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Particolare tenuità del fatto: i limiti del ricorso

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un individuo condannato per aver violato ripetutamente la sorveglianza speciale. La difesa invocava l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.), ma la Corte ha stabilito che la molteplicità delle violazioni è un elemento decisivo che esclude tale istituto, confermando la valutazione del giudice di merito.

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Pubblicato il 22 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Particolare Tenuità del Fatto: Quando le Violazioni Multiple Escludono il Beneficio

L’istituto della particolare tenuità del fatto, introdotto dall’articolo 131-bis del codice penale, rappresenta un importante strumento di deflazione processuale, escludendo la punibilità per reati di minima offensività. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce però i confini della sua applicabilità, specialmente in contesti di violazioni reiterate. La sentenza esaminata offre spunti cruciali su come la serialità di una condotta illecita possa essere un ostacolo insormontabile per ottenere il beneficio.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dalla condanna di un soggetto per il reato previsto dall’art. 75 del D.Lgs. 159/2011. L’imputato, sottoposto alla misura della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno in un determinato Comune, aveva contravvenuto a tali prescrizioni. La Corte di Appello di Napoli, confermando la decisione di primo grado, lo aveva condannato a una pena di due anni e quattro mesi di reclusione. La condotta contestata non riguardava un singolo episodio, ma una serie di violazioni accertate a suo carico.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La difesa ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su tre motivi principali:

1. Mancata applicazione dell’art. 131-bis c.p.: Si contestava il mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, sostenendo che le violazioni, singolarmente considerate, fossero di lieve entità.
2. Mancato riconoscimento delle attenuanti generiche: Il ricorrente lamentava una motivazione illogica nel diniego delle circostanze attenuanti generiche, nonostante la presenza di presunti elementi positivi.
3. Errata determinazione della pena: Si criticava l’illogicità della motivazione riguardo alla quantificazione della pena, in particolare per ciò che concerne la continuazione tra le varie violazioni.

Le motivazioni della Cassazione: il limite invalicabile della reiterazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, fornendo chiarimenti fondamentali. In primo luogo, i giudici hanno ribadito che il ricorso per cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito, volto a ottenere una nuova valutazione dei fatti. Le censure mosse erano, secondo la Corte, orientate proprio a questo scopo, inammissibile in sede di legittimità.

Analizzando il punto centrale, ovvero l’esclusione della particolare tenuità del fatto, la Cassazione ha ritenuto la motivazione della Corte d’Appello pienamente adeguata. I giudici di merito avevano correttamente valorizzato la “moltitudine di episodi violativi” come elemento decisivo per negare il beneficio. La ripetitività della condotta illecita, anche se composta da singoli atti di modesta gravità, denota una persistenza nella violazione della legge che è incompatibile con il concetto di “tenuità” richiesto dalla norma. Per escludere l’applicabilità dell’art. 131-bis, è sufficiente che manchi anche solo uno dei presupposti richiesti, e in questo caso, la pluralità delle violazioni è stata considerata un elemento di per sé ostativo.

Anche le altre doglianze sono state respinte. Riguardo alle attenuanti generiche, la Corte ha sottolineato che la sentenza impugnata aveva logicamente evidenziato l’assenza di elementi positivamente valutabili. Infine, sul trattamento sanzionatorio, è stato riaffermato il principio secondo cui la determinazione della pena rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. Tale potere, se esercitato in modo congruo e logico, non è sindacabile in Cassazione, e non richiede un’analisi esplicita di ogni singolo parametro dell’art. 133 del codice penale.

Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un principio giuridico di notevole importanza pratica: la pluralità di violazioni, anche se di modesta entità, può costituire un ostacolo decisivo all’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. La valutazione del giudice non deve limitarsi al singolo episodio, ma può legittimamente considerare il comportamento complessivo del reo. Questa decisione riafferma la natura eccezionale dell’istituto dell’art. 131-bis c.p. e conferma l’ampia discrezionalità del giudice di merito nel valutare la gravità complessiva di una condotta illecita.

Quando non si può applicare la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto?
Secondo la sentenza, non può essere applicata quando la condotta, sebbene composta da singoli atti di modesta entità, risulta reiterata nel tempo. La “moltitudine di episodi violativi” è considerata un elemento decisivo che esclude la tenuità del fatto.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di rivalutare i fatti di un processo?
No, non è possibile. La Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, il che significa che valuta la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione, ma non può riesaminare le prove o i fatti del caso, compito che spetta ai giudici di primo e secondo grado.

Perché non sono state concesse le attenuanti generiche in questo caso?
Le attenuanti generiche non sono state concesse perché la Corte territoriale, con una valutazione ritenuta logica e adeguata dalla Cassazione, non ha riscontrato alcun elemento positivamente valutabile a favore dell’imputato che potesse giustificarne la concessione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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