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Particolare tenuità del fatto e soggiorno illegale

Un individuo condannato per soggiorno illegale ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che il suo caso dovesse essere archiviato per particolare tenuità del fatto. La Corte Suprema, pur ribadendo che tale principio è applicabile in astratto al reato, ha rigettato il ricorso. La decisione si è basata sulla corretta valutazione del giudice di merito, che aveva negato il beneficio a causa di elementi concreti: la mancanza di documenti, lavoro e domicilio stabile da parte dell’imputato, uniti a nove precedenti segnalazioni. L’appello è stato giudicato generico perché non contestava questi specifici elementi.

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Pubblicato il 20 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Particolare tenuità del fatto per soggiorno illegale: la Cassazione fa chiarezza

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 21136 del 2024, affronta un tema di grande attualità: l’applicabilità della causa di non procedibilità per particolare tenuità del fatto al reato di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato. Questa pronuncia offre importanti chiarimenti, distinguendo tra l’applicabilità teorica dell’istituto e la sua concreta operatività, che dipende da una valutazione attenta di specifici indicatori. Comprendere questa distinzione è fondamentale per gli operatori del diritto e per chiunque sia interessato alle politiche migratorie e al diritto penale.

I Fatti del Caso: Il Soggiorno Irregolare e il Ricorso in Appello

Il caso ha origine dalla condanna di un cittadino straniero per il reato previsto dall’art. 10-bis del d.lgs. 286/1998. Inizialmente, il Giudice di Pace aveva emesso una condanna. Successivamente, il Tribunale, in funzione di giudice d’appello, aveva parzialmente riformato la sentenza, sostituendo la pena originaria con un’ammenda di 5.000 euro e confermando l’espulsione dal territorio nazionale.

L’imputato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per cassazione, lamentando che i giudici di merito avessero illegittimamente negato la possibilità di dichiarare l’improcedibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 34 del d.lgs. 274/2000. Secondo la difesa, il fatto non aveva causato alcun pregiudizio all’ordine e alla sicurezza pubblica e la pena era sproporzionata.

L’Applicabilità astratta della particolare tenuità del fatto

La Corte di Cassazione inizia la sua analisi chiarendo un punto fondamentale. Contrariamente a quanto erroneamente assunto dal Tribunale in appello, l’istituto della particolare tenuità del fatto è, in linea di principio, pienamente compatibile e applicabile ai reati di ingresso e soggiorno illegale.

La giurisprudenza di legittimità è consolidata su questo punto e ha più volte affermato che, in presenza dei presupposti di legge, il giudice può dichiarare l’improcedibilità anche per questa specifica fattispecie di reato. L’errore del giudice d’appello è stato, quindi, quello di escludere a priori tale possibilità, basandosi su una presunta incompatibilità ontologica tra le norme.

Le motivazioni

Nonostante l’errore di principio del giudice d’appello, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso. Il motivo risiede nel fatto che la decisione impugnata si saldava con la motivazione della sentenza di primo grado, creando un unico “apparato motivazionale”. Il Giudice di Pace, infatti, aveva correttamente adempiuto al suo obbligo, valutando nel concreto la sussistenza dei requisiti per la tenuità del fatto e giungendo a una conclusione negativa.

La valutazione deve basarsi su un giudizio sintetico che consideri tutti gli indici normativi: l’esiguità del danno o del pericolo, l’occasionalità della condotta e il grado di colpevolezza. Nel caso specifico, il giudice di primo grado aveva individuato elementi ostativi decisivi:

1. Mancanza di documenti d’identità: L’imputato era sprovvisto di documenti validi.
2. Assenza di un lavoro e di un domicilio: Non risultava avere un’occupazione regolare né una stabile dimora.
3. Precedenti segnalazioni: L’imputato era già stato fotosegnalato dalle forze dell’ordine in ben nove occasioni precedenti.

Questi elementi, complessivamente considerati, delineavano una situazione di irregolarità non meramente occasionale e indicavano una certa refrattarietà alle norme, impedendo di qualificare il fatto come di “particolare tenuità”. Il ricorrente, nel suo atto di impugnazione, si era limitato a contestazioni generiche, omettendo di confrontarsi con queste specifiche e pregnanti argomentazioni.

Le conclusioni

La sentenza n. 21136/2024 della Cassazione è emblematica. Da un lato, ribadisce un principio di diritto importante: la particolare tenuità del fatto è un istituto di portata generale, applicabile anche al reato di soggiorno illegale. Dall’altro, sottolinea che la sua applicazione non è automatica, ma richiede una rigorosa analisi del caso concreto. Non basta l’assenza di un danno evidente alla sicurezza pubblica; il giudice deve valutare la condotta complessiva dell’imputato e la presenza di indicatori che ne dimostrino l’effettiva minima offensività. La mancanza di radicamento sociale (lavoro, domicilio) e i contatti pregressi con le forze dell’ordine possono legittimamente costituire fattori ostativi al riconoscimento di tale beneficio.

È possibile applicare la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto al reato di soggiorno illegale?
Sì, la Corte di Cassazione conferma che, in linea di principio, l’istituto della particolare tenuità del fatto (art. 34 d.lgs. 274/2000) è applicabile anche al reato di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato (art. 10-bis d.lgs. 286/1998).

Quali elementi hanno impedito l’applicazione della particolare tenuità del fatto in questo caso specifico?
L’applicazione è stata negata a causa di specifici fattori ostativi valutati dal giudice di merito: l’indisponibilità di documenti di identità da parte dell’imputato, la mancanza di una regolare occupazione lavorativa e di un domicilio stabile, e il fatto che fosse già stato fotosegnalato in nove precedenti occasioni.

Perché il ricorso è stato rigettato nonostante il giudice d’appello avesse errato in linea di principio?
Il ricorso è stato rigettato perché, sebbene il giudice d’appello avesse erroneamente escluso in astratto l’applicabilità dell’istituto, la sua decisione si fondava su quella del giudice di primo grado, che aveva correttamente valutato i fatti concreti. Il ricorrente ha formulato una censura generica, senza contestare specificamente gli elementi negativi (mancanza di documenti, lavoro, domicilio e precedenti) che giustificavano il diniego della particolare tenuità del fatto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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