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Particolare tenuità del fatto e spaccio: la Cassazione

La Corte di Cassazione ha annullato una condanna per spaccio di una dose di eroina, stabilendo che per negare la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, la prova della “condotta abituale” deve essere rigorosa e non basarsi su espressioni generiche come “come al solito”. La Corte d’Appello aveva erroneamente ritenuto abituale la condotta dell’imputato, incensurato, sulla base di elementi insufficienti. Il caso è stato rinviato per un nuovo giudizio.

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Pubblicato il 25 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Particolare tenuità del fatto e spaccio: la Cassazione fissa i paletti per la condotta abituale

Una recente sentenza della Corte di Cassazione interviene su un tema cruciale del diritto penale: l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.) ai reati di spaccio di stupefacenti. La pronuncia chiarisce quali prove sono necessarie per definire una condotta “abituale” e, di conseguenza, escludere questo beneficio, sottolineando che non bastano espressioni generiche o sospetti non circostanziati. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante decisione.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un giovane condannato in primo e secondo grado per il reato previsto dall’art. 73, comma 5, del Testo Unico Stupefacenti, ovvero lo spaccio di lieve entità. Nello specifico, l’imputato era stato accusato di aver venduto una singola dose di eroina da 0,5 grammi per la somma di venti euro.

Contro la sentenza della Corte di Appello, che aveva confermato la condanna, la difesa ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando principalmente la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.

I Motivi del Ricorso e la particolare tenuità del fatto

Il ricorso si basava su tre motivi principali:

1. Violazione dell’art. 131-bis c.p.: La difesa sosteneva che la Corte d’Appello avesse errato nel negare la non punibilità, giustificandola con la presunta “abitualità” della condotta e la natura di droga “pesante” della sostanza. L’imputato, tuttavia, era incensurato e a suo carico risultava solo una vecchia denuncia non sfociata in un processo penale.
2. Mancata motivazione: Si lamentava l’assenza totale di motivazione riguardo al rigetto della richiesta di applicazione dell’attenuante per il profitto di speciale tenuità (art. 62, n. 4, c.p.), nonostante fosse un punto specifico dell’appello.
3. Diniego delle attenuanti generiche: La difesa contestava il rifiuto delle attenuanti generiche, che non aveva tenuto conto dello stato di incensuratezza dell’imputato, delle sue condizioni di vita difficili e della modesta quantità di droga ceduta.

È interessante notare che anche la Procura Generale presso la Corte di Cassazione si è espressa a favore dell’accoglimento del primo motivo di ricorso, chiedendo l’annullamento della sentenza.

L’Analisi della Corte: Quando la Condotta è Davvero “Abituale”?

La Corte di Cassazione ha ritenuto fondato il primo motivo di ricorso, offrendo una lezione di rigore giuridico sul concetto di “comportamento abituale”.

Richiamando la giurisprudenza delle Sezioni Unite (sent. Tushaj, n. 13681/2016), la Corte ha ribadito che il presupposto del comportamento abituale, che osta all’applicazione dell’art. 131-bis c.p., ricorre quando l’autore ha commesso almeno altri due reati della stessa indole. Tale accertamento, che può essere svolto anche incidentalmente dal giudice, deve però basarsi su una dimostrazione razionale e concreta.

Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva desunto l’abitualità da un’unica circostanza: la dichiarazione dell’acquirente di aver incontrato lo spacciatore in un dato punto “come al solito”. Secondo la Cassazione, questa espressione è troppo generica e priva di riferimenti specifici per poter fondare, da sola, la prova della commissione di almeno due reati precedenti. In assenza di precedenti penali e di fronte a una singola vecchia denuncia, non è ragionevole ritenere accertata una serialità criminale.

Le Motivazioni

La Corte Suprema ha annullato la sentenza impugnata con rinvio ad un’altra sezione della Corte d’Appello. La motivazione del giudice di secondo grado è stata giudicata insufficiente e illogica. Non è stata fornita una spiegazione adeguata per ritenere la condotta abituale, basandosi su un elemento vago e non circostanziato. Un’affermazione come “come al solito” non può, da sola, dimostrare la reiterazione di condotte delittuose necessarie a configurare l’abitualità.

Inoltre, la Cassazione ha accolto anche il secondo motivo di ricorso, censurando la Corte d’Appello per non aver speso una sola parola sulla richiesta di applicazione dell’attenuante del profitto di speciale tenuità, nonostante fosse stata specificamente dedotta. Tale omissione costituisce un vizio di motivazione che impone un nuovo esame.

Il terzo motivo, relativo alle attenuanti generiche, è stato invece dichiarato “assorbito”, in quanto la sua valutazione dipenderà dalle nuove decisioni che il giudice del rinvio prenderà sugli altri punti.

Conclusioni

Questa sentenza riafferma un principio fondamentale dello stato di diritto: le decisioni giudiziarie, specialmente quelle che negano benefici di legge all’imputato, devono essere supportate da motivazioni solide, logiche e basate su prove concrete. Per escludere la non punibilità per particolare tenuità del fatto non è sufficiente un sospetto o un’impressione di serialità; è necessario un accertamento rigoroso che dimostri l’esistenza di specifici reati pregressi. La pronuncia funge da monito per i giudici di merito a non ricorrere a formule generiche per giustificare il diniego di istituti volti a garantire la proporzionalità della sanzione penale.

Quando un comportamento può essere definito ‘abituale’ per escludere la particolare tenuità del fatto?
Secondo la sentenza, un comportamento è ‘abituale’ quando si può dimostrare, su base razionale e concreta, che l’autore ha commesso almeno altri due reati della stessa indole. Una generica espressione come ‘come al solito’, non supportata da altri elementi, non è sufficiente.

Una semplice denuncia penale passata è sufficiente a dimostrare l’abitualità di una condotta?
No. La sentenza chiarisce che una sola denuncia pregressa, per di più non sfociata in un procedimento penale, non è un elemento sufficiente per ritenere accertata l’abitualità del comportamento, specialmente in assenza di precedenti condanne.

Il giudice d’appello può ignorare un motivo di ricorso specifico sollevato dalla difesa?
No, non può. La sentenza ha annullato la decisione della Corte d’Appello anche perché aveva completamente omesso di motivare il rigetto di un motivo specifico sollevato dalla difesa (la richiesta di un’attenuante). Questa omissione costituisce un vizio della sentenza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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