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Particolare tenuità del fatto e risarcimento civile

La Corte di Cassazione chiarisce un punto fondamentale: l’assoluzione di un imputato per particolare tenuità del fatto non impedisce alla vittima di ottenere giustizia in sede civile. Con la sentenza in esame, la Suprema Corte stabilisce che, nonostante l’assoluzione penale, il giudice deve obbligatoriamente pronunciarsi sulla richiesta di risarcimento del danno e sulla liquidazione delle spese legali presentate dalla parte civile. Viene infatti respinto il ricorso della parte civile volto a contestare l’assoluzione, ma accolto quello relativo all’omessa pronuncia sulle statuizioni civili, annullando la sentenza d’appello su questo specifico punto.

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Pubblicato il 24 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Particolare tenuità del fatto: Assoluzione Penale non Nega il Risarcimento

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio cruciale a tutela delle vittime di reato: l’assoluzione dell’imputato per particolare tenuità del fatto ai sensi dell’art. 131-bis del codice penale non preclude il diritto della parte civile a ottenere il risarcimento del danno. Anzi, il giudice penale che emette tale verdetto ha l’obbligo di pronunciarsi sulle richieste civili. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da un procedimento penale per il reato di minaccia aggravata. In secondo grado, la Corte d’Appello aveva riformato la sentenza del Tribunale, assolvendo uno degli imputati proprio in virtù della particolare tenuità del fatto. Tuttavia, nel pronunciare la sentenza, la Corte ometteva di decidere sulla domanda di risarcimento del danno e sulla liquidazione delle spese legali avanzate dalla persona offesa, costituitasi parte civile.

Contro questa decisione, la parte civile ha proposto ricorso per cassazione, lamentando due aspetti: in primo luogo, un’errata e apparente motivazione nell’applicazione dell’istituto della non punibilità; in secondo luogo, la violazione di legge per la mancata pronuncia sulle statuizioni civili, alla luce di un’importante sentenza della Corte Costituzionale.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha esaminato i due motivi di ricorso con esiti differenti, fornendo chiarimenti fondamentali sul rapporto tra il giudizio penale e le pretese civilistiche della vittima.

L’Inammissibilità del Ricorso sulla Tenuità del Fatto

Il primo motivo, con cui la parte civile contestava la scelta del giudice di assolvere per particolare tenuità, è stato dichiarato inammissibile. La Cassazione ha ribadito un orientamento consolidato: la parte civile non ha un interesse giuridicamente rilevante a impugnare questo tipo di assoluzione. La ragione risiede nell’art. 651-bis del codice di procedura penale, il quale stabilisce che la sentenza di proscioglimento per tenuità del fatto ha efficacia di giudicato nel processo civile per quanto riguarda l’accertamento della sussistenza del fatto, la sua illiceità penale e la sua commissione da parte dell’imputato. Di conseguenza, tale pronuncia non danneggia la parte civile, ma anzi le fornisce una base solida per l’azione di risarcimento in sede civile.

La particolare tenuità del fatto e l’obbligo di decidere sulle questioni civili

Il secondo motivo è stato invece ritenuto fondato. La Corte ha richiamato la sentenza n. 173 del 2022 della Corte Costituzionale, che ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 538 del codice di procedura penale nella parte in cui non prevedeva che il giudice, anche in caso di assoluzione per tenuità del fatto, dovesse decidere sulla domanda di risarcimento del danno. La Cassazione ha quindi affermato che il giudice d’appello, nel dichiarare la non punibilità, avrebbe dovuto comunque esaminare e decidere sulle pretese civilistiche. L’omessa pronuncia su questo punto costituisce una violazione di legge che ha portato all’annullamento della sentenza impugnata, con rinvio al giudice civile competente per la decisione nel merito.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte di Cassazione fonda la sua decisione su un bilanciamento tra l’esigenza di deflazione del sistema penale, sottesa all’istituto della particolare tenuità del fatto, e la necessità di garantire una tutela effettiva alla vittima del reato. Se da un lato lo Stato rinuncia a punire penalmente condotte di minima offensività, dall’altro non può negare alla persona danneggiata il diritto di vedere accertate le conseguenze civili di quell’illecito. La pronuncia della Corte Costituzionale ha colmato una lacuna normativa, imponendo al giudice penale di non esimersi dal suo ruolo di giudice anche delle questioni civili accessorie. L’accoglimento della domanda di risarcimento, inoltre, diventa il presupposto necessario e sufficiente per la liquidazione delle spese processuali sostenute dalla parte civile.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa sentenza consolida un principio di civiltà giuridica: un’assoluzione penale per particolare tenuità del fatto non è una sconfitta per la vittima. La persona offesa, costituitasi parte civile, ha il pieno diritto di ottenere dal giudice penale una pronuncia sulla sua richiesta di risarcimento e sul rimborso delle spese legali. Per gli operatori del diritto, ciò significa che anche in caso di prevedibile applicazione dell’art. 131-bis c.p., è fondamentale insistere per una decisione sulle statuizioni civili, evitando così di dover avviare un nuovo e separato giudizio per ottenere il giusto ristoro.

La persona offesa può impugnare un’assoluzione per particolare tenuità del fatto?
No, secondo la giurisprudenza costante, la parte civile non ha interesse a impugnare la sentenza per contestare l’applicazione della non punibilità per particolare tenuità del fatto, poiché tale decisione non le impedisce di ottenere il risarcimento in sede civile, anzi accerta la sussistenza del fatto illecito.

Se un imputato viene assolto per particolare tenuità del fatto, il giudice deve decidere sulla richiesta di risarcimento della parte civile?
Sì. A seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 173/2022, il giudice che pronuncia l’assoluzione per particolare tenuità del fatto è obbligato a pronunciarsi sulla domanda di restituzione e risarcimento del danno presentata dalla parte civile.

Cosa succede alle spese legali della parte civile in caso di assoluzione per particolare tenuità del fatto?
Se il giudice, pur assolvendo l’imputato, accoglie la domanda di risarcimento della parte civile, deve anche liquidare le spese processuali sostenute da quest’ultima. L’accoglimento della domanda civile è infatti il presupposto necessario per la condanna al pagamento delle spese.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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