Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 46363 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 46363 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a SANT’ANASTASIA il 02/07/1963
avverso la sentenza del 21/12/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 21/12/2023 la Corte di appello di Napoli, confermava la sentenza del Tribunale di Noia del 7/05/2019 che aveva condannato NOME COGNOME per il reato di cui all’articolo 256-bis d. Igs. 152/2006 alla pena di mesi 10 e gg. 20 di reclusione.
Avverso tale sentenza l’imputato propone ricorso per cassazione, lamentando, con un primo motivo, violazione di legge in riferimento all’articolo 131-bis cod. pen., e, con un secondo motivo, vizio di motivazione, sempre in riferimento alla GLYPH medesima disposizione, GLYPH per contraddittorietà rispetto all’ordinanza di convalida dell’arresto, che aveva parlato di episodicità del fatto e di esigua quantità di rifiuti bruciati.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Il ricorrente si limita a riproporre pedissequamente la medesima doglianza già proposta in primo grado e poi con i motivi di appello e motivatamente disattesa dal giudice del gravame.
E’ infatti inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (Sez. 2, n. 19411 del 12/3/2019, COGNOME, non massimata e Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016, dep. 2017, La Gumina, Rv 269217),
La funzione tipica dell’impugnazione, d’altro canto, è quella della critica argomentata avverso il provvedimento cui si riferisce. Tale critica argomentata si realizza attraverso la presentazione di motivi che, a pena di inammissibilità (artt. 581 e 591 c.p.p.), debbono indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta. Contenuto essenziale dell’atto di impugnazione è, pertanto, innanzitutto e indefettibilmente il confronto puntuale (cioè con specifica indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che fondano il dissenso) con le argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta (testualmente Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, Leonardo, Rv 254584 e Sez. 2, n. 19411 del 12/3/2019, COGNOME, cit.).
Se il motivo di ricorso si limita a riprodurre il motivo d’appello, quindi, per ciò solo si destina all’inammissibilità, venendo meno in radice l’unica funzione
per la quale è previsto e ammesso (la critica argomentata al provvedimento), posto che con siffatta mera riproduzione il provvedimento ora formalmente ‘attaccato’, lungi dall’essere destinatario di specifica critica argomentata, è di fatto del tutto ignorato (sempre, da ultimo, Sez. 2, n. 19411 del 12/3/2019, COGNOME, cit.).
La sentenza impugnata, infatti, confermando la prima pronuncia, chiarisce che il fatto, pur se episodico, non può ritenersi di “particolare tenuità”, in ragione sia del quantitativo non irrilevante di rifiuti abbruciati, sia del loro collocamento (sparpagliati a terra, a contatto col terreno), sia dell’allarme cagionato (una densa nuvola di fumo che aveva occupato la carreggiata e fatto accorrere gli operanti).
Tale motivazione fa buon governo dei principi elaborati da questa Corte, secondo cui la norma (Sez. 3, n. 34151 del 18/06/2018, Foglietta, n.m.), oltre allo sbarramento del limite edittale (la pena detentiva non superiore nel minimo a due anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena), richiede (congiuntamente e non alternativamente, come si desume dal tenore letterale della disposizione) la particolare tenuità dell’offesa e la non abitualità del comportamento.
Il primo degli “indici-criteri” (così li definisce la relazione allegata allo schema di decreto legislativo) appena indicati, ossia la particolare tenuità dell’offesa, si articola a sua volta in due “indici-requisiti” (sempre secondo la definizione della relazione), che sono la «modalità della condotta» e «l’esiguità del danno o del pericolo», da valutarsi sulla base dei criteri indicati dall’articolo 133 cod. pen., (natura, specie, mezzi, oggetto, tempo, luogo ed ogni altra modalità dell’azione, gravità del danno o del pericolo cagionato alla persona offesa dal reato, intensità del dolo o grado della colpa, nonché alla luce della condotta successiva al fatto, a seguito della modifica introdotta dal d. Igs. n. 150 del 10/10/2022).
La rilevata assenza dell’indice requisito della scarsa gravità dell’offesa non consente neppure di scandagliare il secondo indice requisito, quello della occasionalità del comportamento.
Del resto, il dato “quantitativo”, valorizzato in sede di convalida dell’arresto, evapora a fronte di quello “qualitativo”, evidenziato in sentenza, e al pericolo cagionato alla pubblica incolumità.
3. Non può quindi che concludersi nel senso dell’inammissibilità del ricorso.
Tenuto altresì conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria
dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma il 18 ottobre 2024.