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Particolare tenuità del fatto e spaccio: no se abituale

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per spaccio di stupefacenti. La richiesta di applicare la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, ai sensi dell’art. 131-bis c.p., è stata respinta poiché il comportamento dell’imputato è stato ritenuto abituale, data la presenza di plurimi precedenti penali specifici.

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Pubblicato il 23 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Particolare tenuità del fatto e spaccio: la Cassazione chiarisce i limiti

L’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’articolo 131-bis del codice penale, rappresenta un importante strumento di deflazione processuale. Tuttavia, il suo ambito di operatività è soggetto a precisi limiti, come ribadito da una recente ordinanza della Corte di Cassazione. Il caso in esame riguarda un soggetto condannato per spaccio di stupefacenti che si è visto negare il beneficio a causa della sua condotta abituale, confermando che la presenza di precedenti specifici è un ostacolo insormontabile.

I Fatti del Caso

Un individuo, condannato dalla Corte d’Appello per un reato legato allo spaccio di sostanze stupefacenti (riqualificato ai sensi dell’art. 73, comma 5, del Testo Unico Stupefacenti), ha presentato ricorso in Cassazione. La sua difesa si basava su un unico motivo: la violazione di legge per la mancata assoluzione dovuta alla particolare tenuità del fatto. Secondo il ricorrente, il giudice di secondo grado avrebbe errato nel non concedere il beneficio, sostenendo che non vi fossero elementi per qualificare il suo comportamento come abituale né l’offesa come grave.
La Corte d’Appello, invece, aveva rigettato la richiesta, evidenziando come l’imputato avesse agito in modo organizzato, ponendo in essere un’attività di spaccio al dettaglio seriale, indice di una consolidata abitualità operativa. Inoltre, i giudici avevano valorizzato la natura di ‘droga pesante’ della sostanza ceduta e, soprattutto, la condizione di soggetto recidivo con precedenti penali specifici.

La Decisione della Cassazione: Quando il Comportamento è Abituale

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo manifestamente infondato. I giudici supremi hanno sottolineato che il ricorso si limitava a riproporre le stesse censure già esaminate e correttamente respinte dalla Corte d’Appello, senza individuare vizi logici o giuridici specifici nella sentenza impugnata.
Il tentativo della difesa di ottenere una nuova valutazione delle prove è stato respinto, poiché tale attività è preclusa al giudizio di legittimità, che si limita a verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza della motivazione.
Il punto centrale della decisione risiede nella conferma della valutazione operata dai giudici di merito riguardo all’abitualità della condotta delittuosa dell’imputato.

Le Motivazioni della Decisione

La motivazione della Cassazione è chiara e si fonda su un principio consolidato. Il beneficio della particolare tenuità del fatto non può essere concesso quando il reato è espressione di un comportamento abituale. Nel caso di specie, la sentenza impugnata aveva ampiamente dimostrato tale abitualità, facendo leva non solo sulle modalità organizzate e seriali dello spaccio, ma soprattutto sull’esistenza di ‘plurimi precedenti specifici’ a carico dell’imputato. Questa circostanza, secondo la Corte, è sufficiente a integrare il presupposto dell’abitualità che la legge indica come ostativo all’applicazione dell’art. 131-bis c.p. La motivazione della Corte d’Appello, quindi, non era né apparente né illogica, ma solidamente ancorata agli elementi processuali.

Conclusioni

L’ordinanza in esame offre un’importante lezione pratica: la valutazione della particolare tenuità del fatto non si esaurisce nell’analisi della singola condotta, ma richiede uno sguardo complessivo sulla personalità e sulla storia criminale dell’imputato. La presenza di precedenti penali, specialmente se della stessa indole del reato per cui si procede, assume un peso decisivo. Per i giudici, essa è un chiaro indicatore di una tendenza a delinquere che contrasta con la ratio dell’istituto, concepito per fatti realmente sporadici e di minima offensività. Pertanto, chi ha una ‘carriera’ criminale, anche se per reati di modesta entità, difficilmente potrà beneficiare di questa causa di non punibilità.

Perché non è stata applicata la particolare tenuità del fatto in questo caso di spaccio?
La causa di non punibilità non è stata applicata perché il comportamento dell’imputato è stato considerato abituale. Questa valutazione si è basata sia sulle modalità organizzate e seriali dell’attività di spaccio sia, in modo decisivo, sulla presenza di numerosi precedenti penali specifici a suo carico.

La Corte di Cassazione può riesaminare le prove per decidere se un fatto è di particolare tenuità?
No, la Corte di Cassazione svolge un sindacato di legittimità. Non può riesaminare le prove o sostituire la propria valutazione a quella dei giudici di merito, ma si limita a controllare che la legge sia stata applicata correttamente e che la motivazione della sentenza sia logica e non contraddittoria.

Cosa si intende per ‘comportamento abituale’ ai fini dell’esclusione dell’art. 131-bis del codice penale?
Secondo la sentenza, il comportamento abituale è una condotta che rivela una tendenza a commettere reati. Nel caso specifico, è stato desunto dall’esistenza di plurimi precedenti penali specifici, indicando che il reato giudicato non era un episodio isolato, ma parte di un più ampio schema di condotta criminale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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