Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 13535 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 13535 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CASERTA il 04/11/1985
avverso la sentenza del 20/06/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Napoli, in riforma della sentenza di condanna del Tribunale di Santa Maria Capua nei confronti di NOME COGNOME in ordine al reato di cui all’ art. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309 (commesso in San Prisco il 22 dicembre 2020), ha riqualificato il fatto ai sensi dell’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/90 e rideterminato la pena in mesi 6 di reclusione e euro 1400,00 di multa.
Nelle sentenze di merito i fatti sono stato descritti nel modo seguente. Il 22 dicembre 2020, nel corso di una perquisizione di iniziativa della polizia giudiziaria, presso l’abitazione di NOME COGNOME vennero rinvenuti sostanza stupefacente e materiale per il confezionamento e in particolare:
in cucina, sul tavolo, frammenti di sostanza vegetale solida di colore marrone, tre taglierini con lame annerite dal fuoco, un rotolo di cellophane e un bilancino funzionante; dietro la macchinetta del caffè, due pezzi della medesima sostanza e dentro il cassetto delle posate due pezzi già confezionati;
in camera da letto, nel cassetto del comodino, la somma di 1.340 euro suddivisa in banconote da vario taglio;
-nel bagno un coltello con lama annerita.
La consulenza effettuata sulla sostanza stupefacente consentì di accertare che la stessa era del tipo hashish con un peso complessivo pari a circa 122 grammi lordi, da cui era possibile ricavare 524 dosi medie singole.
Avverso la sentenza di appello, ha proposto ricorso l’imputato, a mezzo del difensore, formulando tre motivi di impugnazione.
2.1. Con il primo motivo, ha dedotto la nullità dell’ordinanza emessa dalla Corte di Appello i1,20 giugno 2024 con cui era stata rigettata la eccezione relativa alla regolarità della notifica del decreto di citazione in appello e la nullità deriva della sentenza. Il difensore rileva che tale notifica all’imputato era stat effettuata, ai sensi dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen., presso il difensore, dopo che non era stato reperito al domicilio dichiarato. Nel verbale redatto dai Carabinieri in data 28 maggio 2024 (e trasmesso alla Corte in pari data) si dava atto di un primo accesso senza esito, effettuato appunto il 28 maggio, e di ulteriori accessi, senza, tuttavia, alcuna specificazione in ordine a date e orari. Le ricerche, dunque, non avrebbero dovuto essere considerate esaustive, sicché la notifica presso il difensore non poteva essere considerata legittima. Prima ancora il verbale di vane ricerche doveva essere ritenuto illegittimo, in quanto redatto in mancanza di presupposti previsti dal codice di rito: se il primo accesso era avvenuto il giorno 28 maggio 2024 e nella stessa data era stato redatto il verbale
di vane ricerche inviato alla Corte, non si comprendeva GLYPH in quali date fossero stati effettuati gli altri passaggi.
2.2. Con il secondo motivo, ha dedotto la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione alla affermazione della penale responsabilità e al riconoscimento della illiceità della detenzione della sostanza stupefacente. Fin dall’interrogatorio di garanzia, l’imputato aveva spiegato di aver acquistato la sostanza stupefacente per il proprio consumo personale e di aver effettuato una mini scorta in vista delle vacanze natalizie, tenuto conto anche delle restrizioni alla libertà di circolazione vigenti in quel periodo, collegate alla diffusione del vir Covid 19. La Corte non aveva tenuto conto, come sarebbe stato necessario, del fatto che il taglierino e il bilancino servivano a COGNOME per prepararsi singole dosi da assumere; che il cellophane, peraltro presente nella cucina di ogni casa, sarebbe servito per portare fuori dall’appartamento la singola dose da assumere per uso personale. L’acquisto del pezzo da 100 grammi – prosegue il difensoreaveva consentito al COGNOME di ottenere un prezzo di favore e di garantirsi una scorta di sostanza in vista delle festività natalizie, stanti anche le restrizio alla possibilità di movimento. Peraltro il ricorrente disponeva di risorse adeguate, in quanto aveva ricevuto beni in donazione dai genitori, aveva sempre lavorato e in quel periodo usufruiva del contributo della cassa integrazione. Infine, COGNOME aveva anche riferito i nominativi di coloro da cui aveva acquistato la sostanza stupefacente, dimostrando, in tal modo, di essere estraneo al contesto criminale dedito allo spaccio di stupefacenti.
2.3. Con il terzo motivo, ha dedotto la violazione di legge e il vizio di motivazione per non avere la Corte riconosciuto la particolare tenuità del fatto ex art. 131 bis cod. pen. La difesa, a seguito della entrata in vigore della Riforma Carta bia, aveva dedotto un motivo nuovo con cui aveva insistito per l’assoluzione dell’imputato per particolare tenuità del fatto anche in applicazione della nuova disciplina. La Corte, ciò nonostante, non solo non aveva dato atto del deposito di motivi nuovi, ma non aveva neanche preso in considerazione la condotta successiva al reato da parte dell’imputato, il quale non aveva commesso altri reati e aveva svolto una stabile attività lavorativa. Inoltre, secondo il ricorrente, motivazione della Corte sarebbe contraddittoria, in quanto, da un lato, aveva ritenuto la condotta dell’imputato meritevole della riqualificazione nel fatto di lie entità e, dall’altro, aveva affermato, in maniera apodittica, che l’attivi delittuosa da lui posta in essere aveva carattere professionale, pur a fronte del fatto che il giudice di primo grado aveva ritenuto inesistente una pregressa attività di spaccio e aveva, conseguentemente, restituito la somma di denaro sequestrata nel corso della perquisizione.
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GLYPH 3. Il Procuratore Generale, nella persona del sostituto NOME COGNOME ha rassegnato conclusioni scritte con cui ha chiesto il rigetto del ricorso.
Il difensore del ricorrente, in data 7 febbraio 2024, ha depositato memoria di replica con cui ha insistito per l’ accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere rigettato.
Il primo motivo, con cui si contesta la validità della notifica del decreto d citazione a giudizio in appello, è manifestamente infondato.
Dalla disamina degli atti, consentita a questa Corte essendo stato dedotto un error in procedendo (Sez. U., n.42792 del 31/10/2001, Policastro, Rv.220092) risulta che:
all’udienza del 19 giugno 2023, la Corte aveva disposto la rinnovazione della notifica del decreto di citazione a giudizio;
all’udienza del 9 novembre 2023, la Corte, stante l’assenza del giudice relatore, aveva rinviato il processo, senza procedere alla verifica GLYPH della costituzione delle parti;
-all’udienza del 13 maggio 2024, la Corte, accertato che nessun adempimento ai fini della notifica era stato effettuato, aveva rinviato il processo al 20 giug 2024, disponendo la rinnovazione della notifica del decreto di citazione a giudizio e del verbale di udienza all’imputato tramite i Carabinieri di San Prisco;
in data 28 maggio 2024, i Carabinieri di San Prisco avevano trasmesso il verbale di vane ricerche, con cui si dava atto che nello stesso giorno si erano recati presso la residenza dell’imputato in San Prisco, INDIRIZZO ove NOME COGNOME> aveva dichiarato domicilio nel corso dell’interrogatorio nell’udienza di convalida del giudizio direttissimo; che nessuno aveva risposto al campanello; che COGNOME nel mese corrente erano stati effettuati vari passaggi da altro personale presso l’abitazione di COGNOME NOME e lo stesso non era risultato presente;
all’udienza del 20 giugno 2024, la Corte, a fronte della notifica effettuata presso il difensore ex art. 161, comma 4, cod. proc. pen. dopo che l’imputato non era stato reperito al domicilio dichiarato, aveva rigettato l’eccezione di nullità detta notifica.
La decisione adottata non si presta a censure. Il ricorrente, nel lamentare la non esaustività delle ricerche compiute dalla polizia giudiziaria, non tiene conto che le Sezioni Unite di questa Corte hanno già chiarito che “l’impossibilità della
notificazione al domicilio dichiarato o eletto, che ne legittima l’esecuzione presso il difensore secondo la procedura prevista dall’ad. 161, comma 4, cod. proc. pen., è integrata anche dalla temporanea assenza dell’imputato al momento dell’accesso dell’ufficiale notificatore o dalla non agevole individuazione dello specifico luogo non occorrendo alcuna indagine che attesti l’irreperibilità dell’imputato, doverosa invece qualora non sia stato possibile eseguire la notificazione nei modi previsti dall’ad. 157 cod. proc. pen.” (Sez. U n. 58120 del 22/06/2017, COGNOME, Rv. 271772 – 01). Tale principio è stato costantemente ribadito dalla giurisprudenza successiva (si veda, ex plurimis, Sez. 6, n. 52174 del 06/10/2017, COGNOME, Rv. 271560) ed, altresì, esteso da altra pronuncia delle Sezioni Unite anche al caso della mancata notifica a mezzo posta per irreperibilità del destinatario nel domicilio dichiarato, eletto o determinato per legge, attestata dall’addetto al servizio postale comporta, a norma dell’art. 170 cod. proc. pen., che comporta, senza necessità di ulteriori adempimenti, la consegna dell’atto al difensore ex art.161, comma 4, cod. proc. pen., salvo che l’imputato, per caso fortuito o forza maggiore, non sia stato nella condizione di comunicare il mutamento del luogo dichiarato od eletto, dovendosi, in tal caso, applicare le disposizioni degli artt. 157 e 159 cod. proc. pen. (Sez. U, n. 14573 del 25/11/2021, dep. 2022, D., Rv. 282848 – 02).
Nel caso di specie, dopo che COGNOME non era stato trovato nella abitazione di residenza, presso cui aveva dichiarato il domicilio, la notifica del decreto di citazione in appello era stata eseguito presso lo studio del difensore, ai sensi dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen. La Corte, dunque, ha ritenuto correttamente instaurato il rapporto processuale, in conformità dei principi sopra richiamati.
La censura è manifestamente infondata anche nella parte in cui sembra ipotizzare che il verbale relativo alle ricerche dell’imputato ai fini della notifica decreto di citazione riporti dati non veri. A tale fine si osserva che gli a provenienti dalla polizia giudiziaria sono qualificabili come atti pubbli fidefacenti rispetto a quanto in essi attestato (ex plurimis, Sez. 5, n. 50082 del 29/09/2017 PG in proc. COGNOME, Rv. 271625) e che, in ogni caso, il verbale in atti non presenta alcun profilo di incongruenza, in quanto l’effettuazione di un accesso (indicato come tale e non già come “primo”) alla data del 28 maggio 2024 non esclude che possano essere stati effettuati, nei giorni antecedenti, altri tentativ di rintraccio e altre ricerche.
3.11 secondo motivo, volto a censurare l’affermazione della responsabilità sotto il profilo dell’asserito consumo personale, è inammissibile.
Questa Corte ha già avuto modo di affermare che, la destinazione della sostanza stupefacente a fini diversi dall’autoconsumo non configura una causa di
non punibilità, ma è elemento costitutivo della fattispecie incriminatrice, sicché non è onere dell’imputato darne la prova, mentre grava sulla pubblica accusa l’onere di dimostrare la destinazione allo spaccio (Sez. 6, n. 26738 del 18/09/2020, Canduci, Rv. 279614; v. anche Sez. 6, n. 11025 del 2013, Rv. 255726, quanto alla rilevanza del parametro della capacità patrimoniale, anche ai fini della precostituzione di scorte per uso personale). Si è anche affermato che la valutazione in ordine alla destinazione della droga, ogni qualvolta la condotta non appaia indicativa della immediatezza del consumo, debba essere effettuata dal giudice di merito tenendo conto di tutte le circostanze oggettive e soggettive del fatto, secondo parametri di apprezzamento sindacabili in sede di legittimità soltanto sotto il profilo della mancanza o della manifesta illogicità della motivazione (tra le tante, Sez. 4, n. 7191 del 11/01/2018, COGNOME, Rv. 272463).
Nel caso in disamina la Corte d’Appello, in continuità con la sentenza di primo grado, ha desunto la prova della finalità illecita della detenzione dalla convergenza di più elementi, tutti indicativi della destinazione allo spaccio della sostanza e in particolare dal quantitativo di sostanza stupefacente rinvenuto nella disponibilità del ricorrente, dal contestuale rinvenimento della strumentazione per la preparazioni e il confezionamento di dosi singole, dall’assenza di stabili fonti d reddito (in sede di interrogatorio COGNOME aveva riferito di percepire solo l’indennità di disoccupazione), tali da consentirgli di effettuare una scorta in vist di un futuro consumo personale.
A fronte di tale percorso argomentativo, coerente con i dati riportati e non illogico nelle inferenze tratte da tali dati, la censura del ricorrente appa avversativa, limitandosi a reiterare gli stessi argomenti, e in particolare quell dell’acquisto di un quantitativo più significativo in vista delle feste natalizie, adeguatamente vagliati e disattesi dalla Corte. In tal senso deve ribadirsi che esula dai poteri della Corte di cassazione quello di una “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, COGNOME, Rv. 207944).
Il terzo motivo, con cui si censura la mancata applicazione dell’art. 131 bis cod. pen., è infondato.
Con riferimento al riconoscimento (o diniego) della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis cod. pen., il giudice deve motivare sulle forme d estrinsecazione del comportamento incriminato, al fine di valutarne la gravità, l’entità del contrasto rispetto alla legge e, conseguentemente, il bisogno di pena,
essendo insufficiente il richiamo a mere clausole di stile (Sez. 6, n. 18180 del 20/12/2018, dep. 2019, Venezia, Rv. 275940). Il giudizio sulla tenuità dell’offesa deve essere effettuato con riferimento ai criteri di cui all’art. 133, comma 1, cod. pen. e, a seguito della entrata in vigore del D.Igs 10 ottobre 2022 n.150, a decorrere dal 30 dicembre 2022 ex art. 6 d.l. 31 ottobre 2022 n. 162, anche della condotta susseguente al reato, ma non è necessaria la disamina di tutti gli elementi di valutazione previsti, essendo sufficiente l’indicazione di quelli ritenut rilevanti (Sez. 6 n. 55107 del 8/11/2018, COGNOME, Rv. 274647; sez. 3 n. 34151 del 18/6/2018, COGNOME e altro, Rv. 273678). Peraltro la richiesta di applicazione della causa di non punibilità deve ritenersi implicitamente disattesa dal giudice qualora la struttura argomentativa della sentenza richiami, anche rispetto a profili diversi, elementi che escludono una valutazione del fatto in termini di particolare tenuità (Sez, 3, n. 43604 del 08/09/2021, COGNOME, Rv. 282097-01), sicché la motivazione può risultare anche implicitamente dall’argomentazione con la quale il giudice d’appello abbia considerato gli indici di gravità oggettiva del reato e grado di colpevolezza dell’imputato, alla stregua dell’art. 133 cod. pen., per stabilire la congruità del trattamento sanzionatorio irrogato dal giudice di primo grado (ex plurimis, Sez. 5, n. 15658 del 14/12/2018, dep. 2019, D., Rv. 275635; Sez. 4 n. 27595 del 11/05/2022, Omogiate Rv. 283420)
Trattandosi, quindi, di una valutazione da compiersi sulla base dei criteri di cui all’art. 133, cod. pen., essa rientra nei poteri discrezionali del giudice di merit e, di conseguenza, non può essere sindacata dalla Corte di legittimità, se non nei limiti della mancanza o della manifesta illogicità della motivazione postavi a sostegno.
Nel caso in esame, la Corte d’Appello, al fine di escludere la tenuità dell’offesa, ha richiamato le modalità concrete del fatto, ovvero la contestuale detenzione della sostanza stupefacente e di materiale vario per la preparazione e il confezionamento di singole dosi, tali da far ipotizzare un’attività di spaccio condotta in modo continuativo e non già occasionale.
Il percorso argomentativo adottato, sia pure nella sua sinteticità, non si presta a censure, in quanto appare conforme ai principi sopra richiamati.
Il richiamo alle modalità concrete del fatto implica, quanto meno in via implicita, la valorizzazione del quantitativo di sostanza concretamente detenuta (come detto pari a 122 grammi lordi), cui, peraltro, la Corte ha fatto espresso riferimento nella determinazione della pena base in misura superiore al minimo edittale. Può, dunque, affermarsi che la Corte non si è limitata a fare riferimento alla condotta tipica, bensì, coerentemente all’insegnamento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza n. 13681 del 25/02/2016, COGNOME, Rv.
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266590, ha analizzato le forme di estrinsecazione del comportamento e l’entità del contrasto rispetto alla legge.
Nessun contraddizione, inoltre, sussiste fra il riconoscimento dell’ipotesi attenuata di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/90 e la mancata concessione della causa di non punibilità in esame, posto che sono fattispecie strutturalmente e teleologicamente non coincidenti, venendo in rilievo nel primo caso un fatto di lieve entità che necessità comunque di punizione e nel secondo caso un’offesa di particolare tenuità che non richiede di essere punita: mentre ai fini della concedibilità della prima il giudice è tenuto a valutare i mezzi, le modalità e le circostanze dell’azione nonché la quantità e la qualità delle sostanze stupefacenti oggetto della condotta criminosa, ai fini del riconoscimento della causa di non punibilità devono invece essere considerate le modalità della condotta, il grado di colpevolezza da esse desumibile, l’entità del danno o del pericolo, nonché il carattere non abituale della condotta. (Sez. 3, n. 18155 del 16/04/2021, Diop, Rv. 281572 – 01; Sez. 4, n. 48758 del 15/07/2016, COGNOME, Rv. 268258 – 01).
A fronte della rilevanza attribuita alla gravità concreta della condotta, come detto, la Corte non era tenuta a prendere in considerazione gli ulteriori elementi di valutazione, ivi compreso quello della condotta successiva al reato, che come già chiarito da questa Corte è uno – ma non certamente l’unico, né il principaledegli elementi che il giudice è chiamato ad apprezzare ai fini del giudizio avente ad oggetto l’offesa (Sez. 3, n. 18029 del 04/04/2023, Hu Qinglian, Rv. 284497 01). Peraltro, il ricorrente, sotto tale profilo, aveva evidenziato di non essere più incorso in violazioni della legge penale e di avere dato prova di essersi inserito nel tessuto sociale, ovvero condotte non correlate alla gravità dell’offesa e perciò irrilevanti ai fini di interesse. Questa Corte ha già avuto modo di chiarire, infatt che la condotta successiva al reato, richiamata dal novellato art. 131 bs cod. pen. deve essere tale da incidere sulla gravità dell’offesa prodotta dal reato, nel senso di ridurla o aggravarla. Sulla scorta di quanto esposto nella Relazione illustrativa al d.lgs 160/2022, si è osservato che la condotta susseguente al reato non può, di per sè sola, rendere di particolare tenuità un’offesa che tale non era al momento del fatto, potendo essere valorizzata solo nell’ambito di un giudizio complessivo sull’entità dell’offesa arrecata, da effettuarsi alla stregua dei parametri di cu all’art. 133 comma 1 cod. pen. (Sez. 3 n. 28031 del 24 maggio 2023, n.m; nello stesso senso Sez. 6, n. 43941 del 03/10/2023, NOME COGNOME Rv. 285360, secondo cui “la condotta susseguente al reato, per effetto delle modifiche all’art. 131-bis cod. pen. introdotte dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, costituisce elemento suscettibile di valutazione negativa ai fini della applicabilità dell’esimente nel caso in cui determini un aggravamento dell’offesa, non rilevando invece
comportamenti successivi sol perché espressivi di capacità a delinquere”). consegue che non possono essere prese in considerazione, ai fini d riconoscimento della causa di non punibilità ex art. 131 bis cod. pen. condo che pur rilevando sul piano della generale della assenza di capacità a delinqu non incidano direttamente, nel senso di diminuirla, sulla gravità dell’of mentre dovranno essere valutati i comportamenti che incidano sulla lesione de bene protetto dalla norma incriminatrice, quali, ad esempio, il risarcimento danno, le restituzioni o le condotte riparatorie in genere.
Al rigetto del ricorso, segue ex art. 616 cod. proc. pen, la condanna ricorrente al pagamento delle spese processuali
P. Q. M.
Rigetta COGNOME il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spes processuali.
Così deciso in Roma il 19 febbraio 2025.