assenza di precedenti rilevanti sul punto.
2.4. Con il quarto motivo, si eccepisce la carenza di motivazione in relazione ai profili inerenti al riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e i trattamento sanzìonatorio.
Si è proceduto con trattazione scritta, ai sensi dell’art. 611, comma 1, cod. proc. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato solo con riguardo ai motivi attinenti alla speciale tenuità del fatto e alle circostanze ex art. 62-bis cod. pen. ed è inammissibile nel resto.
Il primo motivo è reiterativo e assolutamente generico.
Il ricorrente non si confronta compiutamente con la concreta argomentazione della sentenza impugnata, che sottolinea correttamente l’esaustività del percorso giustificativo del Tribunale, sintetico ma completo, e chiarisce, con sufficiente riferimento alle emergenze procedimentali valorizzate dal primo giudice, gli elementi posti alla base dell’affermazione di responsabilità (pp. 1-2).
In effetti, il Tribunale aveva offerto congrua giustificazione alla pronuncia di condanna, richiamando la deposizione dell’operante che, intervenuto su segnalazione della Centrale operativa in ordine a due soggetti intenti a frugare all’interno di una borsa, procedette a controllo nei confronti di COGNOME, rinvenendo nella sua disponibilità la carta di credito e il bancomat intestati a NOME COGNOME; le tessere magnetiche risultavano provento di furto, già denunciato dalla persona offesa, e l’imputato non aveva fornito sul punto nessuna giustificazione (p. 1).
Con riflessione coerente con i principi di diritto espressi da questa Corte regolatrice, i giudici di appello, richiamando puntualmente gli esiti istruttori, hann sottolineato come non potesse dubitarsi della riconducibilità della condotta, così come accertata e come già sopra descritta, alla fattispecie di cui all’art. 648 cod.
pen.: l’imputato era stato colto in possesso di due carte di credito di altrui titolar (beni che consentono un immediato collegamento con il oro legittimo possessore; cfr. Sez. 2, n. 4132 del 18/10/2019, dep. 2020, Rv. 278225-01) e non aveva offerto alcuna spiegazione in merito a tale disponibilità, così attestando la propria consapevolezza in ordine alla loro provenienza delittuosa (cfr., ex pluribus, Sez. 2, n. 20193 del 19/04/2017, Kebe, Rv. 270120-01).
Resta così esclusa non solo la rilevanza meramente privatistica del fatto, ma anche la pretesa inidoneità dell’azione, ai sensi dell’art. 49, secondo comma, cod. pen. (cfr. Sez. 1, n. 870 del 17/10/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278085-01, secondo cui, in tema di reato impossibile, l’inidoneità dell’azione – da valutarsi con riferimento al tempo del commesso reato in base al criterio di accertamento della prognosi postuma – deve essere assoluta, nel senso che la condotta dell’agente deve essere priva di astratta determinabilità causale nella produzione dell’evento, per inefficienza strutturale o strumentale del mezzo usato, indipendentemente da cause estranee o estrinseche, ancorché riferibili all’agente).
Il secondo motivo è, pertanto, manifestamente infondato.
Colgono, al contrario, nel segno le doglianze inerenti il mancato riconoscimento della causa di esclusione della punibilità della particolare tenuità del fatto.
I giudici di appello hanno fondato la propria decisione di rigetto unicamente sull’asserita abitualità della condotta. Tuttavia, il casellario evidenzia un unic precedente – assai risalente e per delitto colposo – oltre a un reato depenalizzato, commesso in epoca ancora antecedente.
Secondo la giurisprudenza di legittimità, che il Collegio intende ribadire, ricorre il comportamento abituale, presupposto ostativo ex art. 131-bis, comma 3, cod. proc. pen,, solo quando l’autore, anche successivamente al reato oggetto di giudizio, abbia commesso almeno altri due reati della stessa indole (cfr. Sez. 4, n. 14073 del 05/03/2024, COGNOME, Rv. 286175-02; Sez. 6, n. 6551 del 09/01/2020, COGNOME, Rv. 278347-01; Sez. 6, n. 26867 del 28/03/2017, COGNOME, Rv. 270637-01).
L’apparato giustificativo addotto dalla Corte territoriale risulta, quindi, no corretto giuridicamente. Ciò impone l’annullamento, in parte qua, della sentenza impugnata. Il giudice del rinvio, nel procedere ad un nuovo esame della questione, terrà conto anche dei principio di diritto sopra riportato.
Del pari fondato, infine, risulta anche l’ultimo motivo di ricorso.
Nell’atto di appello, il quarto profilo di censura aveva espressamente per oggetto l’asserita severità del trattamento sanzionatorio e l’invocato riconoscimento delle attenuanti generiche (pp. 9-10).
La sentenza impugnata non registra minimamente questo motivo di gravame (anzi qualifica come terzo motivo le doglianze con cui si sollecitava la riqualificazione del fatto, in realtà ricomprese nel secondo motivo, e riconduce al quarto motivo la richiesta di applicazione dell’art. 131-bis cod. pen., oggetto invece del terzo motivo).
In ordine a tali questioni, articolate in appello in modo preciso e puntuale, non solo la sentenza impugnata non offre alcuna esplicita valutazione, ma, tenuto adeguatamente conto della mancata presa in carico dei profili di impugnazione, neppure può trarsi dal complessivo ordito motivazionale un implicito discorso giustificativo, comunque idoneo a fondare il mancato accoglimento.
Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, invero, non è censurabile, in sede di legittimità, la sentenza che non motivi espressamente in relazione a una specifica deduzione prospettata con il gravame, quando il mancato accoglimento risulti dalla complessiva struttura argonnentativa della sentenza (cfr., ex pluribus, da ultimo, Sez. 4, n. 5396 del 15/11/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 284096-01; Sez. 5, n. 6746 del 13/12/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 275500-01; (Sez. 2, n. 35817 del 10/07/2019, COGNOME, Rv. 276741-01; già Sez. 4, n. 7673 del 11/07/1983, COGNOME, Rv. 160321-01, aveva affermato che si ha motivazione implicita quando i motivi della soluzione di una determinata questione debbono intendersi logicamente contenuti e indirettamente svolti nelle considerazioni e nelle ragioni esposte per dar conto della soluzione adottata rispetto ad altra questione, distinta dalla prima e la cui trattazione implica necessariamente, per imprescindibile presupposto logico, anche la trattazione della prima questione). In particolare, la richiesta di concessione delle circostanze attenuanti generiche deve ritenersi disattesa con motivazione implicita allorché sia adeguatamente motivato il rigetto della richiesta di attenuazione del trattamento sanzionatorio, fondata su analogo ordine di motivi (Sez. 1, n. 12624 del 12/02/2019, COGNOME, Rv. 27505701).
Nondimeno, non può parlarsi di motivazione implicita – in quanto la risposta alla deduzione difensiva sarebbe logicamente ricompresa e assorbita dall’effettivo tenore del percorso giustificativo, nella sua parte espressa – quando il profilo di gravame non risulti neppure preso in carico dal giudice di appello. In tal caso, non può ragionevolmente trarsi alcunché dall’apparato argomentativo, pur complessivamente considerato, posto che le deduzioni difensive non hanno mai effettivamente fatto ingresso nel novero delle questioni – e, più in generale, dei punti della decisione – a cui i giudici di appello hanno inteso offrire riscontro,
quantomeno indirettamente (cfr., in termini, Sez. 4, n. 4163 del 01/02/20 COGNOME, non mass.). Opinando altrimenti a fortiori nel caso di specie, ove difetta ogni riflessione anche in ordine agli elementi di cui all’art. 133 cod il Collegio di legittimità finirebbe per sostituire irritualmente il ragionamento sul punto a quello della Corte di merito, non presente nel tes neppure in nuce, e non ricavabile da esso, se non sulla base di criteri inferenzi esterni al reale processo decisionale.
Da tale insuperabile lacuna motivazionale, discende, dunque, l’annullamento della sentenza anche in relazione al riconoscimento delle circostanze attenua generiche. Restano assorbite le ulteriori censure in punto di dosimetria della
La sentenza deve essere, in conclusione, annullata, limitatamente riconoscimento della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen. e circostanze attenuanti generiche con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad al Sezione della Corte di appello di Palermo.
Nel resto, il ricorso va dichiarato inammissibile.
Non consegue l’irrevocabilità dell’affermazione di responsabilità, in difett statuizione definitiva in ordine alla esclusione dell’esimente suddetta.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al riconoscimento della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen. e delle circostanze att generiche, con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appell Palermo.
Dichiara inammissibile nel resto il ricorso. Così deciso il 17 dicembre 2024
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